Viene applicato, invece. Malati e persone appena operate vengono messi fuori dagli ospedali in due-tre giorni: magari da un punto di vista medico è una cosa possibile, ma l’ambiente domestico può presentare (presenta, di solito) inconvenienti non trascurabili. Gli uffici pubblici, nonostante Brunetta, impongono attese superlunghe, esasperanti: gli impiegati sono troppo pochi. Non parliamo degli aeroporti: il taglio del personale li ha trasformati in un inferno caotico che spaventa turisti e italiani; e pure le ferrovie non scherzano, come la scuola.
Tutto inutile, tra l’altro: i conti pubblici e aziendali vanno comunque male, i risparmi sulla pelle della gente servono poco. Si capisce che da noi possono esserci state invenzioni e distribuzioni di posti di lavoro per motivi clientelari, che a volte la quantità dei personale è discutibile. Si capisce che si cerchi di ovviare a un simile inconveniente. Ma non si può eleggere questo a unico criterio, a spese di bambini, malati, lavoratori, turisti e viaggiatori. Il bilancio in pari, come dice il Papa, non è una divinità da venerare, è un risultato da ottenere razionalmente, una necessità che non ci faccia diventare un Paese mediorientale di fame, ignoranza e caos, una prova di capacità manageriale e organizzativa.
Ma se elimini i lavoratori, tagli le spese e basta, dove sta l’abilità? Semplicemente fai pagare gli errori ai cittadini, rischiando che i piccoli restino somari, che i malati muoiano e che gli inglesi non si facciano più vedere. È rischioso pure per i dirigenti: si sa che se le cose non vanno il sistema adotta l’unica risorsa di sostituire il responsabile del settore, e non si sa più per chi suona la campana.
Postato il Giovedì, 17 settembre 2009 ore 16:19:56 CEST di Maria Allo |
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