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Precariato: Scuola, la Corte Ue boccia l’Italia sui «precari a vita» - Tutti i passaggi di una sentenza storica

Rassegna stampa
Scuola, la Corte Ue boccia l’Italia sui «precari a vita»
La normativa italiana sui contratti di lavoro a tempo determinato nel settore della scuola è contraria al diritto dell'Unione. Lo ha stabilito la Corte di Giustizia Ue, che ha bocciato il sistema italiano delle supplenze, in quanto «il rinnovo illimitato dei contratti per soddisfare esigenze permanenti e durevoli delle scuole statali non è giustificato» (Leggi la sentenza). In base ad alcuni calcoli delle organizzazioni di categoria la sentenza potrebbe riguardare la stabilizzazione di 250 mila precari (con oltre 36 mesi di insegnamento nella scuola), con richieste di risarcimenti danni fino a 2 miliardi.
Corte Ue: rinnovo illimitato contratti scuola non giustificato
Secondo la Corte «l'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato non ammette una normativa che, in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali dirette all'assunzione di personale di ruolo delle scuole statali, autorizzi il rinnovo di contratti a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti e di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza indicare tempi certi per l'espletamento di dette procedure concorsuali ed escludendo il risarcimento del danno subito a causa di un siffatto rinnovo». Secondo la Corte la normativa italiana «non prevede criteri obiettivi e trasparenti al fine di verificare se il rinnovo risponda ad un'esigenza reale, sia idoneo a conseguire l'obiettivo perseguito e sia necessario a tal fine». Inoltre «non contempla neanche altre misure dirette a prevenire e a sanzionare il ricorso abusivo a siffatti contratti».
Sistema supplenze nel mirino della Ue
Sotto tiro è il sistema delle supplenze che provvede alla copertura dei posti effettivamente vacanti e disponibili entro il 31 dicembre mediante supplenze annuali «in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali». La Corte sottolinea tra l’altro che, sebbene il settore dell'insegnamento testimoni un'esigenza particolare di flessibilità, lo Stato italiano «non può esimersi dall'osservanza dell'obbligo di prevedere una misura adeguata per sanzionare debitamente il ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato».
Anief: stabilizzazione per 250mila precari e risarcimenti da 2 miliardi
Ora «250mila precari della scuola possono chiedere la stabilizzazione e risarcimenti per due miliardi di euro, oltre agli scatti di anzianità maturati tra il 2002 e il 2012 dopo il primo biennio di servizio e le mensilità estive su posto vacante». Lo scrive l'Anief, l'Associazione professionale sindacale commentando la decisione della Corte di giustizia europea. La Gilda degli insegnanti annuncia invece «subito una diffida al Governo e poi, entro dicembre, al via in tutta Italia le iniziative giudiziarie per la stabilizzazione dei precari.
Giannini: sentenza Corte Ue attesa, riforma governo è in linea
Il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini commentando a Radio 24 la sentenza della Corte di giustizia Ue, ha sostenuto che contenuti e i metodi della riforma della scuola (“La Buona scuola”) varata dal governo Renzi sono «perfettamente in linea, ma anche anticipatori rispetto a quello che ha indicato la Corte europea». Per il ministro, la sentenza «è un primo passo, peraltro atteso, ci sarà poi una presentazione in commissione delle misure che l'Italia ha attivato con una certa tempestività rispetto a questo tema che ci è noto e dalla cui consapevolezza siamo partiti e che ho definito una piaga e una patologia tutta italiana».
Flc-Cgil: sentenza Corte Ue su precari apripista per tutta Pa
Per la Flc-Cgil i precari che hanno superato i trentasei mesi di insegnamento a scuola potranno essere assunti e risarciti. E la sentenza della Corte Giustizia Ue è tanto più importante perché « è destinata a fare da apripista e dare una speranza alle centinaia di migliaia di precari che da anni coprono posti vacanti facendo funzionare le scuole, gli enti di ricerca, le universita' e tutte le pubbliche amministrazioni».

Scuola, la storica sentenza della Corte Ue sulle supplenze in Italia
La normativa italiana sui contratti di lavoro a tempo determinato nel settore della scuola è contraria al diritto dell'Unione. Lo ha stabilito la Corte di Giustizia Ue, che ha bocciato il sistema italiano delle supplenze, vediamo perché
Supplenze / Nomine entro il 31 dicembre
La normativa italiana prevede un sistema per la sostituzione del personale docente e amministrativo nelle scuole statali. Secondo tale sistema si provvede, in particolare, alla copertura dei posti effettivamente vacanti e disponibili entro il 31 dicembre mediante supplenze annuali «in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali».
