Quando si dice che
gli studi umanistici, il liceo classico dunque, non sono "utili", non
sono "spendibili" in una società come quella odierna; quando invece si
dice che gli studi scientifici e la preparazione tecnica sono più
"utili", "spendibili", "professionalizzanti", io mi chiedo che cosa
vogliamo davvero diventare o che i nostri figli diventino. Gli studi
umanistici ci interrogano. Ci forniscono più domande che risposte. Se
lo fanno, non ci dànno risposte univoche ed esatte, e dunque ci
abituano all'ambiguità del vivere. Gli studi umanistici sono
principalmente le letterature. Greca, Latina, e le moderne. La
letteratura ci interroga. Sui nostri sentimenti, sulle emozioni, sui
rapporti che abbiamo con le cose, con le persone, i luoghi, sul senso
profondo dell'esistenza. Non serve a farci parlare in modo
grammaticalmente più corretto o a farci fare la bella figura in
società. Serve nel profondo. Cambia le ragioni per cui ridiamo o
piangiamo; cambia le motivazioni che ci spingono alla vita; cambia le
nostre scelte personali. Cambia tutto perché cambia noi. Quando i
genitori mi vengono a dire che gli studi umanistici non sono "utili",
"spendibili" nel mondo del lavoro, per esempio, io vorrei dire loro che
il lavoro non è ciò per cui dobbiamo vivere, è solo una delle cose per
cui viviamo. E che poi ci sono i sentimenti, le emozioni, gli ideali.
Che poi c'è la vita tutta e che la vita non è solo il lavoro. Che la
formazione professionale, scientifica o tecnica senza quella umanistica
fa dei nostri figli nient'altro che degli operai. Ad altissima
specializzazione magari, ma degli operai. E che prima ancora di fare
dei nostri figli dei "lavoratori", dovremmo volerne fare delle
"persone".
Domani si celebra in tutta Italia la NOTTE NAZIONALE DEL LICEO
CLASSICO. Ho 15 minuti per far capire per quale ragione, nel 2014
dovremmo ancora far studiare "Il Decameron " ai nostri figli. Ore 21.
Liceo "Spedalieri" di Catania.
Marta Aiello