Dei
provvedimenti contenuti nella Legge di stabilità (come si chiama ora la
vecchia finanziaria) e nel Bilancio dello Stato per il prossimo anno,
in discussione al Senato, si parla troppo poco. Il dibattito pubblico è
focalizzato sui significati economici e politici dell’altalena cui sono
sottoposti i mercati finanziari e, conseguentemente, sul
maxi-emendamento presentato da Berlusconi al G20 di Cannes, ma che
nessuno ha potuto leggere in forma ufficiale. In questo modo è stato
accantonato l’interesse per la Legge di stabilità e per il Bilancio: ed
è un vero peccato, dato che in essi sono previsti altri tagli per la
scuola.
Basta una cifra per spiegare di cosa stiamo parlando: per il prossimo anno il Bilancio prevede
per il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca una
competenza complessiva di 51.520.441.175 euro, vale a dire una riduzione di 1.835.578.102 euro rispetto
al bilancio assestato di quest’anno.
A danno di quali programmi si abbattano questi tagli? Mi limito
a segnalare i più significativi: per la missione “Istruzione
scolastica”, ad esempio, sono previsti 254
milioni in meno per l’istruzione primaria, 312 per l’istruzione media e
ben 526 per l’istruzione superiore! Per la missione “Istruzione
universitaria” i tagli più significativi si registrano per il diritto
allo studio, con una riduzione di 85 milioni e per il programma
“Sistema universitario e formazione post-universitaria”, con 256
milioni in meno. Le cose non vanno meglio per la missione “Ricerca e
innovazione”, che subisce una decurtazione di 294 milioni, ripartita in
particolare tra la Ricerca scientifica e tecnologica applicata (-132
milioni) e quella di base (-162 milioni).
A mitigare un po’ i danni del Bilancio interviene la Legge di stabilità
con disposizioni dai risvolti economici di segno negativo e positivo,
che complessivamente compensano il taglio di 767 milioni aggiuntivi: in
questo modo, rispetto all’assestato
del 2011, viene a mancare poco più di un miliardo di euro (esattamente
1.067.778.102 euro).
L’ennesimo miliardo in meno per istruzione, università e ricerca.
Vediamo allora cosa contiene la legge di stabilità. Innanzitutto due
vistose innovazioni negative:
a) contrariamente a quanto precedentemente stabilito, la spesa per
l’istruzione non è più sottratta ai tagli delle spese dei
ministeri disposti dalla manovra di luglio (lo prevede il comma 73
dell’art.4): in questo modo se ne vanno 145 milioni di euro;
b) anche le spese non “rimodulabili” sono oggetto di accantonamenti e
di successivi tagli, pari a 78 milioni e 700.000 euro.
Entrambe queste innovazioni, e in particolare la prima, potranno avere
conseguenze assai gravi sul bilancio del MIUR a partire dal 2013,
quando si passerà ad attuare il programma di riduzione delle spese in
rapporto al PIL disposto dalla manovra di agosto: «… le spese di
funzionamento relative alle missioni di spesa di ciascun Ministero sono
ridotte, rispettivamente, fino all'1 per cento per ciascun anno
rispetto alle spese risultanti dal bilancio consuntivo relativo
all'anno 2010 e le dotazioni finanziarie delle missioni di spesa di
ciascun Ministero, previste dalla legge di bilancio, relative agli
interventi, sono ridotte fino all'1,5 per cento».
In particolare, la legge di stabilità
fra le riduzioni degli stanziamenti riconducibili alle spese non
rimodulabili prevede (art. 4):
a) la riduzione da 500 a 300 del
numero dei dirigenti scolastici e dei professori, di cui
l’Amministrazione si avvale presso i propri uffici per compiti connessi
con l’autonomia scolastica (comma 74). Ci si chiede chi
assolverà a questi compiti, senza dimenticare che quei docenti
rientreranno – dopo aver maturato specifiche esperienze e competenze –
sulle loro cattedre di titolarità, fino a quel momento coperte con
supplenze annuali. Stiamo parlando di qualche centinaio di posti, ce ne
rendiamo conto, che tuttavia rappresentano per i docenti precari
coinvolti la differenza tra lavoro e disoccupazione. La norma porta ad un risparmio tra il 2012
e il 2013 di circa 7 milioni;
b) l’incremento dei parametri appena fissati nella manovra di luglio
(comma 5 art. 19) per la concessione della titolarità della dirigenza
scolastica e per l’assegnazione del direttore dei servizi generali di
segreteria: potranno essere assegnati
dirigenti scolastici con incarico a tempo indeterminato e DSGA in via
esclusiva solo alle istituzioni scolastiche autonome costituite con un
numero di alunni superiore a 600, ridotto a 400 per le istituzioni site
nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche
caratterizzate da specificità linguistiche (commi 75 e 76).