Supplenze / I criteri per le nomine
Tali supplenze sono effettuate attingendo da graduatorie nelle quali sono iscritti in ordine di anzianità i docenti che hanno vinto un concorso, senza tuttavia ottenere un posto di ruolo, nonché quelli che hanno seguito dei corsi di abilitazione tenuti da scuole di specializzazione per l'insegnamento. I docenti che effettuano siffatte supplenze possono essere immessi in ruolo in funzione dei posti disponibili e della loro progressione in tali graduatorie. L'immissione in ruolo può anche avvenire direttamente in seguito al superamento di concorsi. Tali concorsi sono stati tuttavia interrotti tra il 1999 e il 2011.
Supplenze / I protagonisti della sentenza della Corte Ue
Le sig.re Raffaella Mascolo e Carla Napolitano, nonché altre persone, sono state assunte in istituti pubblici come docenti e collaboratori amministrativi in base a contratti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione. Esse hanno lavorato durante periodi differenti, fermo restando che non sono mai state impiegate per meno di 45 mesi su un periodo di cinque anni.
Sentenza Ue / Le richieste dei lavoratori e degli organi di giustizia italiani
Sostenendo l'illegittimità di tali contratti, detti lavoratori hanno chiesto giudizialmente la riqualificazione dei loro contratti in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, la loro immissione in ruolo, il pagamento degli stipendi corrispondenti ai periodi di interruzione tra i contratti nonché il risarcimento del danno subito. La Corte costituzionale, nonché il Tribunale di Napoli, chiedono alla Corte di giustizia se la normativa italiana sia conforme all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato e, in particolare, se quest'ultimo consenta il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili, in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali per l'assunzione di personale di ruolo delle scuole statali, senza la previsione di tempi certi per l'espletamento dei concorsi ed escludendo qualsiasi risarcimento del danno subito a causa di un siffatto rinnovo.
Supplenze / La sentenza Ue: premessa
Nella sua sentenza odierna, la Corte ricorda innanzitutto che l'accordo quadro si applica a tutti i lavoratori, senza che si debba distinguere in base alla natura pubblica o privata del loro datore di lavoro nonché al settore di attività interessato. L'accordo quadro si applica quindi ai lavoratori – docenti o collaboratori amministrativi – assunti per effettuare supplenze annuali nelle scuole pubbliche.
Supplenze / La sentenza Ue: l'accordo quadro e le sanzioni
Al fine di prevenire l'utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato, l'accordo quadro impone agli Stati membri di prevedere, in primo luogo, almeno una delle seguenti misure: l'indicazione delle ragioni obiettive che giustifichino il rinnovo dei contratti ovvero la determinazione della durata massima totale dei contratti o del numero dei loro rinnovi. Peraltro, al fine di garantire la piena efficacia dell'accordo quadro, una misura sanzionatoria deve essere applicata in caso di utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato. Tale misura deve essere proporzionata, effettiva e dissuasiva.
Supplenze / La sentenza Ue: le misure di prevenzione
La normativa italiana non prevede alcuna misura che limiti la durata massima totale dei contratti o il numero dei loro rinnovi; essa non prevede neanche misure equivalenti. In tali circostanze, il rinnovo deve essere giustificato da una «ragione obiettiva», quale la particolare natura delle funzioni, le loro caratteristiche o il perseguimento di una legittima finalità di politica sociale.
Supplenze / La sentenza Ue: quando il tempo determinato è legittimo
Secondo la Corte, la sostituzione temporanea di lavoratori per motivi di politica sociale (congedi per malattia, parentali, per maternità o altri) costituisce una ragione obiettiva che giustifica la durata determinata del contratto. La Corte rileva inoltre che l'insegnamento è correlato a un diritto fondamentale garantito dalla Costituzione italiana che impone allo Stato italiano di organizzare il servizio scolastico garantendo un adeguamento costante tra il numero di docenti e il numero di scolari, cosa che dipende da un insieme di fattori, taluni difficilmente controllabili o prevedibili. Tali fattori attestano una particolare esigenza di flessibilità, che può oggettivamente giustificare il ricorso a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato. Allo stesso tempo, la Corte ammette che, qualora uno Stato membro riservi, nelle scuole da esso gestite, l'accesso ai posti permanenti al personale vincitore di concorso, tramite l'immissione in ruolo, può altresì oggettivamente giustificarsi che, in attesa dell'espletamento di tali concorsi, i posti da occupare siano coperti con una successione di contratti di lavoro a tempo determinato.
