SIAMO TUTTI ALLEVI?
C'è chi mostra i suoi cd in sala per stare nel gotha della musica colta... c'è chi "io l'ho visto al Blue Note"... chi invece "come pianista preferisco Baglioni", chi "però alla gente piace" e chi "tutta invidia". Allevi non è più un pianista, è diventato un fenomeno che solo l'Italia si può permettere, insieme ai vari Luxuria, Mara Maionchi e a quelli che per capire il mondo guardano Striscia la notizia.
Iniziamo con il dire che la musica è un argomento di cui tutti possono parlare anche senza capirci un tubo. Specialmente in quest'ultimo concetto gli italiani sono particolarmente forti, molto più che in altri paesi. Non è questione di schifare la propria patria, è un fatto: negli altri paesi occidentali la musica è una materia di formazione fondamentale delle coscienze e si insegna (bene) a scuola. In Italia no, nelle classifiche al riguardo siamo agli ultimi posti al mondo. E se non conosci l'alfabeto difficilmente potrai giudicare un libro.
Ma veniamo ai fatti: Giovanni Allevi, ex tastierista di Jovanotti e giovane pianista compositore diplomato al Conservatorio di belle speranze, viene invitato al Senato per il tradizionale concerto di Natale in diretta tv. E' un successo: le più alte cariche dello stato tutte in piedi gli tributano una ovazione (leggi). Capita però che a casa ci sia un certo Uto Ughi, violinista di fama internazionale, a seguire l'esibizione e a rimanere esterefatto: "Il successo di Allevi? Mi offende come musicista, uno spettacolo desolante vedere le massime autorità dello Stato osannare questo modestissimo musicista."
Passano pochi giorni e Allevi risponde (leggi) più o meno così: "Uto Ughi mi attacca perchè infastidito dal fatto che io con la mia musica 'visionaria' raggiungo un pubblico molto ampio, mentre lui è parte di una casta di intoccabili che utilizza lo snobismo culturale per spartirsi il potere musicale: d'altronde il nuovo che avanza fa sempre paura." Chi ha ragione? Sul web si sprecano i commenti pro e contro il pianista. E quì torniamo al concetto di prima: tutti sono liberi di esprimere un loro parere e di appassionarsi a qualunque genere di musica.
Toto Cutugno, AlBano, i Ricchi e Poveri, Casadei hanno ancora enormi platee e sono ricordati per avere allietato con le loro canzoni le giornate di milioni di persone. Ma il caso di Allevi è diverso perchè appartiene all'ambito della cosiddetta musica "colta" (brutta parola) che dovrebbe approfondire il linguaggio musicale sfruttandone tutte le caratteristiche, i colori e le sensibilità tecniche, armoniche, melodiche e ritmiche. Insomma non si può lasciare all'uomo della strada il compito di stabilire cosa è arte e cosa è fuffa.
Tantomeno una frase del tipo "L'ho visto suonare al Senato, se l'hanno scelto deve essere proprio bravo" non dovrebbe essere un buon motivo per comprare un suo cd. Invece capita che, come riporta il quotidiano il Giornale, pure il presidente del Senato Renato Schifani (che l'ha scelto) ha aumentato la popolarità del 4% e la preferenza è stata apprezzata dal 77% degli elettori del centrodestra e dal 79% dei sostenitori del centrosinistra. Successo bipartisan quindi, la politica non c'entra.
C'entra però il fatto di essere consapevoli di quello che ci viene propinato, anche in fatto di musica. Così l'analisi che il Sole 24ore fa del fenomeno Allevi è più interessante: "il successo (incontestabile) del quasi 40enne pianista è uno straordinario fenomeno di marketing", aggiungendo come i "giornali che hanno riportato resoconti trionfalistici dei concerti al Blue Note di New York e nel tour internazionale in Europa e Cina", hanno contribuito in modo determinante a trasformare un discreto pianista fusion nel novello Mozart della musica classica contemporanea.
Per gli appassionati di musica jazz è una liberazione, non si oserà più paragonarlo a mostri sacri del pianoforte come Keith Jarrett, mentre per musicisti classici come Uto Ughi, vederlo addirittura con la bacchetta in mano dirigere l'orchestra di Natale è un affronto insopportabile. Rimane il fatto che lui è strampalatamente simpatico e piace, forse perchè la sua capigliatura alla Lucio Battisti prima maniera fa riemergere lo stordito che c'è in ognuno di noi. Proprio così, è inutile negarlo, alla fine siamo tutti un pò Allevi o vorremmo esserlo. Certo, magari con un pò di "visionarietà" in meno... o no?
