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Ambiente: Che fine ha fatto il mobility manager scolastico? Dalle parole ai fatti

Redazione
Che fine ha fatto il mobility manager scolastico? Dalle parole ai fatti
A- Cosa stabilisce la legge

Il Mobility manager è una figura professionale obbligatoria, ai sensi dell'art. 3 del Decreto del 27 marzo 1998 del Ministero dell'Ambiente, negli enti pubblici e nelle aziende private con più di 300 dipendenti per "unità locale" e con oltre 800 dipendenti operanti in più sedi locali, nei comuni classificati a rischio di inquinamento atmosferico e nelle aree urbane con una popolazione superiore a 150.000 abitanti. Ha l'incarico di formulare proposte per ottimizzare gli spostamenti dei dipendenti allo scopo di ridurre "l'uso del mezzo di trasporto privato individuale", per migliorare la pianificazione degli orari di lavoro e "limitare la congestione del traffico" sostenendo l'uso del trasporto pubblico. Ai sensi dell'art. 4 del decreto citato, organizza "servizi di uso collettivo ottimale delle autovetture", promuove e sostiene "forme di multiproprietà delle autovetture destinate ad essere utilizzate da più persone", "a condizione che i servizi di uso collettivo ottimale e le forme di multiproprietà avvengano con autoveicoli elettrici, ibridi, con alimentazioni a gas naturale o Gpl dotati di dispositivo per l'abbattimento delle emissioni inquinanti o immatricolati" ai sensi delle direttive antinquinamento europee vigenti. Il suo lavoro è coordinato a livello comunale o provinciale dal mobility manager di area (D.M. 20/12/2000) e viene riconosciuto nell'ambito della "green economy".

La legge n. 221 del 28 dicembre 2015 riguardante le "disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali", nello specifico il comma 6 dell'articolo 5, nell'ambito delle "disposizioni per incentivare la mobilità sostenibile", fatte salve l'autonomia didattica e la libertà di scelta dei docenti, stabilisce che il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca adotti specifiche linee guida per favorire l'istituzione, in tutti gli istituti scolastici di ogni ordine e grado, nell'ambito della loro autonomia amministrativa ed organizzativa, della figura del mobility manager scolastico, scelto su base volontaria e senza riduzione del carico didattico, in coerenza con il piano dell'offerta formativa, con l'ordinamento scolastico e tenuto conto dell'organizzazione didattica esistente. Dal tenore della norma sembrerebbe che il mobility manager scolastico debba essere individuato tra il personale docente.

I commi 4 e 5 dell'articolo 5, inoltre, intervengono sulla disciplina del cosiddetto infortunio in itinere rientrante nella categoria generale dell'assicurazione sugli infortuni nei luoghi di lavoro. Tali commi chiariscono che i casi in cui l'evento infortunistico si verifichi a seguito dell'utilizzo della bicicletta nel percorso casa-lavoro, sono sempre configurabili come infortunio in itinere e perciò indennizzabili.

Dopo questa necessaria premessa normativa, appassionanti e coinvolgenti appaiono i compiti che il mobility manager scolastico deve svolgere e raggiungere:
- organizzare e coordinare gli spostamenti casa-scuola-casa dei docenti, del personale scolastico e degli allievi;
- tenere costanti rapporti con le strutture comunali e le aziende di trasporto;
- coordinarsi con i Mobility Manager degli altri istituti scolastici presenti sul territorio;
- trovare soluzioni migliorative, per il trasporto sia su gomma che ferroviario, fungendo da supporto alle aziende titolari del servizio;
- gestire e garantire l'intermodalità e l'interscambio, agendo dove possibile sugli orari e le attività scolastiche;
- favorire l'utilizzo della bicicletta e dei servizi di bike sharing e car sharing utilizzando veicoli elettrici o a basso impatto ambientale;
- segnalare all'ufficio scolastico regionale eventuali problemi legati al trasporto dei disabili e di accessibilità alla scuola.
- favorire l'abbattimento dei livelli d'inquinamento atmosferico e acustico;
- consentire la riduzione dei consumi energetici perseguendo scelte eco-sostenibili;
- accrescere i livelli di sicurezza del trasporto e della circolazione stradale;
- disincentivare e ridurre al minimo l'uso individuale dell'auto privata, favorendo formule di car pooling per il contenimento del traffico.

