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Didattica: Osservazioni sui programmi ministeriali: Houston abbiamo un problema!

Redazione
Houston abbiamo un problema!
L'uomo, dai suoi primordi, ha dovuto affrontare e risolvere problemi per sopravvivere.
Platone, nel Teeteto, dà un saggio dell'arte maieutica di Socrate proponendo un dialogo in cui questi aiuta uno schiavo a trovare la soluzione di un problema.
Cartesio, conscio delle difficoltà nella risoluzione dei problemi, ha scritto le Regulae ad directionem ingenii.
"Gli insegnanti comincino con punti interrogativi (problemi) piuttosto che con regole fisse" (Dewey).
«La convinzione di risolvere ogni problema matematico è un potente incentivo per chi lavora (...). Noi sentiamo dentro di noi l'eterna voce: c'è un problema. Cerca la sua soluzione» (Hilbert).
Tutta la vita è risolvere problemi (Popper).
Dunque, da Socrate a Dewey, a Hilbert, a Popper, e tutt'ora il problem solving è lo strumento metodologicamente più efficace per l'apprendimento.
Appare allora poco comprensibile che le Indicazioni ministeriali «non dettano alcun modello didattico-pedagogico» in nome della libertà d'insegnamento. È come se, dopo la rivoluzione nello studio delle lingue del metodo strutturale di De Saussure (1906), si suggerisse: fate un po' come vi pare!

Linee generali e competenze
Alla fine del primo capoverso si legge: «Egli (lo studente) saprà inquadrare le varie teorie matematiche studiate nel contesto storico entro cui si sono sviluppate».
Intenzione lodevole. Ma come si può contestualizzare storicamente al biennio gli Elementi di Euclide in cui è unanimemente riconosciuta la forte l'influenza del mondo platonico delle idee? E che senso ha al secondo biennio, nell'ultimo capoverso di Aritmetica e algebra: «Saranno studiate la definizione e le proprietà dei numeri complessi.....». La definizione data nei libri di testo è: "Si dice numero complesso una coppia ordinata di numeri reali". Dov'è la contestualizzazione storica? I numeri complessi si sono presentati da soli nel Cinquecento. Cardano, autore dell'Ars Magna (1545), risolvendo un problema, ottiene l'equazione x2-10x+40=0, le cui soluzioni sono 5-e 5+. Rimane perplesso perché osserva che, trattandocome un "numero", la somma delle "soluzioni" dà il rapporto cambiato di segno tra il secondo coefficiente e il primo, e il loro prodotto quello fra il termine noto e il primo.
Bombelli, autore della celebre Algebra (1572), nel risolvere un problema, ottiene l'equazione x3 = 15x+4 ; vede subito che una soluzione è x=4, e trova le altre due che sono x= -2±: l'equazione ha quindi tre soluzioni "reali". Però, dalla formula risolutiva di Del Ferro ottiene +. A questo punto Bombelli, ha un'intuizione. Tratta le radici quadrate come "numeri" e, applicando le consuete proprietà delle operazioni, prova che 2+11=(2+)3 e 2-11=(2-)3, quindi x=2++2-=4.
È lui che introduce le operazioni tra numeri complessi: questo è un accenno di contestualizzazione storica.

Le Linee generali e competenze relative alla Matematica, nei gruppi di contenuti e metodiche che saranno obiettivo dello studio, recitano:
«1) gli elementi della geometria euclidea del piano e dello spazio entro cui prendono forma i procedimenti caratteristici del pensiero matematico (definizioni, dimostrazioni, generalizzazioni, assiomatizzazioni) (e l'astrazione?);.......».
La visione prospettata è di evidente indirizzo platonico-euclideo. Ma, la maturità dei giovani all'inizio del biennio non consente loro di comprendere razionalmente certi concetti (Piaget e Vigotskij). Inoltre, come ha chiarito il più eminente matematico dell'antichità - tra i più grandi di sempre - Archimede ne Il Metodo indirizzato a Eratostene:
la matematica non è solo rigore, è prima ancora e soprattutto intuizione, procedimenti euristici, ricerca di analogie, formulazione di congetture plausibili, ottenute anche mediante il ricorso a esperienze reali o concettuali.
Solo dopo si definisce, dimostra, generalizza e assiomatizza. Infatti, anche il trattato Elementi del genio di Alessandria (circa 300 a.C.) è la summa delle conoscenze matematiche dei tre secoli precedenti, genialmente strutturata però per la prima volta nella storia del pensiero scientifico come modello assiomatico deduttivo.

