Chi non
s’è commosso, fino alle lacrime, la mattina del 14 settembre, varcando
il portone d’ingresso, incontrando i colleghi e il preside, e
abbracciando “a distanza” i ragazzi dopo sette mesi di “vuoto cosmico”
e risentire, come una lusinga, “prof”, scagli la prima pietra. E le
lacrime sono visioni e palpitazioni, vibrazioni e manifestazioni di
vita. Le lacrime sgorgano dal cuore e ci salvano dall’indifferenza e
dalla solitudine, sono un balsamo per gli affetti e le emozioni, e
danno la cifra esatta per la rinascita dell’uomo e la ripartenza della
scuola. Certo, a guardarli bene sono di pessimo gusto i “banchi
monoposto”, oltre ad essere inservibili, e sono goffe le mascherine che
nascondono il sorriso e le strepitose abbronzature estive, ma forse
sono “salvamento di vita” e quindi conviene fare… buon viso a cattivo
gioco!
Anche per questo sarà un anno speciale, unico, difficile, forse un anno
da dimenticare. Ma si ricomincia, finalmente!
Certo, lo percepiamo, lo avvertiamo, nei corridoi, nelle aule, persino
nelle vicepresidenze, dove l’anno scorso aleggiava un’aria leggera e
frizzante, adesso grava un non so che di imbarazzo, di riservatezza,
quasi di diffidenza… per colpa del distanziamento e del timore
dell’altro.
Incombe su tutto un velo di mestizia e di prudenza, di ansia e di
sospetto, anche il tempo passa quasi in punta di piedi, là dove regnava
dinamismo, vitalità e confusione, con l’allegro vocio dei ragazzi in
attesa della ricreazione e il tormentone giornaliero della
professoressa che intimava già da settembre, “ragazzi la scuola è
finita!”. Chissà quando finirà di questo passo la scuola quest’anno!
Chissà come finirà, come ci finirà! Ma la scuola ha bisogno dei ragazzi
per vivere, ha bisogno di allegria, di sorrisi, di grida, di sospiri. E
di speranza. E allora che la scuola ritorni a correre e a gridare! E
che non abbia paura neppure “dell’occhio che cade”.
Celebrerà la bellezza della gioventù e della voglia di vivere. E del
desiderio di ritornare al tempo gioioso della normalità.
Angelo Battiato