C'è chi mostra i suoi cd in sala per stare nel gotha della musica colta... c'è chi "io l'ho visto al Blue Note"... chi invece "come pianista preferisco Baglioni", chi "però alla gente piace" e chi "tutta invidia". Allevi non è più un pianista, è diventato un fenomeno che solo l'Italia si può permettere, insieme ai vari Luxuria, Mara Maionchi e a quelli che per capire il mondo guardano Striscia la notizia.
Iniziamo con il dire che la musica è un argomento di cui tutti possono parlare anche senza capirci un tubo. Specialmente in quest'ultimo concetto gli italiani sono particolarmente forti, molto più che in altri paesi. Non è questione di schifare la propria patria, è un fatto: negli altri paesi occidentali la musica è una materia di formazione fondamentale delle coscienze e si insegna (bene) a scuola. In Italia no, nelle classifiche al riguardo siamo agli ultimi posti al mondo. E se non conosci l'alfabeto difficilmente potrai giudicare un libro.
Ma veniamo ai fatti: Giovanni Allevi, ex tastierista di Jovanotti e giovane pianista compositore diplomato al Conservatorio di belle speranze, viene invitato al Senato per il tradizionale concerto di Natale in diretta tv. E' un successo: le più alte cariche dello stato tutte in piedi gli tributano una ovazione (leggi). Capita però che a casa ci sia un certo Uto Ughi, violinista di fama internazionale, a seguire l'esibizione e a rimanere esterefatto: "Il successo di Allevi? Mi offende come musicista, uno spettacolo desolante vedere le massime autorità dello Stato osannare questo modestissimo musicista."
Passano pochi giorni e Allevi risponde (leggi) più o meno così: "Uto Ughi mi attacca perchè infastidito dal fatto che io con la mia musica 'visionaria' raggiungo un pubblico molto ampio, mentre lui è parte di una casta di intoccabili che utilizza lo snobismo culturale per spartirsi il potere musicale: d'altronde il nuovo che avanza fa sempre paura." Chi ha ragione? Sul web si sprecano i commenti pro e contro il pianista. E quì torniamo al concetto di prima: tutti sono liberi di esprimere un loro parere e di appassionarsi a qualunque genere di musica.
Toto Cutugno, AlBano, i Ricchi e Poveri, Casadei hanno ancora enormi platee e sono ricordati per avere allietato con le loro canzoni le giornate di milioni di persone. Ma il caso di Allevi è diverso perchè appartiene all'ambito della cosiddetta musica "colta" (brutta parola) che dovrebbe approfondire il linguaggio musicale sfruttandone tutte le caratteristiche, i colori e le sensibilità tecniche, armoniche, melodiche e ritmiche. Insomma non si può lasciare all'uomo della strada il compito di stabilire cosa è arte e cosa è fuffa.
Tantomeno una frase del tipo "L'ho visto suonare al Senato, se l'hanno scelto deve essere proprio bravo" non dovrebbe essere un buon motivo per comprare un suo cd. Invece capita che, come riporta il quotidiano il Giornale, pure il presidente del Senato Renato Schifani (che l'ha scelto) ha aumentato la popolarità del 4% e la preferenza è stata apprezzata dal 77% degli elettori del centrodestra e dal 79% dei sostenitori del centrosinistra. Successo bipartisan quindi, la politica non c'entra.
C'entra però il fatto di essere consapevoli di quello che ci viene propinato, anche in fatto di musica. Così l'analisi che il Sole 24ore fa del fenomeno Allevi è più interessante: "il successo (incontestabile) del quasi 40enne pianista è uno straordinario fenomeno di marketing", aggiungendo come i "giornali che hanno riportato resoconti trionfalistici dei concerti al Blue Note di New York e nel tour internazionale in Europa e Cina", hanno contribuito in modo determinante a trasformare un discreto pianista fusion nel novello Mozart della musica classica contemporanea.
Per gli appassionati di musica jazz è una liberazione, non si oserà più paragonarlo a mostri sacri del pianoforte come Keith Jarrett, mentre per musicisti classici come Uto Ughi, vederlo addirittura con la bacchetta in mano dirigere l'orchestra di Natale è un affronto insopportabile. Rimane il fatto che lui è strampalatamente simpatico e piace, forse perchè la sua capigliatura alla Lucio Battisti prima maniera fa riemergere lo stordito che c'è in ognuno di noi. Proprio così, è inutile negarlo, alla fine siamo tutti un pò Allevi o vorremmo esserlo. Certo, magari con un pò di "visionarietà" in meno... o no?