Faccio inoltre osservare che, per nostra fortuna:
  • Pascal, Fermat e Bernoulli successivamente svilupparono il calcolo delle probabilità e non aspettarono la sistemazione assiomatica di Kolmogorov (1933);
  • Newton e Leibniz non avevano la più pallida idea di cosa fosse un numero reale o una funzione continua e, per sviluppare il calcolo differenziale e integrale (intorno al 1680), non si preoccuparono di dare una veste rigorosa alle loro straordinarie intuizioni, che sarebbe venuta solo nel XIX secolo soprattutto per opera di Bolzano, Cauchy, Cantor e Weierstrass.

Al punto 4) è scritto: «la conoscenza elementare di alcuni sviluppi della matematica moderna, in particolare degli elementi di calcolo delle probabilità e dell'analisi statistica;....».
Non viene menzionato il concetto di gruppo elaborato nel1832 dal precocissimo genio di Galois, che ha consentito di provare che le equazioni algebriche di grado superiore al quarto non ammettono soluzioni per mezzo dei radicali e d'introdurre la nozione di campo. Tale concetto ha trovato molte applicazioni in vari ambiti scientifici e non e, dopo l'ideazione dei gruppi continui da parte di Lie (1874), è diventato lo strumento d'elezione con cui si studiano le particelle elementari. (Faccio notare che nelle facoltà universitarie di Matematica, Fisica, Informatica e Ingegneria, nello studio dell'Algebra lineare, i concetti di gruppo e campo si ritengono acquisiti).

Veniamo agli Obiettivi specifici di apprendimento del Primo Biennio.

Aritmetica e algebra

«Il primo biennio sarà dedicato al passaggio dal calcolo aritmetico a quello algebrico (....). In questo contesto saranno studiate le proprietà delle operazioni» (?). Faccio notare che le proprietà delle operazioni (e delle relazioni di uguaglianza e disuguaglianza di cui incomprensibilmente non si fa cenno) sono loro alla base del calcolo.
In relazione alle famigerate espressioni, sarebbe opportuno abituare all'inizio i giovani a svolgerle con un esplicito algoritmo che rispetti la gerarchia delle operazioni (stabilita dalle proprietà distributive della moltiplicazione rispetto all'addizione e della potenza rispetto a moltiplicazione e divisione), lanciando così un ponte verso l'informatica.
Nel quarto capoverso si legge poi: (...) «(Lo studente) Saprà fattorizzare semplici polinomi, saprà eseguire semplici casi di divisione con resto tra due polinomi, (.....)». In riferimento a questo punto mi sembra istruttivo per noi insegnanti riportare le parole di due importanti didatti della matematica, i professori Giovanni Prodi e Vinicio Villani, che hanno anche ricoperto rispettivamente l'incarico di vice presidente e presidente dell'UMI:
Anche il calcolo letterale può essere intelligente (Prodi - Villani).

"Nell'attuale prassi dell'insegnamento, a livello delle scuole secondarie superiori, molto spesso il calcolo letterale si traduce in una lunga attività esecutiva e ripetitiva, priva di motivazioni e di applicazioni. Lo si potrebbe paragonare all' "istruzione formale" che gli eserciti tradizionali riservano alle reclute: un complesso di movimenti da eseguire meccanicamente e prontamente, con allusioni solo vaghe e indirette alla possibilità di una guerra e alla presenza di un nemico. Veramente, l' "istruzione formale" all'inizio della vita militare aveva anche lo scopo di indurre nei soldati un atteggiamento automatico di obbedienza pronta ed acritica, (...) ma non si vede a che possano giovare questi atteggiamenti mentali nell'apprendimento della matematica. Non si può negare che anche nel calcolo occorre, con un opportuno allenamento, creare riflessi condizionati (...) ma nell'insegnamento corrente troppo spesso si passa il segno, anche perché il calcolo letterale viene somministrato quasi tutto all'inizio della scuola secondaria superiore, anziché essere proposto man mano, in relazione all'ampliarsi delle prospettive teoriche e dei problemi affrontati."»
In particolare, nella divisione tra polinomi non si dimostra che il quoziente è unico (perché dovrebbe esserlo?), ed inoltre essa viene utilizzata solo alla fine del biennio per risolvere particolari equazioni algebriche di grado superiore al secondo: allora cui prodest, cui bonum?

