La denuncia di
Ernestina Sorgente, la moglie del docente precario che si è tolto la
vita perché non aveva avuto l’incarico: “Voleva riscattare la sua
dignità”. Storia di un uomo mite e gentile che non voleva deludere le
sue figlie e che per darsi la morte senza appello si è trasformato in
un leone.
Essere precari della scuola ma non solo può far sentire schiacciati
dalla violenza di un mondo che toglie e non dà. Non ha impiegato molto
a diventare un simbolo, Carmine Cerbera, che ha messo fine alla sua
vita a 48 anni stanco della ricerca di un impiego, di uno status per il
quale aveva pieno titolo ma che nessuno gli riconosceva. Per la sua
famiglia è difficile, ma il sacrificio del professore d’arte “deve
servire - dicono i parenti - Pianteremo un piccolo seme che possa
aiutare gli altri”.
È una via lunga e discreta, quella che porta alla moglie di Carmine,
Ernestina Sorgente, vigile urbano. Dapprima c’è solo l’immagine di una
donna che ha assistito all'amara fine del marito. Ma lei non c’è. Nel
piccolo parco di Casandrino con i cancelli tappezzati di manifesti che
annunciano che “Carmine Cerbera non è più”, al citofono non risponde
nessuno. Il silenzio del dolore è anche dei vicini. Si arriva a
Ernestina chiedendo di lei nei posti di polizia municipale dell'area
Nord. Finché la si incontra, nel soggiorno della casa dei genitori, con
la sorella Francesca e il fratello. Si è trasferita lì, “a casa non me
la sento di stare”. Vuole parlare, raccontare chi era Carmine e perché
tutto questo dolore. “Ci vogliono leggi che diano la precedenza a
entrare nella scuola a chi aspetta da anni. Carmine è morto di questo.
Di disillusione”. Dal corridoio sembra una bambina, una piccola treccia
di capelli, gli occhiali, il suo dolore si riesce a circondare con un
solo braccio. Riemerge lentamente, racconta con ordine, si abbandona al
pianto soltanto al ricordo di quella porta sfondata, attraverso cui ha
visto riverso suo marito. E la maniglia forzata dal compensato rotto,
“perché volevo soccorrerlo, pensavo a un malore, a un'emorragia, mai al
suicidio”. Le figlie sono dai parenti: Paola, 16 anni e il dolore muto
di adolescente. Rosa, 7 anni a febbraio, è tutta il padre, già disegna
bene e ha una forte inventiva: da venerdì la madre le telefona dicendo
che è in ospedale, dove Carmine è ricoverato per un incidente e lei
chiede “mi passi papà?”. “Mio marito era figlio di un operaio edile e
di una donna che si arrangiava lavando le scale dei palazzi. Da piccolo
passava vicino allo studio di un pittore di Grumo. Il suo lavoro gli
piaceva così tanto che scelse di andare al liceo artistico Palizzi. I
genitori si sono sacrificati ma l’hanno lasciato libero”. Alla parete,
una grande tela informale. I suoceri portano due opere che svelano un
attento disegnatore: una Madonna e un ritratto della moglie. Aveva
fatto diverse mostre, una anche alla Casina Pompeiana. Il diploma nel
1985, e gli studi in Accademia conclusi nel ‘91. Ma il concorso a
cattedre non viene bandito fino al 2001. “In quei dieci anni fa il
tagliatore e il confezionatore di abiti in una fabbrica tessile
prosegue Ernestina Abbiamo tentato anche un passaggio a Torino. Ho
lasciato marito e figlia per lavorare in una fabbrica di plastica. A un
certo punto Carmine mi ha raggiunto. Con i turni che avevamo, non ci
incontravamo mai. Così siamo tornati, lui ha ripreso a fare l'operaio e
io per quattro anni parttime in un callcenter della Wind”. Entrare
nella scuola? Impossibile: “Aveva titoli ma non punteggio. Ha tentato
più volte nelle scuole paritarie, ma non gli hanno aperto le porte.
Abbiamo fatto insieme il concorso nella polizia municipale, sono
entrata solo io, due anni dopo. Un suo amico che ha lasciato un
istituto privato per l'artigianato di Nola, lo ha spinto poi a
presentare la domanda. Lì ha accumulato punteggio e così ha potuto
ottenere qualche supplenza: 78 ore, mai un anno intero”. “Ha insegnato
allo scientifico di Frattamaggiore, a Sant'Antimo, anche all'Ipsia di
Scampia, dove i ragazzi si presentavano senza matite e carta da
disegno: glieli comprava sempre lui”. Un allievo a cui dava ripetizioni
diceva: “Ma perché a scuola non abbiamo professori bravi come lei?”.
Nel 2011 le ore di supplenza si riducono. “La riforma degli indirizzi
elimina l’educazione artistica da alcuni istituti. Carmine diceva
sempre: “la nostra materia dovrebbe essere insegnata alle elementari, e
la stanno facendo sparire”. L’odissea del precario mette a dura prova
la sua resistenza, ma lui continua a dare coraggio agli amici in
difficoltà. “Finalmente ha vinto un concorso nella polizia municipale a
Crispano - racconta Ernestina - ma gli hanno presentato un ricorso
contro, e ha perso. Una grossa batosta. Voleva entrare in un'impresa di
pulizie. Solo che non voleva emigrare, diceva che non avrebbe resistito
lontano da noi. Ma le preoccupazioni avanzavano: il futuro delle
figlie, un imprevisto come una malattia improvvisa. Ho tentato di
rassicurarlo. Lui mi aiutava in casa. Mi faceva trovare la cena. Diceva
“faccio il mammo”, ma aggiungeva: “Lo so che sei tu che porti i soldi a
casa”.
Così si arriva all’autunno e alla notizia del concorso che sta per
essere bandito. Intanto prende la laurea specialistica. Ma senza più
ottimismo. “Quando finiscono i sacrifici?”, si domanda. Riprendere i
libri a 48 anni, misurarsi con gli altri, seguire un corso, pagarlo.
Carmine già preparava i curriculum per altre aziende, ma quali e dove?
La mattina presto, venerdì, ha messo un'alfa e un’omega sull’ultima
tela che stava dipingendo, un crocifisso, nel cui centro ha scritto
“Carmine”. All'Accademia era bravo in anatomia, sapeva come ferirsi in
modo da non poter tornare. “Nella cappella del Policlinico dice
Ernestina insieme alla sua, c’erano altre tre bare: anche quella di un
ragazzo di Giugliano che si è ucciso per aver perso il lavoro. Nessuno
ne ha parlato. Mio marito ha voluto riscattare la sua dignità di uomo
continuamente calpestata. Anche col silenzio”.
Stella
Cervasio (Napoli – Repubblica.it)