Si tratta dell’ennesima misura per ridurre il
“fabbisogno” di dirigenti scolastici (- 1331) e di direttori di
segreteria (-1569), che rischia di pregiudicare l’ordinato
funzionamento delle scuole nonché il raggiungimento delle loro finalità
istituzionali. Complessivamente si verificherà una riduzione di spesa
di 135 milioni di euro nell’a.s. 2012/13, a cui si devono aggiungere i previsti 145 milioni di euro ricavati
dal taglio dei 1.812 posti di dirigenti scolastici soppressi a
decorrere dall’anno scolastico 2011/12 in base all’originaria versione
del comma 5 dell’art 19 della manovra di luglio;
c) nelle scuole superiori, l’accantonamento dei posti di assistente
tecnico per compensare, nell’anno scolastico 2011/2012, i 3.334 posti
degli insegnanti tecnico pratici che risultano in esubero a livello
nazionale (comma 87). Si tratta di una delle conseguenze della riforma
“epocale” della scuola superiore, propagandata come una nuova scuola
laboratoriale, mentre la verità è che
le ore di laboratorio sono state cancellate e gli insegnanti
tecnico-pratici sono diventati esuberi e pertanto possono
“trasformarsi” in assistenti tecnici! Questo intervento determinerà una
minore spesa per 64,50 milioni nell’anno scolastico 2012/2013;
d) la modifica del comma 14 dell’art. 8 del decreto legge 78 del 2010,
che dispone la possibilità di destinare risorse da individuare in esito
ad una specifica sessione negoziale concernente interventi in materia
contrattuale nel settore del personale della scuola, finalizzate al
pagamento degli scatti retributivi maturati nel 2012 (comma 89).
Recentemente, in occasione dell’attuazione del cosiddetto piano
straordinario di immissioni in ruolo (previsto dall’art. 9 del decreto
legge 70 del 2011), abbiamo assistito ad una procedura simile, cioè
all’attivazione di una sessione negoziale istituita, è bene ricordarlo,
mentre la contrattazione è bloccata: l’esito finale è stato lesivo dei
diritti dei futuri docenti, che hanno visto “barattato” il posto di
lavoro in cambio di una retribuzione inferiore! Si tratta, quindi, di
un percorso pericoloso, che peraltro non pare in grado di garantire un
risultato apprezzabile nemmeno sul versante finanziario, tenendo conto
che la parziale mancanza delle risorse destinate al pagamento degli
scatti è stata certificata dalla Corte dei Conti e che la nuova norma
non prevede “nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato”
e dispone il “rispetto degli obiettivi programmati dei saldi di finanza
pubblica”.
Purtroppo, la legge di stabilità si
occupa anche del settore dell’Alta Formazione artistica e musicale
(commi 79 - 86 dell’art. 4), quello che tanto prestigio
attribuisce alla cultura italiana ma che la Gelmini regolarmente
trascura: per la verità, dato il contenuto delle norme, sarebbe stato
meglio che l’AFAM fosse rimasta nel dimenticatoio ancora per un po’. La
legge di stabilità, infatti, prevede per il personale del settore il
blocco degli scatti per un triennio (2012/2014) e la mancata
valutazione di tale anzianità per il prosieguo della carriera (in
analogia con quanto già disposto per il personale della scuola e
dell’università nel decreto-legge n.78 del 2010) per un risparmio di 11
milioni di euro nel triennio, mentre altri 9,6 milioni di euro per il
2012 saranno recuperati con una forte stretta sulla concessione dei
permessi per attività di studio, di ricerca e di produzione artistica e
limitazioni all’esonero dalle attività didattiche dei docenti
incaricati della Direzione. Che dire? Dopo tanto disinteresse del
ministro, ci si aspettava un gesto di attenzione e di valorizzazione
per il settore AFAM e non un pugno di norme micragnose e avvilenti per
la dignità dei professionisti nell’educazione e nella formazione alle
discipline artistiche e musicali.