Nell'ultimo capoverso poi si legge:
(Lo studente) «Studierà i concetti di vettore, di dipendenza e indipendenza lineare, di prodotto scalare e vettoriale nel piano e nello spazio nonché gli elementi del calcolo matriciale. Approfondirà inoltre la comprensione del ruolo fondamentale che i concetti dell'algebra vettoriale e matriciale hanno nella fisica».
Mi sorge qualche perplessità.
  • A che servono a questo livello i concetti di dipendenza e indipendenza lineare dei vettori?
    Essi hanno senso all'interno degli spazi vettoriali su un campo, concetto che manca nei programmi.
  • Il prodotto vettoriale produce un vettore che non sta nel piano dei vettori dati; è perpendicolare a esso. Ma l'obiettivo specifico di Geometria parla di "geometria euclidea del piano": che significa che una retta è perpendicolare a un piano? e cosa assicura che per un punto di questo c'è un'unica perpendicolare?
  • Cosa s'intende con «gli elementi del calcolo matriciale»? Poiché nei programmi del triennio non è affrontato il calcolo matriciale, si evince che gli elementi devono essere una trattazione completa: teoremi di Laplace, operazioni che non alterano il determinante di una matrice quadrata, determinazione del rango, prodotto righe per colonne e chi più ne ha più ne metta!!

Geometria
Qualche premessa.
Preliminarmente osservo che la geometria è messa alla fine, quasi fosse figlia di un Dio minore.
Dopo l'introduzione delle geometrie non euclidee e della teoria dei gruppi si dovette rivedere il significato da attribuire al termine geometria. Nel 1872 il matematico Klein nella prolusione in occasione del suo dottorato presso l'università di Erlangen mise tutti d'accordo introducendo in merito la seguente nuova ottica:
«Una geometria è lo studio delle proprietà che rimangono invariate quando si sottopone il piano (lo spazio) a un gruppo di trasformazioni».

In linea con questa visione la geometria euclidea dovrebbe svolgersi, inizialmente mediante lo studio delle isometrie che formano un gruppo (non abeliano). Ma del concetto di gruppo non c'è menzione nei programmi e le isometrie vengono appiccicate dopo lo studio dei i criteri di congruenza: ma le trasformazioni, le isometrie all'inizio, sono largamente sostitutive di questi e hanno sia valore euristico sia dimostrativo, come nei testi Il metodo matematico di Lombardo Radice e Mancini Proia e La matematica come scoperta di Prodi. Mentre con l'uso delle trasformazioni è immediata l'importanza delle proprietà invarianti che si collegano ai principi di conservazione in fisica, che sono principi d'invarianza: per traslazione la conservazione della quantità di moto, per rotazione quella del momento della quantità di moto, rispetto al tempo quella dell'energia: la nostra scuola ignora quindi completamente l'indirizzo di Klein.
Il resoconto del professore Villani del Congresso internazionale di Cagliari sull'insegnamento della matematica del 1982 recita, per la geometria:
«Di geometria ne va insegnata molta, a tutti i livelli (più di quanto si fa ora; da allora la situazione è peggiorata: il corsivo è mio).
Poiché l'assiomatica di Hilbert è molto complessa (ventuno assiomi) è bene che l'insegnante ne possegga una - all'inizio sottointesa - intuitiva, semplice e dagli assiomi forti, cioè tali da consentire subito l'accesso a proprietà significative».......(A esempio l'assiomatica a base metrica di Choquet, utilizzata già nei testi su citati e su Intuire e dedurre di Belli e altri).
La strutturazione delle conoscenze in teorie assiomatiche organiche deve essere l'obiettivo finale di tutta l'attività didattica, ma non ne può costituire in alcun modo il punto di partenza».

