Lo sciopero
degli scrutini parte in maniera trionfale in Emilia-Romagna, Molise,
Lazio e Lombardia: gli scrutini effettuati non superano il 10%. E
domani entrano in campo Puglia, Sicilia e Trentino. La maggioranza dei
presidi non vuole i superpoteri, non segue le pessime direttive
dell'ANP e non ostacola lo sciopero. Tanto più che i presidi ora sanno
che, se il Ddl sarà approvato, dovranno cambiare scuola ogni tre anni o
al massimo ogni sei, per non divenire "corrotti". E intanto al Senato
il Ddl viene dichiarato "anticostituzionale" in Commissione.
Eravamo ottimisti sul primo sciopero-scrutini unitario della storia
della scuola italiana: e i fatti ci stanno dando ragione. Nelle prime
due giornate di sciopero in Emilia-Romagna e Molise, e nella prima
giornata nel Lazio e in Lombardia, circa il 90% degli scrutini sono
stati bloccati da una marea solidale e compatta di docenti che è andata
ben oltre l'area dei professori "sindacalizzati". Va ricordato,
infatti, che gli iscritti/e ai vari sindacati della scuola non superano
il 38%: e in questi giorni solo il 10% di docenti ha collaborato,
svolgendo gli scrutini, all'eutanasia della propria professione.
Abbiamo ottimi motivi per credere che altrettanto succederà domani con
l'ingresso in campo della Puglia, Sicilia e Trentino che sciopereranno
anche l'11, giorno di inizio degli scioperi in Liguria, Marche,
Sardegna, Toscana, Umbria, Campania e Veneto, che proseguiranno anche
il 12, giorno di ingresso nella lotta per i docenti ed Ata delle
regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Friuli Venezia Giulia, Piemonte
e Val d'Aosta, in sciopero anche il 13; mentre spetterà all'Alto Adige
chiudere la catena delle lotte il 17 e il 18 giugno.
In questi primi giorni di conflitto abbiamo osservato con soddisfazione
che la maggioranza dei presidi non ha seguito le indicazioni - dannose
per la scuola e autolesioniste per i presidi - fornite dall'ANP
(Associazione nazionale presidi), non ha contrastato lo sciopero e ha
rispettato per lo più le "regole del gioco". Nelle ultime settimane,
come COBAS siamo stati descritti dall'ANP come una sorta di
"mangiapresidi". Ora, è vero che l'opposizione alla sciagurata
prospettiva di un preside padrone che assume, licenzia, premia e
punisce a suo insindacabile giudizio é il motivo prevalente
dell'attuale mobilitazione. Però non c'è alcuna ostilità da parte
nostra verso un'intera categoria,ma solo la radicale opposizione alla
concessione di super-poteri che distruggerebbero ogni collegialità e
proficuo lavoro comune. E la nostra impressione prevalente è che la
maggioranza dei presidi non voglia i super-poteri e me comprenda
l'inapplicabilità e negatività.
Tanto più che le notizie che arrivano dal Palazzo riferiscono di un
emendamento che obbligherebbe i presidi a cambiare sede ogni tre anni,
o al massimo ogni sei. Il ché non cambierebbe nulla per i docenti,
sottoposti comunque allo strapotere di un "padrone", fisso o
"cangiante", mentre suonerebbe assai offensivo per i presidi. Se
la cessione dei super-poteri deve essere "compensata" con il
trasferimento coatto, si afferma esplicitamente che tali poteri
renderebbero TUTTI i presidi corruttibili. E' come se qualcuno prima
diffondesse i virus di un nuovo ceppo influenzale, e poi si mettesse a
venderne il vaccino. Se i superpoteri sono corrompenti, eliminiamoli,
piuttosto che introdurli e poi cercare l'antidoto. Non vi pare, cari/e
renziani? Che oggi, peraltro, hanno preso una batosta non da poco in
Commissione al Senato, ove i senatori hanno giudicato
"anticostituzionale" l'intero Ddl. Dunque, caro Grande Imbonitore,
proprio tu che hai dichiarato di aver commesso "errori" nei confronti
della scuola ma di essere in grado, volendo, di far passare il Ddl in
una mattinata, preso atto che così non è affatto, perché non pensi ad
una onorevole ritirata, buttando nel ces...tino il Ddl, emanando in
contemporanea un decreto per la stabilizzazione dei precari?
Piero Bernocchi portavoce
nazionale COBAS