
Si tratta di un capitolo importante, ma poco conosciuto (dagli stessi siciliani, innanzi tutto), perlomeno, al di fuori degli studi in ambito specialistico, in cui, pure, questo argomento è rimasto confinato in posizione defilata, marginale, fin quando, nel 2005, la pubblicazione di "Nel segno del Littorio", dello storico dell'architettura e antropologo francese Liliane Dufour, non ha impresso una svolta decisiva nell'interesse anche da parte delle istituzioni per questo patrimonio misconosciuto della Sicilia, la regione con la più alta densità di beni storici, artistici e ambientali per chilometro quadrato d'Europa e quindi, possiamo ben dire, del mondo.

A aprire l'incontro è stato, in sostituzione dell'Assessore alla Pubblica Istruzione e ai Beni Culturali, l'Assessore alle Attività Produttive, prof. Agostino Borzì, che ha presentato il ventaglio di iniziative e proposte dell'Amministrazione comunale di Paternò per valorizzare in maniera non occasionale e sporadica il patrimonio culturale del territorio. In questa prospettiva, la frazione di Sferro rientra fra i progetti che assumono un rilievo strategico nei piani e nell'azione dell'Amministrazione in carica, pur nelle difficoltà in cui gli enti locali, non solo il Comune, si dibattono nell'attuale fase di ristagno, se non di recessione, del sistema-Paese.
Successivamente, ha preso la parola il Dirigente Scolastico dell'I.I.S. "Francesco Redi", cui l'I.P.A.A."Santo Asero" afferisce, prof. Silvio Galeano, che ha sottolineato come l'impegno dell'I.I.S., in tutte le sue articolazioni, così come di tutta la scuola quale motore della formazione e della crescita sociale, sia, conformemente alle esigenze emerse nella realtà odierna, di andare oltre il ruolo di agenzia che si limita a trasmettere cultura, per porsi come centro di propulsione e produzione culturale. Lungi dal limitarsi a fare solo da testimone o interlocutore, la scuola - e l'I.P.A.A. non intende sottrarsi alla sfida - promuove e produce cultura, inserendosi attivamente nelle realtà del territorio quale protagonista e interprete del cambiamento, in concorso con le altre forze sociali e le istituzioni pubbliche. In tal senso, il convegno non risponde solo alla "ragione sociale" e statuaria di un Istituto Professionale per l'Agricoltura: e l'aver voluto il coinvolgimento di docenti dell'Università di Catania e di studiosi e storici del cinema, ha concluso il Dirigente Scolastico, attesta questa consapevolezza e la volontà di un impegno che intende in modo dinamico e ampio raggio processi e opportunità della didattica.
La prof.ssa Lucia Caruso, responsabile della Biblioteca dell'I.P.A.A., ha illustrato il programma degli ulteriori appuntamenti della "Settimana del Libro e della Cultura", che, dal 29/4 al 6/5, prevedono incontri su "Verde urbano e tutela e promozione del territorio", "Territori e modelli di sviluppo", una "Giornata della legalità" e un incontro con "Giovani autori". Alle giornate prenderanno parte in qualità di relatori esponenti delle istituzioni e della società civile, del mondo universitario, dell'associazionismo.


Nel suo intervento, il professor Vincenzo Sapienza, docente del Dipartimento Ingegneria Civile e Architettura dell'Università di Catania, autore di un volume imprescindibile sull'argomento, "La colonizzazione del latifondo siciliano. Esiti e possibili sviluppi" (Lussografica, 2010), ha privilegiato gli aspetti tecnico-formali della pianificazione dei borghi, bensì in rapporto costante con la storia del Paese sotto i regimi monarchico, fascista e repubblicano. Un processo storico dalla portata così ampia, infatti, si lascia circoscrivere meno di altri a un solo ambito di ricerca. Il prof. Sapienza è risalito ai precedenti storici che vedevano l'edificazione di borghi per iniziativa di privati, supportati in seguito dal sostegno pubblico: da Libertinia, sorta a opera dei baroni Libertini, al Borgo Santa Rita, dovuto ai baroni La Lomia. Quindi, il prof. Sapienza ha esaminato i progetti, certo, più organici elaborati in epoca fascista, che videro scontrarsi fazioni divise da obiettivi che riflettevano limiti e contraddizioni interne al regime, fra ri-ruralizzazione che mirava a una città rurale, però, anti-urbana, come teorizzato da uno degli artefici della pianificazione dei borghi, Edoardo Caracciolo: e dall'altro lato, da una modernizzazione di cui era espressione la stessa opera di riforma, con il riassetto proprietario del latifondo e dei terreni demaniali, da assegnare ai braccianti. Contrasti che si intrecciavano anche ai contrapposti fronti che dividevano architetti e urbanisti fra i sostenitori del razionalismo architettonico, per cui la struttura è dettata e se non determinata, subordinata alla funzione pratica: e assertori della continuità sia con le tradizioni 'autarchiche' dell'architettura italiana e dell'edilizia locale sia con la monumentalità e magniloquenza care al regime. Contrapposizioni che si ritrovavano anche ai livelli più alti della direzione dell'ente per la colonizzazione, dando luogo a declinazioni diverse nel tentativo di conciliare le visioni contrastanti o di accentuare taluni elementi architettonici rispetto ad altri. Da questi contrasti e dalle esigenze connesse all'embargo decretato dalla Società delle Nazioni in seguito all'attacco all'Etiopia scaturirà, sullo scorcio degli anni Trenta, quello che il prof. Sapienza definisce lo "stile littorio", un linguaggio architettonico che caratterizza specificamente le realizzazioni del Ventennio attraverso la rimodulazione delle linee neoclassiche sul dinamismo modernista.