Quest'idea si fonda sugli insegnamenti di Piaget e Vygotskij - caposcuola dei due più significativi indirizzi nello studio della psicologia dell'età evolutiva del secolo scorso, tutt'ora attuali. I quali, pur prendendo le mosse da ipotesi contrapposte, mettono in rilievo come il bambino (il ragazzo) deve essere protagonista attivo del suo sviluppo intellettuale, e che questo avviene per stadi, dei quali è necessario rispettare la gradualità (Tout va par degrés dans la nature, et rien par saut. «Tutto procede per gradi nella natura, e niente per salti», Leibniz). In particolare, entrambi concordano sul fatto che le strutture astratte del cervello comincino a formarsi intorno ai dodici anni e si sviluppano, gradualmente sino a quasi la maggiore età: di ciò dobbiamo tenere conto nella nostra attività didattica. Di qui l'inopportunità di presentare gli assiomi all'inizio, come del resto si fa per aritmetica e algebra, e successivamente per la probabilità che non si affronta certo cominciando col sistema assiomatico di Kolmogorov del 1933.

Interessante per chiarire ulteriormente quando sottolineato il seguente passo di Giovanni Prodi.
"Sono in vacanza. C'è con noi un giovane nipote che è stato rimandato in matematica; è naturale che me ne occupi io. (...) Prendiamo le mosse della geometria, cominciando dal teorema che recita: se un triangolo ha due lati uguali, ha anche due angoli uguali. Cerco di convincere il nipote della bellezza del risultato, ma la dimostrazione che trovo sul libro di testo del ragazzo mi disgusta: si prolungano i lati uguali, si fa un'incastellatura orribile, poi si procede per differenza di angoli, ecc. (...). Quella proposta è la dimostrazione che si trova nel I Libro degli Elementi.
Con la simmetria assiale tutto sarebbe naturale, semplice e immediato.
Prodi prosegue poi:
"La storiella finisce qui, ma può avere una morale interessante. Se l'autore di un testo di fisica esponesse oggi la meccanica sulla base della "teoria dell'impeto", si coprirebbe di ridicolo (...). La matematica deve, ovviamente, conservare i suoi risultati fondamentali ma finisce spesso per prolungare certe metodologie e certi abiti mentali al di là del loro limite naturale di sopravvivenza (...)".

Inoltre, negli Obiettivi specifici di apprendemento, non v'è alcun cenno relativo alla Logica né alla Teoria della misura, la cui trattazione è piuttosto pesante; senza di essa come si possono introdurre in modo coerente le coordinate cartesiane all'inizio del biennio, che ai colleghi di fisica servono subito, come per i grafici? (Con i soli sette assiomi di Choquet ciò è immediato).
Altro esempio significativo: la nozione di angolo.
Essa non si trova, così come generalmente viene presentata né in Euclide né in Hilbert. L'angolo come parte di piano fu introdotta in Italia intorno al 1750, sotto la spinta della definizione data da Arnaud negli Éléments de Géométrie, 1667; nello stesso periodo in Inghilterra, era prospettata col concetto intuitivo di rotazione. Veronese (1854-1917), uno dei matematici più importanti del suo tempo, sconsigliava l'introduzione tradizionale della nozione di angolo per le incongruenze che presenta e suggeriva di considerarlo come "parte del fascio di raggi" cui appartiene (Questo modo può favorire la visione di un angolo nel senso moderno di rotazione).
Vediamo alcune incongruenze della nozione di angolo come parte di piano.

Innanzitutto sarebbe opportuno sostituire il termine "parte" con "sottoinsieme". Infatti se per noi insegnanti sono sinonimi, i giovani tendono a sostituirlo con "pezzo", "porzione". Poi l'angolo piatto e il cosiddetto angolo giro risultano allo stesso tempo convessi e concavi: se usiamo la deifinizione....che non contengono (contengono) i prolungamenti dei lati o l'altra definizione... contengono (non contengono) il segmento che unisce due qualunque punti dell'angolo.
Inoltre, il cosiddetto angolo giro non è somma di alcuna coppia di angoli.