Supplenze / La sentenza Ue: quando il governo italiano sbaglia
Tuttavia – contrariamente a quanto sostiene il governo italiano – il solo fatto che la normativa nazionale, che consente proprio il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura, tramite supplenze annuali, di posti vacanti e disponibili in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali, possa essere giustificato da una «ragione obiettiva» non è sufficiente a renderla conforme all'accordo quadro, se risulta che l'applicazione concreta di detta normativa conduce, nei fatti, a un ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato. Ciò si verifica quando tali contratti sono utilizzati per soddisfare esigenze permanenti e durevoli delle scuole statali in materia di personale.
Supplenze / La sentenza Ue: quando il governo italiano sbaglia, i dettagli 1
Orbene, la Corte rileva che, nel presente caso, il termine di immissione in ruolo dei docenti nell'ambito di tale regime è variabile e incerto, poiché essa dipende da circostanze aleatorie e imprevedibili. Infatti, da un lato, l'immissione in ruolo per effetto dell'avanzamento dei docenti in graduatoria è in funzione della durata complessiva dei contratti di lavoro a tempo determinato nonché dei posti che sono nel frattempo divenuti vacanti. Dall'altro lato, non è previsto alcun termine preciso per l'organizzazione delle procedure concorsuali. Ne deriva che la normativa italiana, sebbene limiti formalmente il ricorso ai contratti di lavoro a tempo determinato per provvedere a supplenze annuali per posti vacanti e disponibili solo per un periodo temporaneo fino all'espletamento delle procedure concorsuali, non consente di garantire che l'applicazione concreta delle ragioni oggettive sia conforme ai requisiti dell'accordo quadro.
Supplenze / La sentenza Ue: quando il governo italiano sbaglia, i dettagli 2
Inoltre, le considerazioni di bilancio non costituiscono di per sé, un obiettivo perseguito dalla politica sociale e, pertanto, non possono giustificare l'assenza di qualsiasi misura diretta a prevenire il ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato. Di conseguenza, la normativa italiana non prevede alcuna misura diretta a prevenire il ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato.
Supplenze / La sentenza Ue: le misure sanzionatorie
La normativa italiana esclude il risarcimento del danno subito a causa del ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato nel settore dell'insegnamento. Esso non consente neanche la trasformazione di tali contratti in contratti a tempo indeterminato. Il fatto che un lavoratore che abbia effettuato supplenze non possa ottenere un contratto a tempo indeterminato se non con l'immissione in ruolo per effetto dell'avanzamento in graduatoria è aleatorio e non costituisce quindi una sanzione sufficientemente effettiva e dissuasiva ai fini di garantire la piena efficacia delle norme adottate in applicazione dell'accordo quadro.
Supplenze / La sentenza Ue: le conclusioni
La Corte sottolinea che, sebbene il settore dell'insegnamento testimoni un'esigenza particolare di flessibilità, lo Stato italiano non può esimersi dall'osservanza dell'obbligo di prevedere una misura adeguata per sanzionare debitamente il ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato. Per tali motivi, la Corte giunge alla conclusione che l'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato non ammette una normativa che, in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali dirette all'assunzione di personale di ruolo delle scuole statali, autorizzi il rinnovo di contratti a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti e di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza indicare tempi certi per l'espletamento di dette procedure concorsuali ed escludendo il risarcimento del danno subito a causa di un siffatto rinnovo. Tale normativa, infatti, non prevede criteri obiettivi e trasparenti al fine di verificare se il rinnovo risponda ad un'esigenza reale, sia idoneo a conseguire l'obiettivo perseguito e sia necessario a tal fine. Essa non contempla neanche altre misure dirette a prevenire e a sanzionare il ricorso abusivo a siffatti contratti.

Enrico Bronzo
Ilsole24ore.com








Postato il Mercoledì, 26 novembre 2014 ore 21:41:07 CET di Antonia Vetro
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