Sciascia era il vero ponte che collegava la Sicilia all´Europa, ponendo l´isola e perfino la sua stessa vocazione isolazionista al centro di un dialogo internazionale in cui la separatezza diventava appartenenza e partecipazione. Insieme a Pasolini a Calvino e forse a pochi altri è stato l´intellettuale del Novecento che più ha sprovincializzato l´Italietta arretrata e angusta, stigmatizzando il suo "eterno fascismo", il suo cattolicesimo manierista, il suo servilismo opportunista, il suo qualunquismo amorale, le sue mafie e le sue consorterie. Fatalmente non ebbe un consenso unanime, anche se vastissima e indiscussa fu la sua autorevolezza, e di conseguenza la sua influenza. D´altronde la sua inorganicità al potere ne faceva fatalmente un eretico. In alcune sue battaglie, condotte con grande fermezza, sfiorò perfino l´impopolarità. Fu così per la querelle contro i cosiddetti "professionisti dell´antimafia", per la contestazione della nomina del giudice Borsellino a procuratore di Marsala, per la sua interpretazione appassionata del dramma di Aldo Moro. Ma anche la sua lettura del fenomeno mafioso, la sua rottura con il Partito comunista dopo l´esperienza di consigliere comunale nelle sue file, la sua perorazione di un garantismo indefettibile furono oggetto di critiche aspre, di accesi scontri. Certo è che egli difese un´idea altissima di giustizia. E basta rileggere con obiettività gli scritti di "A futura memoria" per rendersi conto di quanto pretestuosi fossero certi attacchi a posizioni certo criticabili, ma anche assai ponderate, sincere, pregnanti e perfino profetiche per certi versi. Così come ora appaiono strumentali i tentativi di appropriazione indebita del suo lascito allo scopo di attaccare la magistratura e financo il concetto di un´etica della politica.
Il vuoto che Sciascia ha lasciato, non solo in Sicilia, ma nel paese intero, è enorme. È difficile scorgere nel dibattito nazionale una figura che possa collocarsi sulla sua scia, che ne abbia raccolto il testimone. È difficile d´altronde individuare antagonisti di grande rilievo al conformismo dilagante. Ma forse oggi personalità come quelle di Sciascia o di Pasolini sono letteralmente impensabili, improponibili. Sarebbero inesorabilmente - qualcuno dice - emarginate e denigrate da un sistema dei media refrattario e insensibile alla sapienza dei maestri, allo scandalo del dissenso.
Certo, in un bilancio necessario a vent´anni dalla morte e a quasi novanta dalla nascita occorre interrogarci su quale uso, al di là delle volgari strumentalizzazioni, possiamo fare della parola di Sciascia. È ancora attuale, non la sua pagina, ma la sua critica sociale? Le trasformazioni culturali, economiche, politiche sono state straordinarie in questo lasso di tempo. Alcune proprio nel senso - si potrebbe dire lungo la linea della palma - che egli aveva preconizzato. Altre invece tali da rappresentare una profonda mutazione antropologica della vita italiana. E tuttavia l´attualità di Sciascia è ancora evidentissima. Pasolini ha scritto che «Sciascia non ha mai smesso di essere attuale, fin dal suo primo apparire come autore all´inizio degli anni Cinquanta». Spiegava, Pasolini, che l´attualità di un autore è generalmente data dalla sua capacità di "ricattare" (anche attraverso il successo). Ma il caso di Sciascia era affatto diverso: «Invece Sciascia ha saputo con assoluta eleganza evitare in ogni caso l´ambigua implicazione del ricatto. Si è mantenuto sempre purissimo, come un esordiente».
Ma occorre anche dire che Sciascia è attuale soprattutto perché è un classico, nel senso più vivo e meno monumentale della parola. E un classico - ci ha spiegato Calvino - è sempre attuale.
Postato il Venerdì, 27 novembre 2009 ore 14:31:53 CET di Maria Allo |
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