Ancora 24 ore e
per i primi 1,1 milioni di alunni, quelli della scuola primaria,
mercoledì 3 maggio, scatteranno i consueti test Invalsi: si partirà con
le domande d’italiano, seguite, solo per gli studenti di seconda
primaria, da una prova di lettura della durata di due minuti. Il giorno
5 si replicherà con la matematica; per poi proseguire il 9 maggio con i
543mila ragazzi di seconda superiore, e chiudere il 15 giugno con i
571mila studenti di terza media (per loro è l’ultimo anno in cui
l’Invalsi fa parte dell’esame di licenza). Complessivamente, anche
quest’anno, si cimenteranno con i test oltre 2,2 milioni di alunni,
sparsi in quasi 24mila istituti (poco più di 116mila classi). L’Invalsi
invierà osservatori esterni in circa 750 scuole primarie, 1.200
superiori, non solo per “controllare” il regolare svolgimento delle
operazioni, ma anche, specie nella secondaria, «per poter stimare le
differenze tra macro-indirizzi», spiega il responsabile prove Invalsi,
Roberto Ricci.
L’agitazione dei sindacati di base
Con l’avvicinarsi dei test - un film che si ripete ogni anno - i
sindacati di base (Usb, Cobas, Unicobas) hanno indetto l’ennesima
giornata di sciopero (per il 3 maggio); e dagli insegnanti “più
radicali” è già partito il pressing per spingere genitori e studenti a
boicottare le rilevazioni nazionali. In realtà, già da diverso tempo (
a eccezione del 2015 quando la protesta del mondo della scuola fu molto
forte con mezzo milione di insegnanti in piazza - ma non per l’Invalsi,
bensì per contestare la riforma Renzi-Giannini all’ultimo miglio in
Parlamento) la partecipazione alle prove è sempre stata quasi totale:
nel 2016, per esempio, ricorda Ricci, «le prove sono state svolte dal
97% di istituti della primaria, e dal 91% di quelli della secondaria di
secondo grado, a testimonianza di come queste rilevazioni siano ormai
condivise da tutti, a partire dai professori, perché rappresentano
un’opportunità di miglioramento dei processi di insegnamento e
apprendimento dei ragazzi».
Per questo, dal prossimo anno, con un decreto attuativo della “Buona
Scuola” che entrerà in vigore in settimana con la pubblicazione in
«Gazzetta Ufficiale», l’Invalsi, dopo 10 anni, andrà incontro a una
mini-rivoluzione che porterà a completamento il disegno riformatore
sulla valutazione degli apprendimenti voluto nel 2007 dall’ex ministro,
Giuseppe Fioroni.
Le modifiche in arrivo
Le novità in arrivo sono tre e tutte di peso: due per i ragazzi, una
per i docenti. Oggi le prove, a carattere nazionale, in italiano e
matematica sono somministrate (Dpr 80 del 2013) solo in alcuni anni del
ciclo di studi: seconda e quinta primaria, terza media, seconda
superiore. In terza media sono inserite nell’esame di Stato e gli esiti
concorrono alla votazione finale del diploma.
Dal prossimo anno, il 2017/2018, si cambia: alla scuola media le prove
si svolgeranno entro il mese di aprile (alla primaria rimane tutto
invariato, cioè maggio). In terza media, quindi, il test non farà più
parte dell’esame di licenza, non inciderà sul voto finale del diploma e
gli esiti saranno inseriti nella certificazione delle competenze. A
fianco della prova di italiano e matematica, poi, in quinta primaria e
terza media, saranno introdotte, per la prima volta in Italia, prove
sulle abilità di comprensione e uso della lingua inglese, coerenti con
il Qcre per le lingue (Quadro comune di riferimento europeo).
Dal 2018-2019, è la seconda novità per gli studenti, i test in
italiano, matematica e inglese sbarcheranno anche in quinta superiore,
in aggiunta alle normali prove somministrate al secondo anno. Tali
verifiche si svolgeranno durante l’anno. I livelli di apprendimento
conseguiti e la certificazione dell’inglese saranno indicati, in forma
descrittiva, in una specifica sezione del curriculum dello studente
allegato al diploma finale di maturità. Per gli alunni di terza media e
quinta superiore la partecipazione alle prove sarà obbligatoria, pena
la non ammissione agli esami di Stato. In caso di assenze per gravi e
documentati motivi, valutati dal consiglio di classe, saranno previste
sessioni suppletive. I test, poi, saranno computer based, e ciò
«ridurrà i carichi di lavoro e gli aspetti adempitivi per i docenti -
aggiunge Damiano Previtali, a capo della direzione Valutazione del Miur
- rendendo le prove maggiormente flessibili e riducendo comportamenti
opportunistici, come il cheating» (l’aiutino degli insegnanti durante i
test).
Attività ordinaria per i docenti
La novità principale per i professori è che l’Invalsi diventa «attività
ordinaria d’istituto». Non sarà più, come adesso, volontaria, ma
rientrerà nei normali compiti del personale scolastico (ciò renderà più
difficili eventuali boicottaggi, dando ai presidi uno strumento in più
per garantire, da Milano a Palermo, il regolare svolgimento delle
prove).
Claudio Tucci
Ilsole24ore.com