Dopo i dolori dell’articolo 4, la legge di stabilità concede alcune misure apprezzabili,
rappresentate dal rifinanziamento (art. 5), ma solo per l’anno
2012:
1. dell’edilizia scolastica (comma
3), con uno stanziamento di 100 milioni del quale però non si
indica la destinazione agli enti territoriali proprietari degli
istituti scolastici: probabilmente siamo di fronte all’ennesimo
annuncio di risorse destinate a non essere spese perché non attribuite
ai soggetti cui compete la programmazione degli interventi di edilizia
scolastica. Un film già visto, peraltro brutto;
2. di 150 milioni del fondo da
trasferire alle Regioni per la concessione di prestiti d’onore e borse
di studio agli studenti universitari (comma 25). Vale la pena
ricordare che non si tratta di risorse aggiuntive, se non in
piccolissima parte: questo fondo, infatti, ha una consistenza di 112,3
milioni per l’anno corrente, che nel Bilancio di previsione per il 2012
precipita a soli 24,9 milioni! Una cifra infima, offensiva per le
necessità del diritto allo studio. In questa cruda contabilità, i 150
milioni della legge di stabilità sono certamente una boccata
d’ossigeno, ma rappresentano un incremento del fondo di 37,7 milioni
rispetto all’anno corrente. Tuttavia, la concessione di risorse da
parte dello Stato con una tempistica che potremmo definire “sul filo
del rasoio” (cioè con l’approvazione della legge di stabilità per
l’anno successivo invece che attraverso la necessaria triennalità)
impedisce di fatto alle regioni di predisporre una adeguata
programmazione nelle proprie politiche di diritto allo studio: è del
tutto evidente che tale stato di incertezza va a detrimento, in
particolate, delle scelte degli studenti che sono in condizioni sociali
di maggiore debolezza;
3. di 400 milioni del fondo di
finanziamento ordinario per l’Università (comma 13): anche in
questo caso, però, assistiamo al giochetto illusionistico utilizzato
per il fondo per l’erogazione delle borse di studio. Il Bilancio di
previsione 2012, infatti, prevede una riduzione di 251,5 milioni del
FFO rispetto al 2011, pertanto l’incremento reale per il prossimo anno
è di 143,6 milioni. Peraltro, se si considera che nel 2011 il Fondo era
stato taglieggiato di 276 milioni e di ben 652 milioni nel 2010, si
comprende che il piccolo incremento di stanziamenti per il prossimo
anno rappresenta un “cerottino” inadeguato a tamponare ferite profonde
e copiosamente sanguinanti (in termini percentuali lo stanziamento del
FFO del 2011 è stato -3,3% rispetto al 2010 e -7,4% rispetto al 2009);
4. delle scuole non statali (comma
14), con lo stanziamento di 242 milioni che integrano i 278,9 del
disegno di previsione del Bilancio;
5. degli interventi di sostegno alle
università non statali legalmente riconosciute (comma 15), autorizzando
la spesa di 20 milioni di euro per l’anno 2012.
Con preoccupazione va invece segnalato che non risulta rifinanziata, rispetto al
livello minimo che aveva raggiunto nel 2011, la voce riguardante le
borse di studio per la scuola dell’obbligo, attivate con la
legge 62/2000. Si tratta di risorse messe a disposizione di tutto il
sistema scolastico da erogarsi con riferimento al reddito dei
beneficiari. Nel 2008 lo stanziamento era stato di 119,7 milioni, nel
2011 è stato di 31,1, cifra su cui si assesta il fondo anche per il
prossimo anno.
Ma c’è un altro elemento di forte preoccupazione alimentata da una
novità introdotta dalla legge di stabilità: la cancellazione del fondo per la gratuità
parziale dei libri di testo scolastici (fino al 2010 sono stati
garantiti 103 milioni di euro, che il ministero degli Interni
trasferiva alle regioni). La politica del governo per smantellare il
diritto allo studio non conosce sosta, mentre la denuncia di questi
furti di diritti è isolata e inascoltata.
Come dicevamo in apertura, il totale della spesa di competenza del MIUR
per il prossimo anno subisce una riduzione di 1.067.778.102 di euro.
Prende corpo, in sostanza, quel piano di tagli previsto nel Documento
di Economia e Finanza e che la Gelmini, nel salotto di Floris e
incalzata da Letta, negava senza convinzione (dando a tutti la netta
impressione di ignorarne l’esistenza). La marcia verso il 3,7% del PIL
assegnato alla spesa per istruzione primaria e universitaria da
raggiungere entro il 2015 (mentre nel 2010 era il 4,2%) prosegue,
purtroppo, senza inciampi. (da Pd)
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