Un focus specifico deve essere indirizzato al tema di visite guidate e viaggi d'istruzione. Nella nota ministeriale n. 674 del 3 febbraio 2016 veniva inviato alle istituzioni scolastiche il "Vademecum per viaggiare in sicurezza" elaborato dalla Polizia Stradale: un documento orientativo, senza carattere prescrittivo, un vero e proprio strumento di supporto nell'organizzazione dei viaggi e delle visite guidate volto a facilitare il lavoro delle scuole nella scelta della società di trasporti. Due mesi dopo il MIUR, con la nota n. 3130 del 12 aprile 2016 in materia di visite guidate e viaggi di istruzione, chiarisce come la citata nota ministeriale n. 674 non sostituisce né la circolare prot. n. 291 del 14.10.1992 che aveva unificato in un unico testo la disciplina amministrativa dispersa in più atti né, soprattutto, il dettato del D.P.R. 275/1999 nel quale viene esplicitata la piena autonomia delle istituzioni scolastiche anche in tale settore, affidando agli organi collegiali il compito di disciplinare nel dettaglio ciascuna visita d'istruzione, scambio, o altra attività didattica che comporti un'uscita dalla scuola.

Il "Vademecum" solleva pertanto i docenti accompagnatori e di riflesso il mobility manager scolastico circa nuove e maggiori responsabilità, non attribuendo in alcun modo ai docenti o ai dirigenti scolastici nuovi compiti e conseguenti responsabilità oltre quelle contemplate dal codice civile o dal Contratto Collettivo Nazionale Integrativo, Comparto Scuola.

Ai riferimenti legislativi è evidentemente sotteso un articolato fine educativo della popolazione scolastica che attraverso, l'esperienza maturata negli anni di scuola, acquisisce consapevolezza e responsabilità sui temi della mobilità sostenibile e delle politiche ambientali.

B - Gli strumenti della legge
Per supportate le azioni e le iniziative relative alla mobilità sostenibile casa-scuola e per avviare e garantire una adeguata formazione dei mobility manager scolastici, l'articolo 26 del Decreto MIUR 01/09/2016, prot. n. 663 ex legge 440 sui "Criteri e parametri per l'assegnazione diretta alle istituzioni scolastiche nonché per la determinazione delle misure nazionali relative la missione Istruzione Scolastica, a valere sul Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche" destina trecentomila euro.

Le azioni realmente in grado di ridurre gli impatti ambientali della mobilità privata casa-lavoro, rientrano in due macro-categorie:
- Misure di facilitazione della condivisione dei mezzi di trasporto;
- Misure di facilitazione degli spostamenti ciclabili.

Il primo punto prevede la rinuncia all'uso dell'auto privata, quando possibile, a favore dei mezzi pubblici urbani ed extraurbani o della condivisione degli spostamenti con i mezzi degli altri colleghi. L'uso del mezzo pubblico si favorisce sostanzialmente attraverso incentivi economici, ad esempio la compartecipazione alle spese di abbonamento e il miglioramento del servizio medesimo.

Non va trascurata la condivisione degli spostamenti tra colleghi. Trattasi di una pratica che, spontaneamente, si verifica in numerose situazioni ed ha avuto origine ben prima che si iniziasse a parlare di Mobility Manager e di Piano Spostamenti Casa-Lavoro (PSCL). Oggi tale pratica è identificata con l'espressione "car-pooling". L'efficacia dell'azione è evidente: se due persone viaggiano con una sola auto dimezzano l'impatto ambientale che si avrebbe utilizzando ciascuno la propria. Per ottenere tale obiettivo, al di là delle tecniche utilizzate (dal passaparola alle ormai numerose applicazioni per smartphone), è opportuno sensibilizzare le persone e ottimizzare la socialità interna favorendo la conoscenza reciproca ed i rapporti interpersonali la cui mancanza diventa spesso una barriera insormontabile per il successo di queste iniziative.