A chiusura della sessione dei lavori della mattina, sono intervenuti Giuseppe Turrisi, giovane che risiede nel borgo di Sferro e l'avvocato Pippo Virgillito, consigliere regionale di Sicilia Antica. Turrisi, che alla storia e all'architettura di Sferro ha dedicato la tesi di laurea, ha portato una breve testimonianza personale su una micro-comunità che, del resto, pur in mezzo a traversie e a tragedie come quella della II Guerra Mondaile, quando attorno a Sferro, nodo ferroviario strategico, si svolse la battaglia più importante della Campagna conseguente lo Sbarco degli Alleati, non ha mai abbandonato del tutto l'abitato, anche in anni difficili, a fronte del disinteresse delle autorità, non solo comunali. Sferro, comunque, ha potuto giovarsi di una felice posizione dovuta alla insistenza, prima e alla vicinanza, poi, a importanti assi viari, la statale che collegava la Sicilia costiera a quella interna e l'autostrada CT-PA.

Dopo la sospensione per la pausa-pranzo, i lavori sono ripresi alla 17,00, con qualche ritardo dovuto a inconvenienti tecnici. Il prof. Giudice ha introdotto la proiezione di un estratto di Fra Arcadia e Utopia, work in progress di Sebastiano Pennisi e Angelo Barberi. Da anni impegnati in un lavoro di documentazione della Sicilia del lavoro e degli aspetti sociali più diversi della storia e della cronaca 'minore', dalle lotte contadine al mondo delle miniere, dall'emigrazione che fece seguito all'esperienza della Riforma e sulla condizione degli zolfatari (vedi Chista vita chi si faciva barbara. Racconti di zolfatari siciliani, un volume di testimonianze raccolte da Angelo Barberi per le edizioni Sicilia Punto L di Ragusa, trascrizione delle interviste confluite in un documentario degli stessi autori sui minatori), dalla lotta alla mafia alla ricognizione di luoghi e personaggi di una Sicilia in via di sparizione, talvolta, senza essere mai entrata nel raggio visivo di intellettuali e più vasto pubblico, i due autori hanno sempre improntato la propria ricerca in maniera rispettosa nei confronti della realtà con cui si confrontavano, senza sovrapposizioni né distorsioni personali né politiche, sulla linea di quella maieutica praticata e non solo predicata da Danilo Dolci, cui Sebastiano Pennisi ha dedicato la tesi di laurea. In particolare, Pennisi, che ha all'attivo numerosi cortometraggi, un corpus vasto e articolato, bensì unitario nelle sue coordinate di fondo, che si qualifica per coerenza di impostazione e scelte tematiche e di stile, si è mosso lungo una sorta di crinale fra un passato, ormai, sbiadito per assumere connotati quasi mitici e una lettura dei dati reali al di fuori della retorica, delle convenzioni anche cinematografiche, dei riti e delle mode in auge. La democrazia come linguaggio, quindi, rimesso alle voci inascoltate e alle fenomenologie dell'indicibile di vittime o vinti, ancorché fuori da ogni stereotipo ratificato, come di un impossibile sogno di riscatto di persone che non rientrano nelle categorie censite e tavole di valori riconosciuti, figure rimaste ai margini o escluse dal campo di ripresa come dalle pagine scritte sulla Sicilia da autori, conterranei e non di Pennisi; e di luoghi come la Timpa di Acireale, esplorata con l'aiuto di alunni delle elementari in tutti gli anfratti mitologici, ambientali e umani. O ancora, come la penisola di Magnisi, l'antica Thapsos, punto di approdo dei primi Greci sull'Isola, su cui sorgono le raffinerie di Priolo, in un 'doppio cieco' fra le ciminiere fumanti e inquinanti e la memoria delegata alle inermi energie del profondo violato nella morfologia del visibile, che ricalca suo malgrado la persistente memoria di vicissitudini geo-mitologiche in cui è fissata archetipicamente la furia degli elementi come la violenza degli uomini.
In Fra Arcadia e Utopia confluiscono tutti i 'filoni' dei precedenti lavori di Pennisi e vi assumono consistenza unica le diverse direzioni lungo cui Pennisi ha articolato ciò che non si vorrebbe definire la sua visione, quanto il suo sguardo. Il nullpunkt in cui collassa il racconto storico-civile, il paesaggio come punto di non ritorno e lingua del profondo, il vanishing point di una realtà siciliana rimasta ai margini anche di quanti ne hanno indagato le pieghe della storia e del costume, emergono, qui, in modo potente per evocazione e capacità di coinvolgimento: proprio perché non esiste una memoria di questi luoghi, né letteraria né artistica né filmica né documentaristica, proprio perché sono disperse le tracce di un'esperienza che Pennisi e Barberi, rifuggendo da ogni 'antropologia congetturale', esaminano come archeologi che hanno pochi residui di un vissuto per ricostruire o suggerire quanto è sottratto, ormai, al mito e alla storia, ecco che il passato, il non luogo a procedere sulle inadempienze della storia e degli storici, sospeso e quasi, sottratto a memoria e immaginario, si colloca, appunto, Fra Arcadia e Utopia.

Al termine, sono intervenuti Pennisi e Barberi con note a voce in margine a Fra Arcadia e Utopia. Non rientrando nei tempi previsti, la proiezione di Ci credevamo, il documentario che Pennisi e Barberi hanno realizzato intervistando i superstiti della generazione che nell'immediato dopoguerra fu protagonista dell'occupazione dei latifondi nell'Ennese, lottando contro la repressione delle autorità e le intimidazioni della mafia baronale, è stata rimandata a sabato 21 maggio nell'aula magna dell'I.P.A.A. di Paternò.
ctis016003@istruzione.it