Novità in vista anche
per il titolo di studio più ambito, la laurea. Venerdì prossimo il
Consiglio dei ministri affronterà il tema del valore legale della
laurea e del suo peso nei concorsi pubblici, ma alcune indiscrezioni
sono già trapelate. Tra i provvedimenti allo studio il primo, destinato
a scatenare polemiche, è quello di eliminare il valore legale della
laurea, ma sono attese molte novità. Una prima bozza è stata al centro
dell’incontro informale che Mario Monti ha tenuto con i suoi ministri,
Francesco Profumo (Istruzione), Annamaria Cancellieri (Interni), Paola
Severino (Giustizia), Filippo Patroni Griffi (Pubblica amministrazione)
e Lorenzo Ornaghi (Beni culturali e rettore della Università Cattolica
di Milano), ma di cosa si è parlato? Tante le novità che
riguardano il sudato titolo di studio e soprattutto nei concorsi
pubblici, dove, soprattutto per i
quadri, non ci sarà più il vincolo della laurea. Questo
significa che chi partecipa a un concorso può avere una laurea
qualsiasi, a eccezione dei casi in cui siano richieste competenze
tecniche (medici e ingegneri per esempio). A contare saranno i risultati emersi dal
concorso su cui non peserà più il punteggio della laurea.
Il punto più importante è
però il diverso accreditamento delle università: gli atenei non saranno
più sullo stesso piano, così come i titoli emessi che avranno valore in
base alla reputazione dell’ateneo.
Il valore legale così scomparirebbe o almeno si modificherebbe del
tutto: difficile che scompaia almeno per le professioni in cui è
richiesto dall’Europa (medici e architetti), ma se rimarrà sarà legato all’istituto
frequentato.
Il provvedimento sembra così rendere reale quello che in alcuni casi
già si sa: alcuni atenei sono più difficili, prestigiosi e validi di
altri. Prendere 110 e lode in
un’università di “medio o basso” livello non conterà più come ora:
meglio un 100 ottenuto in atenei di prima scelta. In attesa di scoprire
cosa deciderà il governo sorgono però spontanee alcune domande.
Come saranno valutati gli atenei? Il
compito spetta all’Anvur, l’Agenzia nazionale di valutazione del
Sistema universitario e della ricerca presieduta da Stefano Fantoni, ma
in base a quali criteri? Saranno considerati gli istituti o le singole
facoltà? Spesso accade che alcune facoltà siano tra le migliori in
Italia ed Europa anche in università più piccole e meno note. Chi deciderà che un 110 e lode preso in
un’Università non di “razza” non sia indice della bravura del singolo e
non di “programmi semplificati”?
Il mondo della ricerca e dell’Università ha sì bisogno di cambiare, ma
pensando alla qualità per il maggior numero possibile di istituti: la selezione non dovrebbe avvenire in base
a quale ateneo si frequenta, ma aumentando la difficoltà e la
competenza di tutte le Università.
Se da una parte il provvedimento, soprattutto per il suo legame con i
concorsi pubblici, potrebbe aprire qualche spiraglio di meritocrazia,
dall’altra potrebbe acuire i problemi del mondo universitario alle
prese con baronati e professori inchiodati alla cattedra.
In attesa di scoprire cosa ne sarà della tanto agognata laurea,
possiamo solo ricordare le parole di cui ci ha preceduto: “Studiate,
perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza” (Antonio Gramsci)
(da http://www.haisentito.it)
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