Non ha invece molta efficacia rispetto agli obiettivi del PSCL l'uso del car sharing. In tal caso il dipendente sostituirebbe semplicemente una auto propria con una appartenente ad un gestore terzo. L'efficacia dell'azione sarebbe legata all'eventuale miglioramento delle emissioni (nel caso in cui l'auto del car sharing dovesse essere meno inquinante della propria), ma si avrebbe un effetto del tutto trascurabile rispetto alle altre misure.

Per quanto riguarda la mobilità ciclabile occorre evidenziare che, purtroppo, non tutte le "leve" sono in mano al mobility manager. Per quanto il PSCL possa prevedere buone iniziative (individuazione di spazi sicuri ed adeguati per il ricovero delle bici, distribuzione di dispositivi di visibilità e sicurezza, ecc.), risultano fortemente decisive le condizioni esterne. Se la scuola è dislocata in un posto raggiungibile con difficoltà o in condizioni non sicure, è ben difficile convincere i dipendenti ad andarci in bici. In tal caso bisogna lavorare - e bene - anche con il Mobility Manager di Area e, possibilmente, con gli altri enti del luogo. La legge n. 2 dell'11 gennaio 2018 sulle "disposizioni per lo sviluppo della mobilita' in bicicletta e la realizzazione della rete nazionale di percorribilità ciclistica", entrata in vigore lo scorso 15 febbraio è troppo recente per pensare che possa produrre dei benefici nel breve termine.

Lo spirito che permeava l'emanazione dei già citati decreti Ronchi del 1998 e del 2000 era sostanzialmente legato ad una preoccupazione, allora molto avvertita, relativa agli impatti ambientali dovuti alla mobilità. In questi anni, nonostante il numero di spostamenti sia sempre cresciuto, nonostante la crisi economica e gli effetti del surriscaldamento globale siano sempre più frequenti e ormai innegabili è di molto diminuita la sensibilità ambientale.

È significativo peraltro osservare che, in alcuni casi, le aziende abbiano proceduto alla nomina del Mobility Manager ed alla redazione del PSCL solo a seguito di osservazioni critiche sollevate dagli organismi preposti al rilascio delle certificazioni per i sistemi di gestione ambientale conformi alla norma ISO 14001. Trattandosi di questioni che investono direttamente le "prestazioni ambientali" dell'azienda, le abitudini di mobilità dei dipendenti in itinere sono viste dagli enti certificatori come uno dei punti cardine, per cui le aziende devono dimostrare di aver proceduto con interventi concreti alla riduzione degli impatti ambientali. La nomina del Mobility Manager, la redazione (ed applicazione) del PSCL diventano quindi questioni che le aziende non possono permettersi di trascurare. Ma questo, come detto, va considerato nell'ambito di una richiesta di rilascio o rinnovo di una certificazione di conformità ISO 14001, iniziative che sono di natura volontaria e rispetto alle quali l'organizzazione non deve quindi adempiere ad alcun obbligo di legge.

La mancanza del quadro sanzionatorio da applicare alle aziende e istituzioni che, pur essendo tenute a farlo, non adottano un Piano Spostamenti Casa-Lavoro o Casa-Scuola, ha determinato una certa debolezza della cornice normativa che pare aver avuto l'effetto di comunicare agli stakeholders la convinzione che "in fondo non si tratta di una questione poi così importante".

In questo contesto, peraltro difficilmente destinato a migliorare nel breve periodo, la figura del mobility manager rischia di continuare ad essere relegata tra le funzioni di minor peso ed influenza all'interno dell'organizzazione.

