Nascita, fasto e decadenza del valzer viennese Una cronaca tedesca del 1804 descriveva una coppia intenta a ballare il valzer «così strettamente allacciata» da volteggiare «in un atteggiamento sconvenientissimo». «La mano del maschio che tiene il vestito – continua piccante l’articolista – poggia ben ferma sul petto della donna premendo con lascivia ad ogni piccolo movimento». Le ragazze poi, nel frattempo, «avevano uno sguardo folle o sembravano prossime al deliquio». Con la Rivoluzione francese parecchi monasteri e chiese vennero trasformati dai contadini in sale da ballo. Vecchie danze europee definite ormai troppo “pettinate” vennero archiviate. Nell’aria, piuttosto, si respirava il desiderio per un ballo capace di esprimere passioni, emozioni e giochi d’amore. Il Landler, danza montanara tirolese all’origine del Walzer, proclama già nel '700 sensazioni come estasi e rapimento. Le truppe napoleoniche fecero poi il resto: portarono il valzer in giro per tutta Europa vincendo le resistenze dei moralisti. Lo imposero al punto da assicurargli una sopravvivenza ben più longeva di quella dell’impero napoleonico. «La restaurazione dei vecchi regimi – si legge nell’ABC del Ballo (Mondatori) – non significò il ritorno delle danze nobili». Re e regine furono vinti e conquistati dal valzer. La famiglia Strauss diventa la regina del valzer in tutta Europa, spingendo la propria fama sino in America. Attorno ai prolificissimi Strauss: Lanner e Liszt, Chopin, Czerny. Quindi, ancora al termine dell’Ottocento e poi agli inizi del Novecento, Debussy, Satie e Ravel. Ciascuno con il proprio contributo alla storia della musica attraverso la geniale rivisitazione di quella danza che solo alla fine del XVIII secolo veniva disprezzata così, in un libello attribuito niente meno che a Mozart: «Introduzione per comporre quanti Valzer si vuole per mezzo di due dadi, senza sapere nulla di musica o di composizione» Il periodo di massimo splendore del Valzer come ballo si ebbe con Strauss-figlio. Questi, da grande e raffinato artista qual era, si propose (riuscendovi in pieno) di adattare la musica del Valzer ai valori mondani del suo tempo. Con tale intento si allontanò sempre di più dalla dimensione classica di Beethoven o romantica di Weber e Schubert per creare una sintesi perfetta tra momento musicale e momento coreico (Alla famiglia STRAUSS dedico un intero paragrafo all'interno della sezione TEORIE A CONFRONTO). Fin dal 1800 Vienna tributò grande successo a questo genere musicale che in realtà rappresentava la fedele interpretazione della sua mondanità. Le varie trasformazioni ed elaborazioni tecniche che hanno fatto del Valzer il ballo che oggi conosciamo sono nate nella capitale asburgica. Ricorda Rémi Hess che "ai tempi del Congresso di Vienna, la danza riveste una grandissima importanza. I nobili europei sono ben decisi a riprendere al popolo tutte le libertà che ha conquistato dal 1789; ma al tempo stesso, ballando il valzer, assaporano il piacere di trasgredire alle regole della loro classe". "Il Congresso di Vienna ridisegna i nuovi confini dell'Europa. Al tempo stesso si trasforma però in un enorme corso di ballo, della durata di cinque mesi, e rappresenta lo strumento di istituzionalizzazione del valzer in tutti i paesi europei". (Hess Rémi, Il valzer. Rivoluzione della coppia in Europa, Torino, Giulio Einaudi, 1993, (traduzione di Eliana Vicari