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In realtà, chi ha vissuto accanto ad un animale domestico, cane o gatto che sia, facilmente ha inteso come gli animali siano forniti , in un certo senso, di “un’anima”, capaci di esprimere nel loro “linguaggio” sensazioni, emozioni e persino… sentimenti. Come forse, addirittura, certi “individui” hanno persino accantonato o dimenticato.
La pet therapy ( dal termine inglese pet che indica proprio gli animali da compagnia) è ormai entrata anche a .. . scuola dopo che in varie strutture ne è stata comprovata la validità nell’ausilio importante che fornisce per la risoluzione di molti disturbi; come il controllo degli stati emotivi, problemi dovuti a varie difficoltà di relazionarsi con gli altri, problemi comportamentali, sebbene sia comunque utile anche per quei ragazzi che non presentino alcuna di queste problematiche.
L’animale è considerato co-terapeuta nel senso che aiuta a sciogliere molti nodi emotivi anche inconsapevoli; il rapporto che si crea con esso è transitivo ed attivo, ovvero esso interagisce, attraverso quello specifico linguaggio interiore che va oltre le parole, con chi gli si avvicina .
A questo proposito, è utile ribadire alcune buone norme dettate dall’etologia per poter usufruire pienamente di questo speciale ausilio.
E’ senz’altro da tenere conto che non tutte le razze canine o feline sono adatte per la pet therapy. Ogni razza presenta infatti delle specifiche caratteristiche; solitamente i cani di piccola taglia sono notoriamente più suscettibili ed aggressivi di quelli di media e grossa taglia, il che può sembrare paradossale, ma è proprio così. Chi non ha mai visto anche un minuscolo chiwawa abbiare furiosamente ( e coraggiosamente) anche di fronte a cani così grossi da poterlo tranquillamente ridurlo in “polpette”? Metafora forse degli altri ben noti esseri del regno animale, gli uomini, che più piccoli ed insignificanti sono… e più chiasso fanno ( per farsi notare).
Anche tra le razze feline ci sono notevoli differenze; tra un siamese, un soriano ed un persiano ci sono notevoli differenze caratteriali ed il primo, il siamese, per esempio, non è quasi mai adatto alla pet therapy.
E’ anche importante il primo approccio che si ha con l’animale. Non è mai consigliabile un approccio “frontale” che gli animali avvertono come un potenziale pericolo. E c’è una spiegazione a questo: istintivamente l’animale protegge le sue parti più vulnerabili, come il “tartufo” ( il naso) specie da chi non conosce bene. E’ anche necessario non fissarlo mai negli occhi ( anche questo può essere avvertito come un segno di sfida); una volta presa confidenza, l’animale sarà più propenso a farsi accarezzare più a lungo, rispettando comunque sempre le sue esigenze. Chi ha o ha avuto in passato degli animali da compagnia sa bene come, specie i gatti, non sempre siano in vena di coccole, e prima di sperimentarlo sulla propria pelle ( e non soltanto in senso figurato…) è meglio capire subito che nessun animale è, o può essere usato, come un oggetto per il nostro sollazzo e che bisogna sempre rispettare i suoi tempi, senza forzarlo.
E’ sempre buona norma, infine, che il contatto graduale dei ragazzi con l’animale sia guidato da un esperto, meglio se un veterinario. Infatti, non è possibile introdurre nessun approccio con l’animale se non mediante la figura di uno specialista di cui l’animale abbia piena fiducia, meglio se ne è il proprietario, in modo che la bestiola possa sentirsi a suo agio e protetto.
Tecla Squillaci
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