C - Cosa si può fare
In Europa le politiche al riguardo sono invece diffuse da anni. In Italia qualcosa sta cambiando: alcune amministrazioni stanno già sperimentando formule che vanno in questa direzione perché lasciare la propria auto in garage può avere i suoi vantaggi non solo in termini di salute e rispetto per l'ambiente ma anche economici. Un'azienda neozelandese ha deciso di dare un bonus fino a 10 dollari al giorno per il dipendente che sceglie di pedalare per raggiungere l'ufficio: si risparmia sul trasporto e si viene premiati. È questa l'idea alla base di "Bici e piedi", la nuova funzione che permette ai dipendenti di certificare il tragitto casa-lavoro percorso in bicicletta e a piedi, ricevendo incentivi dalle aziende. È un'integrazione di Jojob, l'app e piattaforma web italiana di carpooling aziendale utilizzata da colleghi e dipendenti di aziende che vogliono condividere l'auto per recarsi al lavoro. Il nuovo servizio è invece pensato per chi vive in prossimità dell'ufficio e adesso ha un motivo in più per non prendere l'auto, visto che la stessa azienda lo sprona ad utilizzare mezzi più sostenibili.

Scaricando l'app sullo smartphone e registrandosi, i dipendenti delle aziende aderenti troveranno nella sezione "certifica" dell'applicazione mobile due nuove modalità di viaggio, "Bici e piedi", che potranno attivare quando decidono di andare in ufficio pedalando o camminando. Avviando il processo di certificazione durante tutto il viaggio, l'app traccerà il percorso grazie al tracking GPS. Il dipendente alla fine riceverà il proprio report: i km percorsi, il risparmio di CO2 (pari a 130g per km), il risparmio economico per non aver preso l'auto, pari a 0,20 euro per ogni km (costo standard, ricavato da tabelle ACI, che tiene conto del carburante e dell'usura del veicolo). In questo modo, vengono maturati dei punti, le cosiddette "Foglie Oro" che si trasformano in incentivi dati dalle aziende. Questi possono tradursi in sconti per acquistare una bici o accessori per le due ruote, l'ingresso ai parchi divertimento ma anche convenzioni con hotel e ristoranti o la possibilità di adottare un albero.

L'iniziativa è stata presentata lo scorso 23 marzo a Milano nell'ambito della fiera "Fa' la cosa giusta". L'incentivo, dalla evidente valenza etica, è la spinta a una mobilità più sostenibile e condivisa che anche nel nostro Paese comincia a crescere sempre più, come dimostra una recente indagine dell'Osservatorio "Audimob" di Isfort. Una mobilità che non inquina, fa bene alla salute e viene anche premiata.

Nel "paradiso delle biciclette" della città di Odense, terza città danese con i suoi quasi 200 mila abitanti, quattro bambini su cinque vanno a scuola in bici, a piedi o sullo skate, spesso da soli o a volte accompagnati dai genitori che ad un certo punto deviano per l'ufficio. In certe scuole elementari le automobili sono sgradite: se accompagni tuo figlio in macchina pagherai una sorta di ticket perché il veicolo rischia di intralciare il flusso dei pedoni e ciclisti che raggiungono la scuola.

In Danimarca, come nel resto del mondo industrializzato, un terzo dei bambini non fa alcun movimento o esercizio nei propri trasferimenti quotidiani, perciò la municipalità di Odense ha costruito una fitta rete di piste ciclabili ed ha attivato programmi specifici, già a partire dalla scuola dell'infanzia, come il Cycle Happy School, pensati per imparare come comportarsi nel traffico stradale. Una decina di istituti hanno poi attivato un'altra importante iniziativa, il CycleScore, che tiene conto di quante volte i ragazzi arrivano a scuola in bici, assegnando un biglietto della lotteria per ogni pedalata e facendo vincere gadget per la bici, t-shirt o altri premi.

I risultati parlano chiaro: nel giro di due anni i viaggi in bici sono aumentati del 28% e il 7% dei bambini che andavano a scuola in auto ora ci va su due ruote e da soli.

Il buono esempio deve essere dato dagli adulti, spesso però in auto anche per percorrere pochi centinaia di metri: salire in sella porterà beneficio a tutti, ma ai bambini di più.

Referente FIAB Misterbianco
Sezione di FIAB Catania
Giuseppe Gullotta








Postato il Venerdì, 29 giugno 2018 ore 08:00:00 CEST di Michelangelo Nicotra
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