Da mesi si ricorda che il
25 marzo si celebrerà il 60° anniversario dei Trattati di Roma, ma non
altrettanto si ricordano i sessant'anni dalla "nascita" dell'educazione
civica nella scuola italiana. E' merito della sezione UCIIM di Catania
averlo ricordato nei giorni scorsi, con un riuscitissimo convegno
nazionale. Si sono riletti gli atti del 36° Convegno di Castello Ursino
(CT), tenutosi dal 9 all'11 febbraio 1957, sul tema "L'insegnamento
della Costituzione e l'educazione civica dei giovani". Un telegramma
del presidente della Repubblica Giovanni Gronchi aveva incoraggiato
l'UCIIM a riflettere e a cercare soluzioni didattiche praticabili per
questi temi. La relazione di base fu affidata al sen. prof. Domenico
Magrì, che sarebbe divenuto dal maggio sottosegretario alla Pubblica
Istruzione col ministro Aldo Moro. Un intenso lavoro, affrontato anche
nelle aule parlamentari, rese possibile il varo del decreto Moro
Gronchi 13.6.1958 sull'educazione civica, che così precisava: "i
programmi di insegnamento della storia, in vigore negli istituti e
scuole di istruzione secondaria e artistica, con effetto dall'anno
scolastico 1958-59, sono integrati da quelli di educazione civica
allegati al presente decreto".
E' importante ricordare che lo stesso Moro era stato primo firmatario
di un odg approvato all'unanimità, con prolungati applausi
dall'Assemblea Costituente, l'11 dicembre 1947, per chiedere "che la
nuova Carta Costituzionale trovi senza indugio adeguato posto nel
quadro didattico della scuola di ogni ordine e grado, al fine di
rendere consapevole la giovane generazione delle conquiste morali e
sociali che costituiscono ormai sacro retaggio del popolo italiano".
Come quello dell'Europa, neanche il sessantennio di vita
dell'educazione civica è stato facile e prevedibile. Ciò che stupisce,
leggendo le relazioni e i documenti finali di quel convegno, è la
chiarezza di idee con cui si riuscì a dipanare l'intricata matassa. A
cominciare dal titolo, che distingue con chiarezza due nuclei
concettuali oggi spesso confusi: "l'insegnamento della Costituzione e
l'educazione civica dei giovani". Nella sua conclusione, Gesualdo
Nosengo rilevò un consenso unanime su "queste tre vie principali:
1) l'instaurazione di un costume di vita scolastica e di rapporti
didattici ispirati ai grandi valori etici della democrazia;
2) il rinnovamento delle stesse strutture scolastiche nel senso voluto
dai principi e dallo spirito della Costituzione;
3) l'insegnamento della Costituzione, diretto e attraverso le altre
discipline, in misura adeguata ai diversi livelli mentali e sociali e
con la cooperazione attiva di tutti gli insegnanti". Dunque
disciplinarità e trasversalità concepite come compresenti e non
alternative. Mario Lodi e don Milani, fra gli altri, erano d'accordo.
Com'è noto, oggi la legge 30.10.2008 n, 169 ha dato all'educazione
civica un nuovo nome, impegnando il personale della scuola del
primo e del secondo ciclo a promuovere "conoscenze e competenze
relative a Cittadinanza e Costituzione, nell'ambito delle aree
storico-geografica e storico-sociale e del monteore complessivo
previsto per le stesse". Se la legge 107/2015 ha dimenticato di citare
la Costituzione, ora in sede di revisione dei decreti delegati in
Parlamento si cerca di ricuperare, per questo insegnamento sui generis,
uno spazio dedicato e una valutazione distinta. Dopo 60 anni di
educazione civica, si spera ancora di dare alla Costituzione diritto di
cittadinanza nel "quadro didattico" della scuola, come vollero 70 anni
fa i Padri costituenti. La signora Costi, come la chiamano i bimbi di
una scuola materna emiliana, almeno uno strapuntino sul pullman della
scuola sembra meritarlo.
Luciano Corradini
professore emerito di pedagogia
generale nell'Università di Roma Tre
presidente emerito dell'UCIIM