E' un esempio perfetto di "romanzo nel romanzo" perchè parte integrante del capolavoro di Proust "A la recherche du temps perdu": infatti mostra una singolare compattezza e unità nel tema narrato e nei risultati stilistici e si configura con originalità come un autentico exploit delle capacità di penetrazione e d'indagine dello scrittore . Si inserisce come un lungo flash back nella prima delle sette parti di "Alla ricerca del tempo perduto", rievocando la passione travolgente, dolorosa ed esclusiva di Charles Swann - alter ego dell'io narrante - per la bella Odette de Grécy, enigmatica demi-mondaine, sospesa tra pretese di raffinatezza e freddo opportunismo. Raffinato esteta, al tempo stesso seducente e sterile, Swann sposa Odette quando ormai non l'ama più. Maestro dell'introspezione psicologica, Proust disegna la parabola del loro tormentato rapporto dalla cieca infatuazione al graduale spegnimento, facendo di questo amore la storia paradigmatica di qualsiasi amore. Vero o presunto che sia, perché, come osserva il filosofo Ortega y Gasset, in questo excursus "c'è dentro di tutto: punti di sensualità calda, pigmenti paonazzi di sospetto, grigi di abitudine, chiari di stanchezza vitale. L'unica cosa che non c'è è l'amore". "Proust ci descrive un amore che non ha nessuna forma di amore.C'è dentro di tutto:punti di sensualità calda, pigmenti paonazzi di sospetto, grigi di abitudine, chiari di stanchezza vital,e.L'unica cosa che non c'è è l'amore.Questo risulta come risulta la figura dell'arazzo per intersezione di certi fili, nessuno dei quali ha la forma della figura.Senza Proust non sarebbe nata una letteratura che ha bisogno di essere letta come si guardano i quadri di Monet, socchiudendo gli occhi....Le persone di Proust sono mutevoli concrezioni atmosferiche, nubi di spirito che venti e luci trasformano continuamente.Certamente è del gruppo Stendhal,"investigatore del cuore umano". Quello di Swann per Odette è un amore paradigmatico. Amore insoddisfatto e insoddisfacente, ossessionato dal desiderio di stringere l’oggetto del proprio desiderio, conoscerlo fino in fondo, ed eternamente frustrato dall’impossibilità di farlo. Amore epico, amore banale. Amore inseguito nei salotti, nei riti mondani, come in un palco ambiguo dai troppi sipari, dietro ai quali l’essere amato riesce sempre a nascondersi. L’oggetto amoroso è per natura colmo di un mistero indecifrabile. Demistificarlo significa smettere di amarlo. Intorno a questo paradigma del romanticismo occidentale Proust costruisce la sua cronaca dettagliata, descrivendo il gioco amoroso come qualcosa di patetico e al tempo stesso abissale. È il 1913 quando questa storia esce per la prima volta. Il Novecento è iniziato da poco. Il secolo brucerà ancora a lungo, come una cometa, con il suo carico di memoria e frustrazione, con tutto il suo desiderio patetico, inutile e struggente. "Sono sempre libera, lo sarò sempre per voi": è la stessa, enigmatica, Odette de Crécy ad offrirsi, per prima, a Swann, che ancora non l'ama. Eppure, col passare del tempo, col radicarsi del desiderio, questo raffinato uomo di mondo, ricercato anche nel prestigioso faubourg Saint-Germain, frequenterà assiduamente - per lei - un ben più modesto salotto borghese, quello dei Verdurin. Ma sarà proprio la sua superiorità sociale e culturale a renderlo insopportabile ed estraneo a questo piccolo ambiente, a minare il suo rapporto con Odette, che rivelando una leggerezza e una corruzione insospettate, sfugge man mano a Swann, ormai profondamente innamorato e ossessionato dalla gelosia. Un amore di Swann costituisce un episodio in sé compiuto, un autentico "romanzo nel romanzo" all'interno di quel capolavoro che è "Alla ricerca del tempo perduto", di cui introduce e prefigura il grande episodio di Albertine, e la prodigiosa analisi proustiana dell'amore e della gelosia, le cui leggi inesorabili evolvono "davanti al nostro cuore stupefatto e passivo". Proust è stato celebrato come il creatore di una nuova psicologia.Così scriveva il critico Jacques Rivière:"Egli fu uno degli spiriti più puramente , più unicamente speculativi che siano mai comparsi su questa terra...Lo stupore che la sua opera ci ha dato agli inizi, e la resistenza scandalizzata che iuncontra ancora,non nascono innanzitutto dalla serenità quasi insopportabile del suo sguardo?Egli comincia