La VI sez. della
Suprema Corte, con la sentenza in commento, è tornata sul tema della
responsabilità della scuola per infortuni accaduti agli alunni.
In questo caso la questione posta all’attenzione della magistratura è
quella di un’alunna di scuola elementare che, mentre si recava in
bagno, si scontrava con altro alunno e, nella caduta, riportava
lesioni. I genitori dell’infortunata citavano in giudizio il Ministero
e l’istituzione scolastica per ottenere il risarcimento dei danni
subiti dalla figlia.
Sia il Tribunale che la Corte d’Appello respingevano la domanda con la
motivazione che trattavasi di autolesione per urto accidentale con un
compagno e che andava esclusa la responsabilità della scuola in
conseguenza della provata attività di vigilanza effettuata da un
bidello e da un’insegnante.
Anche la Corte di Cassazione respinge l’impugnazione,
considerando che al caso di specie non si applica la presunzione di
responsabilità prevista dall’art. 2048, comma 2, c.c. ma, trattandosi
di incidente avvenuto durante il tempo di affidamento dell’alunno alla
struttura scolastica, l’istituto previsto dall’art. 1218 c.c.
Sul solco tracciato dalle Sezioni Unite nel 2002 (Cass. SU 27.06.2002
n. 9346), anche la recente sentenza distingue tra il caso di danno che
l’alunno cagiona a se stesso e quello cagionato a terzi.
Nel primo caso è applicabile la responsabilità contrattuale della
scuola e quindi l’inversione dell’onere probatorio prevista dall’art.
1218 c.c. Infatti “l’accoglimento della domanda di iscrizione, con la
conseguente ammissione dell’allievo alla scuola, determina
l’instaurazione di un vincolo negoziale, dal quale sorge a carico
dell’istituto l’obbligazione di vigilare sulla sicurezza e l’incolumità
dell’allievo nel tempo in cui questi fruisce della prestazione
scolastica in tutte le sue espressioni, anche al fine di evitare che
l’allievo procuri danni a se stesso. Ne deriva che, nelle controversie
instaurate per il risarcimento del danno da autolesione nei confronti
dell’istituto scolastico e dell’insegnante, è applicabile il regime
probatorio desumibile dall’art. 1218 c.c.”
Nel caso, invece, in cui l’alunno cagioni un danno ad altri, è
applicabile la responsabilità extracontrattuale da fatto illecito: il
minore stesso, se capace di intendere e volere, è responsabile del
danno cagionato, ma accanto alla sua responsabilità si aggiunge quella
dei genitori (per culpa in educando) e quella dei precettori (per culpa
in vigilando).
La responsabilità di questi, disciplinata dall’art. 2048 c.c., è
aggravata, perché la colpa (il difetto di educazione o vigilanza) si
presume, salvo prova contraria.
Il costrutto teorico che fonda questa distinzione tra tipologie di
responsabilità (contrattuale o extracontrattuale) viene individuato da
Cass. SU 9346/02 nella circostanza che, nel caso di autodanneggiamento,
manca il “fatto illecito” dell’allievo (violazione del precetto del
neminem laedere) e quindi la possibilità di addebitare all’insegnante
la responsabilità per fatto altrui.
Nel caso di autolesioni, semmai, l’insegnante è responsabile per fatto
proprio, consistente nel non aver impedito la condotta violando
l’obbligo di vigilanza.
Allorchè poi un alunno subisca un danno durante il periodo in cui è
affidato alla scuola, sia che gli venga procurato da altro alunno sia
che derivi da altra circostanza, vi è un concorso di titoli di
responsabilità: Cass. n. 3680 del 15.02.2011 (fatto relativo a morso di
un cane incustodito nel cortile scolastico) ha precisato che “il titolo
è contrattuale se la domanda è fondata sull’inadempimento all’obbligo
specificamente assunto dall’autore del danno di vigilare, ovvero di
tenere una determinata condotta o di non tenerla; extracontrattuale se
la domanda è fondata sulla violazione del generale dovere di non recare
danno ad altri. Quindi lo stesso comportamento può essere fonte per il
suo autore sia di una responsabilità da inadempimento, sia di una
responsabilità per fatto illecito… ed il danneggiato può scegliere, sia
di far valere una sola tra le due responsabilità, sia di farle valere
ambedue”.
Sul piano pratico, tra le due tipologie di responsabilità differiscono
i termini di prescrizione (10 anni per la responsabilità contrattuale e
5 per l’altra) e, astrattamente, i danni risarcibili (solo quelli
prevedibili nella responsabilità contrattuale, anche quelli
imprevedibili nella responsabilità aquiliana).
Quanto al regime probatorio, in entrambi i casi il danneggiato deve
provare il fatto lesivo e la circostanza che esso si è verificato
durante il periodo di affidamento dell’alunno alla scuola, mentre
incombe sul convenuto fornire la prova liberatoria. In proposito le
formule codicistiche usano espressioni diverse (nella responsabilità di
tipo contrattuale va provato che l’evento è derivato “da causa a lui
non imputabile”, nell’altro tipo occorre dimostrare “di non aver potuto
impedire il fatto”), ma, in concreto, la prova liberatoria in entrambi
i casi si sostanzia nella dimostrazione del caso fortuito, cioè della
non prevedibilità e non prevenibilità dell’evento con l’applicazione
della diligenza dovuta.
Come scrive Bianca (Diritto Civile –La responsabilità, Giuffrè 1994,
p.662) “la nozione di caso fortuito o forza maggiore nella
responsabilità extracontrattuale coincide con la nozione di causa
d’impossibilità rilevante nel tema della responsabilità contrattuale”.
Ciò è anche riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità: “sia che
si invochi la presunzione di re-sponsabilità posta dal comma 2
dell’art. 2048 c.c., sia che si configuri la responsabilità come di
natura contrattuale, la ripartizione dell’onere della prova non muta”
(Cass. n. 8067/2007 e Cass. 9325/2010); gravando comunque sul convenuto
l’onere di dimostrare di aver adottato tutte le misure disciplinari ed
organizzative idonee ad impedire l’evento.
E’ appena il caso di precisare che, stante l’art. 61 L. 312/1980,
il danneggiato non ha azione diretta contro l’insegnante, ma solo
contro l’Amministrazione la quale poi, in caso di dolo e colpa grave,
si rivarrà contro il personale scolastico attivando il giudizio davanti
alla Corte dei Conti.
Nel giudizio contabile, però, non può trovare ingresso alcuna
presunzione di responsabilità né inversione dell’onere della prova. Al
contrario, presupposto indispensabile dell’azione di rivalsa, come
detto, è l’esistenza quantomeno della “colpa grave” per la cui
sussistenza non è sufficiente la semplice violazione di una norma di
legge o di una regola prudenziale, essendo invece necessario che emerga
dalle circostanze concrete un accentuato grado di negligenza e
noncuranza degli obblighi di servizio e delle regole di prudenza.
La colpa grave postula sempre un comportamento connotato da un
disprezzo della norma di comportamento, da un profonda imprudenza di
condotta, talchè l’evento dannoso, sebbene non voluto, possa dirsi
facilmente prevedibile.
Infine va rammentato che una lesione di un alunno, sia autocagionata
che provocata da altri, può integrare il reato di lesioni colpose e
quindi anche una responsabilità penale, per omessa vigilanza, di cui
risponde personalmente e direttamente colui che aveva l’obbligo di
protezione.
Avv. Gianluca Dradi (da
http://www.dirittoscolastico.it/ )
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