Per
chi suona la campanella? Ci siamo chiesti in questi giorni muti e
malinconici, con un sole pallido e asciutto che fa breccia fin dentro
le aule semideserte di tutte le scuole d’Italia. Per chi suona la
campanella? Ci chiediamo ogni mattina mentre fuori avanza un nemico
insidioso e invisibile, e da tramontana si preannuncia una tempesta di
furore e di paura, con lugubri nuvoloni che rubano anche il cielo. Per
chi suona la campanella? Ci chiedono i ragazzi che proprio l’altro ieri
sgambettavano sorridenti nei corridoi, nelle palestre, nei laboratori,
nelle aule, mentre l’autunno con impeto attacca gli alberi e li denuda
di foglie e di speranza. Oramai sono tante, troppe le domande senza più
risposte, gli interrogativi che non trovano soluzioni, le richieste
inevase, che fanno capolino dalle “alpi alle piramidi”, come i lamenti
delle vestali nelle tragedie greche. “Chiuderanno tutto! Devono
chiudere tutto!”: è il grido di dolore di tante mamme, di tanti
insegnanti che snocciolano, come poste di rosario, cifre, luoghi, nomi,
statistiche, percentuali, numeri da far paura, “aumenti esponenziali di
dolore e di terrore”. E’ difficile “fare scuola” con quest’incubo, è
difficile “stare a scuola” mentre tutt’intorno infuria la bufera,
mentre quello che sapevamo vita sembra irriconoscibile, sembra quasi
irrimediabilmente perduto.
Ma niente è perduto se ci “mettiamo cuore, se ci crediamo ancora”.
Chissà quante volte ci siamo chiesti cosa avremmo fatto se ci fossimo
trovati nel bel mezzo della battaglia di Somme, nell’inferno di Verdun,
nel titanico scontro di Teutoburgo, dentro la sacca di Stalingrado,
nella campagna di Russia, nelle pietraie del Carso, a Caporetto, negli
ultimi combattimenti a difesa della città di Berlino. Se avessimo
potuto scegliere: combattere o scappare!? Cosa avremmo fatto!? Adesso
lo sappiamo. L’abbiamo capito. Fare il nostro dovere. Giorno per
giorno. Con umiltà e rettitudine. Impegno e un pizzico d’allegria.
Nelle trincee delle nostre case in Dad, o a scuola, a seguire i nostri
ragazzi più fragili, quelli che hanno bisogno di maggiore cura e
attenzione.
E, come Giuseppe che aspettò per secoli la liberazione dalla schiavitù
d’Egitto, come il prigioniero che nelle lunghe notti di solitudine
sogna la liberazione e l’abbraccio dell’amata, come il navigante sperso
nell’oceano che attende di toccare terra, anche noi siamo in trepida
attesa del mondo di prima, di ciò che abbiamo lasciato, di ciò che non
abbiamo dimenticato.
Per ritrovare tutt’intera la gioconda normalità delle nostre classi e
della nostra vita. E di noi. Perché dopo ogni guerra viene sempre la
pace, dopo qualunque notte sorge sempre la luce, dopo le tante paure
vince sempre la vita. Coraggio ragazzi, ritornerà ancora a suonare la
campanella, per noi, per tutti…
Angelo Battiato