Infatti si afferma, erroneamente, che i due angoli "esplementari" indicati sono in figura hanno per somma l'angolo giro. Ma la somma di due angoli ha senso se e solo se essi sono consecutivi, cioè con un solo lato comune: ma gli angoli nella prima figura ne hanno due.
Allo stesso modo non ha significato la somma di due angoli abbastanza grandi, come gli angoli a^b e b^c della seconda figura, perché non sono consecutivi in quanto hanno tutto l'angolo a^c


Si "dimostra" poi il teorema: La somma degli angoli interni di un poligono di n lati è uguale a n-2 angoli piatti.
Se allora consideriamo un ennagono, abbiamo sette angoli piatti e, poiché si dice che due angoli piatti formano un piano, avremmo tre piani più mezzo piano, tre piani più.... mansarda?!

A proposito del concetto di classe di equivalenza, perché esso viene utilizzato (secondo me in modo inopportuno all'inizio) per quanto riguarda le lunghezze dei segmenti e le ampiezze degli angoli (che non formano una classe di grandezze archimedee, quindi non ha senso per tutti gli angoli parlare di multipli di un angolo) mentre si dice tranquillamente che 4/6 è uguale a 2/3: si dovrebbe dire che 4/6 è equivalente a 2/3, equivalente per quoziente!
Vorrei sapere quanti dei nostri alunni, di qualunque anno, sa la differenza tra frazione e numero razionale?

Si trovano poi spesso le seguenti definizioni:
Distanza tra due punti è la lunghezza del segmento che ha per estremi i due punti.
Si dice distanza di un punto da una retta la lunghezza del segmento di perpendicolare dal punto alla retta.
Ma la distanza è un numero - come gli stessi testi diranno in seguito - mentre la lunghezza è stata introdotta come una classe di equivalenza!
Si possono, se si vuole, trovare altre incongruenze.
Un'ultima che presento è quella della trattazione delle equazioni algebriche di primo grado.
Queste, innanzitutto, servono subito in fisica; sarebbe opportuno usarle insieme alle disequazioni algebriche di primo grado nel problem solving, che coinvolge i giovani, abituandoli a trovare strategie risolutive (Basterebbe, facendo leva sulla bilancia a bracci uguali, evidenziare importanza dei due principi di equivalenza e fali applicare all'inizio sistematicamente). Ma i nostri libri di testo non brillano (eufemismo!) per una esposizione che susciti l'interesse dello studente. Prima svolgono tutto il calcolo letterale (non tenendo conto delle difficoltà che i giovani hanno, a quell'età, a metabolizzare la nozione di fattore polinomio) e solo alla fine del primo anno presentano le equazioni (stranamente non le disequazioni). Manca un'organicità del percorso didattico.

Finisco con una considerazione sull'utilizzo del sistema assiomatico deduttivo di Hilbert che viene usato nei libri di testo e seguito, quasi pedissequamente, dagli insegnanti.
Il paradigma degli Elementi di Euclide, considerato per due millenni modello di perfezione formale, cominciò a presentare qualche crepa piuttosto profonda. Leibniz dimostrò che neanche la Prima proposizione del I Libro degli Elementi si può dedurre dai cinque postulati presentati, e successivamente Schopenhauer provò che neppure il cosiddetto primo criterio di congruenza deriva da essi.
Nel 1899, Hilbert, il cui sogno era quello di provare che la matematica potesse dimostrare la propria non contraddittorietà, espose nei Fondamenti della geometria una versione riveduta e corretta degli Elementi, presentando però ben ventuno assiomi. E, per evitare che qualcuno in seguito gli facesse le pulci, dimostrò che il suo trattato era completo, cioè poteva dimostrare tutte le proposizioni vere del sistema: il suo scritto non è dunque un testo scolastico.
Purtroppo per lui il sogno fu infranto nel 1930 dai teoremi di incompletezza di Gödel.

Sarò grato a chi vorrà chiarire le mie perplessità metodologico-didattiche e spiegare gli errori nelle argomentazioni che ho esposto riguardanti le incongruenze sottolineate.

Alfio Grasso, docente in pensione
grassoalfino@yahoo.it








Postato il Giovedì, 07 settembre 2017 ore 07:00:00 CEST di Michelangelo Nicotra
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