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Costume e società: Luce sulle periferie. Il Papa a Bozzolo e a Barbiana

Redazione
Martedì 20 giugno 2017 papa Francesco si recherà in pellegrinaggio a Bozzolo (provincia di Mantova e diocesi di Cremona) e a Barbiana (provincia e diocesi di Firenze), per pregare sulle tombe di don Primo Mazzolari e di don Lorenzo Milani. La parabola di vita di don Lorenzo Milani è bella è complessa, affascinante e piena di profezia. In questi giorni molto si è parlato di lui; la sua figura e la sua opera è stata rivalutata da Papa Francesco e la sua visita il 20 giugno prevede un omaggio a Don Primo Mazzolari, a Bozzolo, e quindi a Barbiana , accende un faro di luce sulle periferie e si aprono nuovi orizzonti sulle nuove dimensioni sociali e pastorali della Chiesa di oggi. Questo duplice gesto, manifesta l'intento di Papa Francesco di richiamare l'attenzione sull'identità e la missione del prete e sul legame di questi con la gente affidatagli nel ministero parrocchiale".

Don Mazzolari e Don Milani sono sacerdoti "che hanno illuminato la storia del secolo scorso, in un cammino non facile di tensioni e incomprensioni con le strutture ecclesiastiche e civili, a causa della sua proposta educativa, della sua predilezione per i poveri e della difesa dell'obiezione di coscienza, rimanendo, però sempre fedeli a Cristo e alla Chiesa", come ha dichiarato il Card. Betori, arcivescovo di Firenze.

Il gesuita Padre Vanzan, che ha conosciuto da vicino il prete fiorentino e proprio il 26 giugno, ricorre il cinquantesimo anniversario della morte del priore di Barbiana, quello della prima pubblicazione di "Lettera a una professoressa".
"Don Milani arrivò a San Donato il 9 ottobre 1947, in una sera di fitta pioggia, e trovò ad accoglierlo il suono delle campane, don Pugi e una quindicina di giovani. Fin dall'inizio il suo obiettivo fu abbattere i muri divisori tra Dio e i non credenti, tra il Vangelo e i «lontani», tra il prete e i poveri, e capì subito che per raggiungerlo non doveva stare in parrocchia, ma andare a cercare gli «infedeli» nelle case, nelle fabbriche, nelle Case del popolo e farsi, come insegna san Paolo, «tutto a tutti» (1 Cor 9,22): non solo povero tra i poveri e orfano tra gli orfani, ma anche, in un mondo ormai avviato verso la guerra fredda, operaio tra gli operai e «comunista tra i comunisti».

Diventò missionario del Vangelo, girando con la bicicletta per le campagne e le fabbriche di San Donato, in gran parte operai nelle aziende tessili di Prato, ma anche contadini, muratori e artigiani -In quegli anni era forte la divisione politica tra democristiani e comunisti: i primi frequentavano la parrocchia, specialmente i circoli Acli, e i secondi, ben più numerosi, si riunivano nella Casa del popolo.
La sua prima preoccupazione fu quella di essere credibile agli occhi dei parrocchiani, e in tale ottica avvertì ben presto che i mezzi usati, specie per attirare i giovani, non erano quelli giusti. Non serviva il ping pong, né il pallone e ancor meno il circolo ricreativo per convincere un giovane a venire in parrocchia. Era necessario combattere la mancanza di cultura: vero ostacolo sia all'evangelizzazione, sia all'elevazione morale del popolo".

L'inquietudine del prete di Barbiana "non era frutto di ribellione, ma di amore e di tenerezza per i suoi ragazzi, per quello che era il suo gregge, per il quale soffriva e combatteva, per donargli la dignità che, talvolta, veniva negata".
"Lettera ad una professoressa",(1962) costituisce quasi il condensato della pedagogia di Don Milani, mette al centro lo studente che cresce e diventa uomo libero attraverso la cultura e l'apprendimento efficace, frutto di un insegnamento essenziale e ricco di motivazioni e di significati.
Si definisce la scuola quale "strano ospedale che cura i sani e manda via gli ammalati" e si valorizza la dimensione della relazione educativa che anima la vocazione pedagogica .
Come educatore ed insegnante Don Milani ha indubbiamente praticato percorsi originali, talvolta, forse, troppo avanzati e, quindi, difficili da comprendere e da accogliere nell'immediato. La sua educazione familiare, che proveniva da genitori non credenti e anticlericali, lo aveva abituato ad una dialettica intellettuale e ad una schiettezza che talvolta potevano sembrare troppo ruvide, quando non segnate dalla ribellione

Nel messaggio alla scuola italiana del 10 maggio 2014, Papa Francesco ha detto di Don Milani "La sua era un'inquietudine spirituale alimentata dall'amore per Cristo, per il Vangelo, per la Chiesa, per la società e per la scuola che sognava sempre più come 'un ospedale da campo ' per soccorrere i feriti, per recuperare gli emarginati e gli scartati.
Apprendere, conoscere, sapere, parlare con franchezza per difendere i propri diritti erano verbi che don Lorenzo coniugava quotidianamente a partire dalla lettura della Parola di Dio e dalla celebrazione dei sacramenti, tanto che un sacerdote che lo conosceva molto bene diceva di lui che aveva fatto 'indigestione di Cristo'".
Sono emblematiche le espressioni di don Milani: "Amo la scuola perché è sinonimo di apertura alla realtà. Almeno così dovrebbe essere! Ma non sempre riesce ad esserlo, e allora vuol dire che bisogna cambiare un po' l'impostazione.

Andare a scuola significa aprire la mente ed il cuore alla realtà, nella ricchezza dei suoi aspetti, delle sue dimensioni. E noi non abbiamo diritto ad aver paura della realtà! La scuola ci insegna a capire la realtà".
Tutto ciò è bellissimo! Nei primi anni di scuola si impara a 360 gradi, poi piano piano si approfondisce un indirizzo e infine ci si specializza. Ma se uno ha imparato ad imparare, questo gli rimane per sempre, rimane una persona aperta alla realtà! Questo lo insegnava anche un grande educatore italiano che era un prete: Don Lorenzo Milani.

Giuseppe Adernò








Postato il Sabato, 17 giugno 2017 ore 08:30:00 CEST di Giuseppe Adernò
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