La
buona educazione esige che si indossino abbigliamenti adeguati alle
circostanze.
Se si partecipa ad una cerimonia nuziale occorrono abiti adeguati, se
si va al Quirinale, dal Papa, o in visita al Parlamento occorre
indossare un abbigliamento idoneo, come pure se si va al mare o in
campagna o in palestra si scelgono altri abbigliamenti. La scuola è
un'istituzione di servizio pubblico che vede gli studenti protagonisti
della loro formazione attraverso lo studio e l'approccio ai saperi
della cultura e quindi, anche l'abbigliamento deve essere consono e
adeguato al decoro e alle finalità della scuola. Un tempo si indossava
il grembiule anche per non sporcarsi di
inchiostro, oggi si usano le felpe o le tute, ma non è decoroso andare
a scuola come se si andasse alla spiaggia o in discoteca.
"Niente minigonne e rossetto per le ragazze, né canottiera o jeans
strappati per gli studenti". Così recitano le circolari di alcuni
dirigenti scolastici di Moncalieri e di Torino.
"Penso sia arrivato il momento di mettere un freno a certi
abbigliamenti eccessivi durante l'orario scolastico - spiega la
dirigente scolastica, Valeria Fantino, del Piemonte - Non è un
provvedimento retrogrado o antifemminista perché vuole educare i
ragazzi ad avere un vestiario consono a dove ci si trova. In questi
vent'anni si è perso il ruolo educativo perché il modello veicolato
dalle tv è quello di mettere in mostra il corpo senza remore o pudori".
Genitori e docenti sono favorevoli al "codice di abbigliamento".
Si rendono conto che è necessario porre dei limiti. Nessuno vuole dire
ai ragazzi cosa devono indossare nelle ore libere, ma bisogna insegnare
loro che non tutte le situazioni sono uguali.
Va bene la moda, ma non è pensata per andare a scuola ed è questo
quello che occorre fare capire ai ragazzi.
Giuseppe Adernò