La
scoperta del nuovo virus "Pithovirus sibericum" rimasto in letargo per
30.000 anni congelato e intrappolato all'interno di una cellula di
ameba del genere Acanthamoeba castellanii nel permafrost della Siberia
è stata pubblicata sulla rivista Proceedings of the National Academy of
Sciences (Pnas) dai ricercatori Jean-Michel Claverie e Chantal Abergel
del Centro Nazionale della Ricerca Scientifica (Cnrs) di Marsiglia. In
seguito all'inquinamento causato dall'uomo che ha determinato
l'innalzamento della temperatura del nostro pianeta e il conseguente
scioglimento dei ghiacciai, è stato possibile riesumare questo virus
ancestrale parassita all'interno delle cellule.
I Pithovirus, dal greco pithos l'anfora donata dagli dei alla
leggendaria Pandora, appartengono alla famiglia dei virus giganti. La
prima famiglia di virus giganti detti Megavirus fu scoperta circa 10
anni fa e successivamente nel 2013 fu scoperta anche la famiglia
"Pandoravirus", il Pithovirus ha caratteristiche intermedie tra i virus
appartenenti alle due famiglie citate e ha dimensioni enormi di circa
1,5 micrometri con un capside similicosaedrico e con un genoma a DNA
che codifica oltre 2000 proteine.
La notizia sembra essere degna di una storia di un libro di
fantascienza e ricorda ancora la possibilità di far rivivere la specie
estinta in seguito al rilevamento di pezzi di DNA come si racconta nel
film "Giurassic park". Il ritrovamento di questo virus cristallizzato
all'interno dell'ameba che scongelato è ancora attivo e infettante in
cellule coltivate in laboratorio farebbe pensare alla realizzazione di
una "ricetta di un disastro" di enormi dimensioni sul nostro pianeta.
Il virus scoperto, però, non infetta le cellule eucariotiche delle
specie animali superiori e quindi il parassita non può infettare
l'uomo.
Pithovirus sibericum è il prototipo di una nuova famiglia, la cui
struttura genetica ed il ciclo di riproduzione sono simili a quelli di
altri grandi virus alcuni molto pericolosi per l’uomo e per gli
animali. Infatti, ciò non esclude che altri microrganismi patogeni
rimasti per tanti anni nelle zone circumpolari in seguito al
cambiamento climatico e allo sfruttamento delle risorse del sottosuolo
in quelle regioni del pianeta potrebbero determinare, mediante un
adattamento alle nuove condizioni ambientali, una reale minaccia per
l'umanità.
Prof.ssa Francesca Condorelli
profcondorelli@hotmail.it