L’intesa con i
sindacati. La stima: effetti su 50 mila docenti
Si torna al punto iniziale. C’era una volta la Buona scuola. Quella che
doveva premiare il merito, assegnare i prof giusti alle scuole che ne
avevano bisogno, dare un po’ di stabilità e cancellare la supplentite.
Non è successo. Gli insegnanti che servivano non sono arrivati (non
tutti almeno). I supplenti sono rimasti. Migliaia di persone hanno
dovuto trasferirsi lontano pur di avere una cattedra. E in molti
istituti il clima è diventato rovente.
Allora si ricomincia da capo. Con una nuova ministra dell’Istruzione,
ex sindacalista, che come primo atto incontra quei sindacati per oltre
mille giorni quasi ignorati dalla precedente titolare del Miur. E
insieme firmano un «accordo politico» che «cancella» uno dei cardini
della riforma, l’obbligo per ogni docente di restare al suo posto per
tre anni per poi, in caso di trasferimento, finire negli «ambiti»,
bacini territoriali legati alle province, ed essere scelto da un
preside in base a competenze e curriculum.
A partire dalla prossima primavera invece ogni insegnante di ruolo
potrà subito chiedere di essere trasferito in un’altra scuola vicino a
casa e indicare quale, fino a un massimo di 5 istituti: se non ci sarà
posto per lui, avrà altre 4 possibilità. Inoltre potrà scegliere fino a
10 province (15 se non sceglie la scuola): se da Udine, ad esempio, non
riuscirà a trovare una cattedra a Palermo, potrà indicare anche le
province vicine. Questo significa che anche il prossimo anno
scolastico, dopo quello in corso, vedrà un via vai di docenti su e giù
per la Penisola. Il Miur ne prevede almeno 50 mila, per i sindacati
saranno ben di più. E per la maggior parte c’è da aspettarsi che
saranno viaggi dal Nord verso il Sud.
D’altronde, lo scorso settembre sono state 200 mila le persone che
hanno usufruito della cosiddetta mobilità straordinaria, cioè la
possibilità di chiedere un’assegnazione provvisoria di una cattedra per
non doversi allontanare troppo da casa. Il che, il primo giorno di
scuola, si è tradotto in un caos con cattedre occupate da un avente
diritto che però non si è presentato potendo restare vicino a casa. In
molte classi d’Italia, nel giro di pochi mesi, sullo stesso posto si
sono susseguiti anche 4 supplenti.
«Non si smonta la legge 107 (la Buona scuola, ndr )» sottolinea però
decisa la ministra Valeria Fedeli: «Quella siglata è un’intesa a favore
della scuola, abbiamo avviato un percorso di responsabilità e serietà
che mette al centro il funzionamento del nostro sistema di istruzione».
L’obiettivo, spiega, «è il miglioramento delle condizioni della scuola,
pensando a chi ci lavora e a chi la frequenta». E poi, «si tratta di
una misura straordinaria, esclusivamente per la mobilità dell’anno
scolastico 2017-2018: resta fermo infatti l’obiettivo prioritario,
chiaramente indicato dalla 107, della continuità didattica».
Esultano i sindacati. L’accordo è stato firmato da Flc Cgil, Cisl
scuola, Uil scuola, Snals-Confsal: «È frutto di un meticoloso lavoro di
mediazione favorito anche dall’atteggiamento di attenzione e apertura
al dialogo assunto dalla ministra Fedeli a partire dall’incontro del 22
dicembre». Per Pino Turi della Uil «nella 107 ci sono stati errori
palesi, per fortuna il clima è cambiato e ora stiamo riavvicinando la
teoria alla pratica». Nessuna intesa invece per la Gilda, che alla
ministra ha chiesto un deciso passo indietro su tutta la Buona scuola,
a partire dalla «chiamata diretta dei presidi»: un punto della riforma
che la ministra non vuole toccare ma che per i sindacati invece è il
prossimo passo. L’accordo firmato rimanda infatti a «un accordo
separato e parallelo» le «procedure e modalità per l’assegnazione alle
scuole dei docenti in un quadro di requisiti stabiliti a livello
nazionale per assicurare imparzialità e trasparenza». Come dire: stop
ai presidi che scelgono il prof che vogliono.
Claudia
Voltattorni cvoltattorni@corriere.it
Corriere della sera