dalla sensazione:basta un nulla a sconvolgerlo e ne derivano dei veri turbini in tutto il suo sistema percettivo.I suoiamici sanno quanto fosse lunga la lista delle influenze fisiche che egli temeva.Qualcuno ha raccontato , come si trattasse di aneddoti pittoreschi, la sua paura del sole e del rumore; o ha fatto dell'ironia a proposito delsughero di cui aveva fatto tappezzare il suo appartamento al Boulevard Haussmann .In queste precauzioni, non si è voluto vedere che delle manie divertenti, e completamente gratuite.Ma perchè dubitare che i suoi sensi fossero diversi dai nostri, e di una anormale suscettibilità? Perchè giudicare i suoi sensi secondo la rozzeszza dei nostri?....Dapprima Proust s'immerge intieramente , profondamente, nella sensazione.E' prigioniero delle proprie emozioni, sepolto sotto la loro moltitudine, schiacciato, oppresso; o solo la sua intelligenza vola o lo trascende.... Il 23 novembre del 1913 Lucien Daudet pubblica una lunga ed entusiastica recensione dello Swann: “(…) In queste tre parti, e nell’ambito di volta in volta oggettivo e soggettivo in cui ci conduce Marcel Proust, ad appassionarci quanto il romanzo stesso è l’analisi di tutti i sentimenti, di tutte le sensazioni, di tutti i ragionamenti, di tutte le ore del giorno, di tutti gli aspetti della natura – e ciò quasi simultaneamente – così da farci indovinare che per l’autore l’invisibile si ricongiunge senza sosta al visibile. Mai, io credo, l’analisi di tutto ciò di cui è composta la nostra esistenza si è spinta così lontano. … L’analisi di Proust … è così perfettamente incorporata a una sensibilità prodigiosa, che esse si confondono tra di loro nella tristezza come nell’ironia, senza che si possa separarle, e noi finiamo per credere che la sua analisi susciti la nostra emozione, e che la sua sensibilità provochi il nostro riso, contrariamente alle leggi abituali. E ben presto ci rendiamo conto che per certe nature analisi e sensibilità sono un’unica e identica cosa, e che l’autore del Du côté de chez Swann, se non ha lui stesso molto pianto e molto riso, ciò che ignoriamo, ha senza meno molto spesso versato lacrime sulla tristezza di una passione non condivisa, sulle commozioni investigatrici e superstiziose di una gelosia crudele che il caso o la fiducia gli avevano rivelato, e che egli ha spesso partecipato alle infelicità e alle gioie degli altri con molta più intensità delle loro vittime o dei loro privilegiati, dato che forse meglio di questi capiva e indovinava le più segrete cause e i più tenui risultati dei loro dolori e delle loro felicità. Così, senza contenere una sola riga “moralizzatrice”, senza addobbarsi moralmente di qualche “dottrina” né targarsi da “elevazione delle anime”, ecco un libro che racchiude in ogni pagina, grazie alla più acuta delle perspicacie, i più preziosi consigli indiretti sulle cose che devono fuggire o perseguire la nobiltà d’animo e la rettitudine - che raggiunge una straordinaria grandezza morale …. ed è a un tempo un’incessante lezione di eleganza – nel senso più etimologico del termine.” "Avrei lavorato solo la notte.Ma mi sarebbero state necessarie molte notti, forse cento, forse mille.Esarei vissuto nell'ansia di non sapere se il Padrone delmio destino,meno indulgente del sultano Shahriyàr , il mattino quando avrei interrotto il mio racconto, avrebbe acconsentito a soprassedere alla mia condanna,concedendomi di riprendere i llavoro la sera successiva....". Marcel Proust scriveva il suo libro di notte, lavorando in modo febbrile, in una stanza dalle pareti rivestite di sughero. Componeva la sua opera sul tempo e la memoria, dando voce al narratore più nostalgico, intimo, tedioso, romantico, minuzioso, frivolo, intenso della storia della letteratura. Arrivai a leggere Proust intorno ai vent’anni. Nonostante l’apparente distanza che mi separava da quel narratore borghese, esteta e lontano nel tempo, Proust mi insegnava a guardare il mondo, a riconoscerlo, rievocarlo, nominarlo. Riconoscevo i personaggi di Proust intorno a me. Riconoscevo le Madame Verdurin, gli Swann, le Odette. Riconoscevo attorno a me le stesse dinamiche, le stesse relazioni, come se quelle relazioni fossero schemi fissi destinati a ripetersi per sempre.
Postato il Mercoledì, 29 luglio 2009 ore 17:21:17 CEST di Maria Allo |
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