Pensando ai tanti
sbarchi di immigrati nelle coste italiane e, soprattutto, nell’Isola di
Lampedusa, dove abbiamo "toccato con mano" la tragedia e la
disperazione di uomini, donne e bambini, che scappano dai loro paesi
dove imperversa la miseria e la guerra, voglio condividere la storia di
un incontro avuto tanti anni fa, con persone provenienti da luoghi
diversi. L’incontro è sempre un momento privilegiato, innanzitutto, di
conoscenza e di confronto, e poi di scambio di idee e di opinioni, che
possono essere anche diverse e che arricchiscono tutti. L’incontro è,
soprattutto, integrazione e comprensione delle ragioni dell’altro come
parti essenziali delle tue ragioni. E solo dopo un incontro che una
comunità, o una persona, può accettare di integrarsi con chi viene da
altre storie e da altri paesi.
Nel lontano dicembre 1990 ho ricevuto un invito a partecipare ad un
incontro presso una Comunità Cristiana di Catania. Ricordo che tra gli
ospiti di quella sera vi era un giovane originario dello Zaire che ci
ha raccontato le varie vicissitudini di vita nel suo paese d’origine e
nel lungo viaggio in giro per l’Europa, dalla Romania di Ceaucescu,
all’Italia della Prima Repubblica. Quella sera ascoltai con interesse,
e anche con tanta curiosità, quel giovane nero, di nome Kally, che
condivideva con i presenti il suo passato di giovane zairese, le sue
peripezie di migrante in Europa ed in modo particolare di "migrante con
la pelle nera" che si è trovato a vivere nella Romania sotto la
dittatura di Ceaucescu. Mi ha veramente "toccato il cuore" quel giovane
zairese, quella sera ha condiviso le sue ansie, la sua determinazione,
la sua fede; ha trasmesso a tutti la ferma convinzione e la volontà di
recuperare la sua identità e il suo cammino di fede. Quella sera ho
percepito l’unicità dell’essere umano, senza distinzione di pelle, di
razza, di sesso, di credo religioso, di provenienza etnica.
L’uomo è solamente uomo, con qualsiasi lingua e in qualunque latitudine
si trova. Mi ha colpito molto la serietà e la dignità di Kelly, e la
gioia di vivere che emanava la sua persona. Da quella riunione sono
rimasto talmente colpito che subito dopo ho scritto una poesia
intitolata, "Fratello nero", che ho pubblicato in un giornale locale.
Adesso posso dire con certezza che l’incontro di quella sera mi ha
cambiato la vita, il giovane Kally mi ha trasmesso il desiderio di
adoperarmi per la pace, l’uguaglianza, la fratellanza, la solidarietà
nel mondo intero. Ed ancora oggi, Kally, non più giovane, si trova in
Europa dove vive e lavora.
Quella serata mi è rimasta "impressa" nella mente, come un’esperienza
di incontro e di confronto, ma anche di integrazione e di condivisione.
Solo gli incontri con persone "vere" ci cambiano la vita, per sempre.
Senza guardare al colore della pelle, alla razza o alla provenienza
etnica e geografica.
Giuseppe Scaravilli
giuseppescaravilli@tiscali.it