Giuseppe Migneco nasce a Messina il 9 Febbraio del 1908.
Vive gli anni di un'infanzia felice, in piena libertà a Ponteschiavo dove il padre è capostazione e la madre maestra elementare.
Questo periodo della vita, vissuta fra la campagna ed il mare della Sicilia, resterà nella memoria del pittore come il ricordo di un paradiso perduto che ritrarrà in molti suoi quadri.
A Messina Migneco consegue la maturità classica e nel 1931 si trasferisce a Milano, ufficialmente per studiare medicina, ma effettivamente per dedicarsi alle aspirazioni di natura artistica che lo appassionano.
Ben presto gli studi di medicina,come era prevedibile, vengono accantonati e il giovane Giuseppe Migneco si mantiene collaborando con "Corriere dei Piccoli", per il quale esegue qualche illustrazione.
Per una ditta di cravatte crea bozzetti pubblicitari e lavora come ritoccatore di rotocalco negli stabilimenti Rizzoli.
All'inizio della sua carriera artistica Giuseppe Migneco dipinge quadri di contenuto vagamente autobiografico, realizzati in atmosfere vive nella sua memoria.
Nonostante l'impegno e la passione riversata nei dipinti il giovane pittore è sempre alla ricerca di un nuovo modo di esprimersi, fino a che. nel 1934, entra in contatto con il vero mondo dei pittori: Renato Birolli, Raffaele De Grada e Giuseppe Migneco, lo guidano alla scoperta di quel mondo pittorico verso cui, nebulosamente, ma anche irresistibilmente, si era sempre sentito attratto.
Con l'incoraggiamento di questi amici, la frequentazione dei loro studi e il senso di libertà che la loro pittura gli comunica, riprende a dipingere con nuovo spirito e maggiore sicurezza.
Nel 1937 è tra i fondatori del movimento di "Corrente" che raggruppa artisti provenienti da diversi orizzonti culturali, con il comune intento di aprirsi alla cultura moderna europea, rifiutando l'isolamento culturale imposto dalla politica fascista.
Nel Marzo del 1939 Giuseppe Minieco partecipa alla prima mostra di "Corrente" che si tiene alla Permanente di Milano.
Espongono artisti che, come lui, sentono la necessita di rompere la retorica ufficiale senza cadere nel generico e nel gratuito, sviluppando così un'arte impegnata, che riconosce l'artista come tale e lo inserisce nel contesto sociale e politico.
In "Corrente" affluiscono, nel tempo, artisti con visioni dell'arte molto diverse, uniti inizialmente per respingere canoni pittorici ormai superati, che prenderanno poi strade diverse, come Badodi, Birolli, Broggini, Cassinari, Cherchi, Gauli, Guttuso, Manzù, Morlotti, Paganin, Sassu, Valenti, e Vedova.
Nel 1940 Giuseppe Migneco inaugura la sua prima mostra personale alla Galleria Genova di Cairola e, l'anno dopo, appronta una personale alla "Bottega di Corrente".
Nel 1942 espone a Milano alla Galleria della Spiga e partecipa al premio Bergamo col quadro "Cacciatori di lucertole".
Richiamato alle armi, deve interrompere l'attività artistica per riprenderla, nel 1945, alla fine della guerra, con una mostra alla Galleria San Radegonda di Renzo Bertoni a Milano.
Negli anni successivi espone: nel 1947 alla "Galleria del Cavallino" a Venezia.
L'opera di Giuseppe Migneco si inserisce nel solco del realismo sociale, ma il suo realismo è caratterizzato dall’influsso del muralismo messicano, interpretato con una più rigida e tagliente linearità che fa di lui un “intagliatore di legno che scolpisce col pennello” secondo la felice definizione di un suo ammiratore.
Le sue figure ed i suoi paesaggi riportano alla tradizione decorativa e narrativa dei carrettini siciliani, come questi immobili e senza tempo.
Negli anni Cinquanta la fama, ormai consolidata, consacra Giuseppe Migneco fra i maestri dell’arte italiana contemporanea, espone nelle più prestigiose gallerie nazionali ed estere:Goteborg, Boston, Parigi, Stoccarda, New York, Amsterdam, Amburgo e Zurigo.
Nel 1958 partecipa alla XXIX Biennale d’arte di Venezia.
Espressionista forte e sincero, Giuseppe Migneco non conosce le mezze tinte o i semitoni. I volti dei suoi personaggi sono l'espressione di una terra dura che dispensa dolore e fatica.
L'umanità è illustrata nella sua lotta esistenziale, nel continuo e profondo confronto con se stessa e con gli eventi che la assediano, nella coscienza e nella speranza di libertà e di memoria, al di là dell'assurda solitudine dell'esistenza.
Il pittore siciliano, che in oltre cinquant'anni di lavoro, ha espresso in modo sempre più coraggioso ed ostinato, attraverso un magistrale uso dei colori, il suo impegno di artista e di uomo, muore a Milano il 28 febbraio del 1997.