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Riforma: Immobilismo professionale e valutazione del merito.

Redazione
Da un punto di vista etimologico sia il merito che il predicato “meritare” che il suo conseguente avverbio, “meritatamente “ indicano tutti un principio di equità e di giustizia. Senza riconoscimento di ciò che deve essere premiato valorizzato non può , infatti,esistere il suo contrario, ovvero la condanna di ciò che  sia improduttivo e quindi da rifuggire. E, per conseguenza logica prima che di fatto, non esisterebbe alcuna giustizia.
Tuttavia, i docenti continuano a rifiutare, a quanto pare, ogni sorta di valutazione sul loro operato. Possiamo cercare di capirne le ragioni ma, con l’imparzialità che ci contraddistingue, anche esprimere qualche legittima perplessità a proposito.
Probabilmente i docenti temono di elevare muri divisori tra di loro, di scompaginare un’unità ( ma c’è da chiedersi quando mai ci sia stata tale presunta unità…) che in qualche modo li tiene socialmente coesi dinanzi ad una società che avvertono, molto spesso, persino ostile nei loro confronti. Peraltro , però, senza chiedersi perché questo in realtà avvenga , se è vero che avviene. Poi, c’è anche la sottile paura che venga messa in discussione la loro professionalità, infine che venga messa sotto scacco la libertà d’insegnamento. A questo proposito diciamo subito che la libertà d’insegnamento è un diritto costituzionalmente tutelato ma che ad esso corrisponde specularmente il diritto degli alunni ad imparare e ad imparare secondo un sistema che sia a passo con i tempi,  che dia loro modo di avere le basi fondamentali per tutto quello che intenderanno fare nella loro vita. In pratica, la libertà d’insegnamento è da intendersi nella libera scelta del docente della metodologia  più consona all’apprendimento dei propri alunni; questa , e non  altro, è libertà d’insegnamento. E  se partiamo da questa considerazione, diventa chiaro che deve esserci un feed back, una valutazione in itinere che ci indichi che la strada intrapresa dia risultati, insomma che sia quella giusta e se sia, e come, migliorabile. Crediamo , quindi, che  esista un ulteriore punto di vista, ulteriore proprio nel senso etimologico del termine, cioè che stia al di là ed anche al di sopra, perché persino più importante, che renda necessaria la valutazione  della didattica, ed è il punto di vista che tiene conto dell’interlocutore di ogni nostra azione di docenza, cioè gli alunni. La libertà d’insegnamento è sempre finalizzata ad un’azione educativa efficace, per gli alunni. Solo ed esclusivamente per gli alunni. Altrimenti diventa pura retorica e il pretesto attraverso cui si può nascondere di tutto e di più. Una sorta di “buco nero” che alla fine finirà per sminuire, anziché valorizzare, interamente quel che c’è ancora di buono nella scuola.
 Si potrà obiettare che il docente stesso, e non altri, è capace di capire pienamente se la propria azione didattica sia efficace o meno.  Questo è vero, ma è, nel contempo anche un’affermazione autoreferenziale.  Nessuno, che non sia masochista, direbbe, infatti, che la propria azione non  è abbastanza incisiva e che occorre più impegno affinchè questo avvenga. Certo, contiamo certamente nell’ampia onestà che contraddistingue la categoria dei docenti ma… se non si mette in dubbio che tale onestà professionale sia certa anzi certissima con quale principio d’equità  non crediamo affatto , invece, nell’onestà altrui? Si dice: non giudicare se non vuoi essere giudicato. Se ti ritieni onesto devi anche poter credere nell’onestà di altri, altrimenti non ha senso.
Crediamo, quindi, che debba esserci un sistema di valutazione. Per valorizzare la professione docente, per  valorizzare il merito, ma anche e soprattutto perché ne siamo in debito con i nostri alunni.  Si fa un gran parlare di incrementi stipendiali, di fondi elargiti alle  scuole che si sottopongono a tale valutazione ma abbiamo letto finora nulla o comunque molto poco sul fatto che una valutazione se deve esserci deve essere fatta per gli alunni, per garantire loro il meglio possibile  dell’apprendimento, senza condizioni. E’ questo il punto centrale, tutto il resto è marginale.
 Crediamo, inoltre, che tale valutazione possa svolgersi prevedendo una serie articolata di  soggetti valutanti; una percentuale alle famiglie ed agli alunni, una percentuale anche al dirigente scolastico, una  percentuale ad altri fattori che tengano conto non solo dell’impegno quantitativo ma soprattutto qualitativo dell’insegnamento. Si possono anche  svolgere tremila progetti, fare una quantità di ore  aggiuntive, ma ciò dice molto poco sull’efficacia della vera didattica… se non si rinnovano in primis  le metodologie con una poderosa opera  che rimetta i docenti nella prospettiva di ricerca e di   uno studio permanente per poter continuare a svolgere questa professione, la quantità di ore in più rimarrà sempre ancorata ad una qualità stagnante ed obsoleta.
 I docenti dovrebbero recuperare quel senso di ricerca e di sperimentazione didattica ( come fanno i professori universitari nel loro ambito) e quindi di studio continuo, teorico e pratico, che sono propri della professione ma che a causa di un immobilismo  pressocchè perenne sono sempre stati estromessi dalla status  del docente.
 Un valutazione è necessaria, in modo contrario si rischia la paralisi della scuola e la paralisi della scuola, in virtù di quel principio che in fisica si chiama di osmosi,  e che rende molto bene l’idea, è la paralisi dell’intera società.
I sindacati, per primi dovrebbero capire l’importanza di una valutazione ed il loro compito  crediamo sia quello di essere propositivi affinchè la valutazione sia incentrata su principi di trasparenza e di verificabilità., perché non è mai in nessuna forma di omologazione che si trovano  risposte.  E     un antico precetto ci insegna che non è tanto  importante cosa si fa… ma  “come” una cosa la si fa.

Tecla Squillaci
stairwayto_heaven@libero.it








Postato il Venerdì, 31 dicembre 2010 ore 11:00:00 CET di Tecla Squillaci
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