Caro
presidente Mattarella,
con la scusa di legalizzare il cosiddetto "gioco" d'azzardo, i
legislatori italiani si sono mossi come degli apprendisti stregoni
trasformando il Paese in un casinò diffuso nel pieno della crisi
economica e morale più dura del dopoguerra.
La paura del futuro e la mancanza di prospettive hanno spinto fasce
crescenti di popolazione verso un consumo compulsivo e disperato della
promessa illusoria di una salvezza individuale dal progressivo
impoverimento.
Il fenomeno azzardopoli, che muove un giro di 88 miliardi di euro
l'anno, non si può ridurre, come si fa di solito, ai casi di dipendenza
patologica individuale da curare con i fondi insufficienti di un
sistema sanitario pubblico messo già in grave difficoltà.
Bisogna agire alla radice e riconoscere che è lo Stato che sta vivendo
una pericolosa crisi di astinenza del denaro che arrivano dal settore
dell'azzardo appaltato a grandi società commerciali
transnazionali. Occorre, perciò, recidere questo vincolo per
rimettere in discussione l'intera materia in modo democratico e
partecipato. Senza una diversa economica, capace di generare benessere
per tutti, vinceranno sempre le lobby, come si è visto nel tentativo
fallito di imporre il ragionevole divieto assoluto di pubblicità
dell'azzardo.
Esistono gruppi di potere trasversali capaci di cambiare le leggi dalla
sera alla mattina umiliando le reti di cittadinanza attiva e le
amministrazioni comunali che cercano di recuperare sovranità sui loro
territori.
Rivolgiamo, perciò, questo appello al custode della Costituzione
democratica fondata sul lavoro perché faccia valere la sua
autorevolezza, anche con un semplice messaggio al Parlamento, incapace
di agire in questo campo, e al Governo che, sull'azzardo, dimostra di
avere le idee confuse sul bene bene comune perché mette sullo stesso
piano, in maniera contraddittoria, «le esigenze di tutelare la salute
pubblica, combattere l'illegalità e dare un apporto all'erario».
Si può rispondere all'effetto devastante dell'incentivazione legale
dell'azzardo solo a partire dal legame sociale, dal riconoscere la
scelta di libertà e dignità dei baristi che rifiutano di fare da
terminale alla macchina dei soldi che vanno ad ingrassare i soliti
noti. Lo Stato segua l'esempio di questi cittadini responsabili.
Chiediamo al nostro Presidente di rispondere al nostro appello per far
togliere la gestione dell'azzardo alle società commerciali che non
possono far altro che incentivarlo per trarne profitto.
Esiste un Paese reale che resiste e che ce la potrà fare perché rifiuta
di ridurre tutto a merce o materiale di scarto.
Giuseppe Adernò
g.aderno@alice.it