Tuttavia, forse non tutti hanno rilevato come
l’attribuzione di poteri più ampi al dirigente dell’ufficio, scolastico
nel nostro caso, non sia altro che un modo di spostare ma non risolvere
il problema. E’ vero che si danno un
carico ed una responsabilità dirette al dirigente ma non so fino a che
punto ciò sia un bene per ambo le parti. Per un verso è vero
che il dirigente scolastico essendo a stretto contatto col
dipendente può valutarne meglio il rendimento, dall’altro, però, il rischio è che proprio tale stretto
rapporto possa in parte deformare un’oggettività valutativa
che è l’obiettivo fondamentale a cui ogni legge che tende ad
ottimizzare il rendimento e la qualità del lavoro dovrebbe avere sempre
tendere.
Tecla Squillaci
Il DLGS n.150 del 27/ 10/09 è un decreto legislativo
attuativo e perfezionante la legge 15 del 2009 sull’ottimizzazione del
lavoro nella PA. Essendo un decreto legislativo è una legge di
natura sostanziale e non formale; ovvero disciplinata dal Governo
su delega del Parlamento così come sancito dall’art. 76 della
Costituzione.
Il Dlgs 27/10 09 è già stato approvato, promulgato dal Presidente
della Repubblica e pubblicato sulla G.U del 31/10/09.
Fermo restando che sulle leggi già approvate si può soltanto presentare
ricorso alla Corte Costituzionale ,nella misura in cui se ne ravvisano
elementi d’incostituzionalità e poco altro ancora fare se non
l’esercizio di quel particolare potere “passivo” riconosciuto al popolo
cioè di proporne l’abolizione attraverso il referendum come stabilito
dall’art. 75 della Costituzione, vorrei puntualizzare alcune sintetiche
riflessioni in merito.
Innanzittutto, dall’analisi di questo decreto legislativo quello che
colpisce maggiormente è la frattura che esso apre nei confronti di
quella tendenza precedente al lavoro “contrattualizzato” così
come venne avvalorata dal giuslavorista Massimo D’Antona; cioè di
un rapporto di lavoro basato in prevalenza sui principi del diritto
privato, quindi di natura pattizia, con la partecipazione della
contrattazione collettiva. Quest’ultima, invece, nel presente decreto,
assume un valore sempre più residuale con un ampio
ridimensionamento del suo ruolo e la nascita di non poche
problematiche sull’attribuzione dei ruoli nel pubblico impiego. In
primo luogo, il presente decreto legislativo tiene conto di mettere in
stretta relazione lo stipendio accessorio ( non quello fondamentale)
con le perfomances, ossia col rendimento d'ogni singolo lavoratore. E
qui bisogna sottolineare la sottile soglia che distingue una giusta e
sacrosanta “scrematura”, che deve avvenire a tutti i livelli della
PA, e un possibile e rischioso scivolamento verso un forma
quasi discriminatoria degli stessi lavoratori. La qualità e il
rendimento sul lavoro sono componenti, nel mondo della scuola come
altrove,che vanno monitorati costantemente, che non possono adagiarsi
su cliches di titoli acquisiti una tantum e pertanto cristallizzati in
“privilegi”. Ciò vale a dire che bisognerebbe un po’ acquisire di quel
sano senso di pragmatismo anglosassone per cui non è tanto importante
ciò che hai “sulla carta” ma quello che sei e che sai fare e come lo
sai fare, giorno dopo giorno. La discriminazione, in tal senso, è il
rischio che può avvenire, al contrario, nel momento in cui
non si tenga conto di tali e concreti strumenti di monitoraggio
che, per ovvi motivi, possono ben difficilmente essere affidati alla
pura discrezionalità di una sola persona. Del resto, questo modello è
già stato superato del tutto persino in seno allo stesso lavoro privato.
La natura complessa dei rapporti dei lavoro, tutti, richiedono
parimenti una complementarietà di sistemi di analisi di effettivo
rendimento; di una più attiva partecipazione alla gestione di un
ufficio come di un’azienda in cui più che il principio sanzionatorio
deve vigere soprattutto quello della compartecipazione e del
coinvolgimento. Fermo restando che le sanzioni debbano essere
applicate , ed anche in modo rigido, laddove persistano reiterate
condizioni di violazioni contrattuali o di persistente
inadempienza.
Tuttavia, forse non tutti hanno rilevato come l’attribuzione di tali
poteri più ampi al dirigente dell’ufficio, scolastico nel nostro caso,
non sia altro che un modo di spostare ma non risolvere il problema. E’
vero che si danno un carico ed una responsabilità dirette al dirigente
ma non so fino a che punto ciò sia un bene per ambo le parti. Da una
parte è vero che il dirigente scolastico essendo a stretto
contatto col dipendente può valutarne meglio il rendimento, dall’altra,
però, il rischio è che proprio tale stretto rapporto possa in
parte deformare un’oggettività valutativa che è l’obiettivo
fondamentale a cui ogni legge che tende ad ottimizzare il rendimento e
la qualità del lavoro dovrebbe avere sempre tendere.
Infine, così come stabilito dall’art. 63 del precedente Dgls 165/01, la
competenza sulla legittimità d’ applicazione delle sanzioni
rimane al giudice ordinario del lavoro con l’ovvio timore di una
crescita esponenziale di contenziosi che andrebbero ulteriormente ad
intasare il nostro apparato giudiziario.
Tecla Squillaci
stairwayto_heaven@libero.it