IL ROCK D'AVANGUARDIA E IL SORRISO DELLA LUNA
di Francesca Ferrando
di Francesca Ferrando
Storia della Fanciulla Aranciata
Susanna, la bambina aranciata di una vecchia canzone di Vasco Rossi, ormai è cresciuta e vuole fare la cantante. Vuole suonare, comporre, strillare nel microfono, vuole sperimentare punk e rock. Il padre è nato in altri tempi, e se pur si adegui ai gusti moderni, una ragazza che strimpella note alla Sid Vicious proprio non ce la vede. La luna guarda silenziosa, e senza nulla dire si ricorda di un'altra storia, un altro sguardo triste di una bambina orientale…
Tokyo, 1946. Yoko Ono, artista a tutto tondo divenuta in seguito moglie di John Lennon, ancora ragazzina rivela al padre, che la sta invitando a lasciar perdere di suonare il pianoforte, "Beh, in effetti voglio diventare compositrice". Silenzio, poi la voce seria risponde: "Non ci sono molte donne compositrici nel mondo, Yoko, e forse c'è una ragione, forse il problema sta nell'attitudine delle donne. So che tu sei una ragazza intelligente e di talento, ma non voglio che ti debba affannare invano". Quasi sessant'anni dopo, nel 2001, mentre Susanna nella sua stanza illuminata dalla luna ascolta un pezzo rabbioso e stridente di Lydia Lunch, a New York una massa di fan e curiosi visita la mostra "Yes, Yoko Ono", dedicata all'artista giapponese ormai riconosciuta a livello mondiale, che ha sperimentato in modo stranito e geniale tutti i campi dell'arte, dalla musica alla pittura, dalla scultura alle installazioni, attraverso happening in cui rarefazione e pazzia si stringono in un infinito canto di liberazione. Ma allora quell'"attitudine" così insinuante, cui accennava il padre di Yoko, è solo il frutto di una mente lacerata dal tempo e dai pregiudizi, o c'è qualcosa di più dietro le parole di un uomo maturo che ama la propria figlia, ma che vuole evitarle il dolore di "affannarsi invano"?
Madri Rockettare
Texas, primi anni Sessanta. Una ragazza esuberante e in cerca di libertà abbandona la sua città natale, Porth Arthur, alla volta di Austin e, quindi, di San Francisco. Da quella terra desolata e industriale in cui nacque, Janis porterà via con sé la straordinaria carica del blues: nelle grandi cantanti afroamericane del passato, come Bessie Smith e Odetta, che esprimevano i loro tormenti amorosi con fiera sincerità, Janis riconobbe le proprie madri spirituali. Il suo è un rock isterico e passionale, dove la voce tocca picchi così alti da poter essere paragonata solo alle strilla isteriche e addolorate della chitarra di Jimi Hendrix, suo contemporaneo e amico. Allo stesso momento storico appartiene un'altra grande madre del rock: Grace Slick, la cantante dei Jefferson Airplane, compositrice di uno dei brani più famosi del gruppo, "White Rabbit", rilettura psichedelica della favola "Alice nel Paese delle Meraviglie". Non avendo una vera preparazione musicale, Grace formò il proprio stile canoro imitando il suono della chitarra elettrica. Questo suo desiderio di sconfinata esplorazione la portò presto ad essere considerata un'icona del rock psichedelico, anche se lei, umilmente, affermerà di ricevere tutta l'attenzione da parte dei media in quanto unica donna del gruppo. Ed effettivamente di donne, nel primo rock anni Sessanta, ce ne sono poche. L'ambiente è ancora prettamente maschile e maschilista: l'unico ruolo che viene loro concesso è quello corale nella musica vera e propria, e quello di "groupy" nell'entourage dell'industria del suono, ossia le ragazze-fan che seguivano i big per sedurli, talvolta con riuscite svolte romantiche, come nel caso di Linda e Paul Mc Cartney.
Menestrelle e figlie dei fiori
Sit in e chitarre, musica tradizionale e messaggi rivoluzionari, anni Sessanta. Joan Baez, la madre del folk impegnato, dalla voce intensa e piena di sentimento, protegge e incoraggia Bob Dylan agli inizi della sua carriera. Il suo notevole impegno politico, che al contrario di Dylan continua tutt'oggi, dando voce alle istanze delle fasce sociali più emarginate, ha portato la cantante a destinare un ruolo di secondo piano alla ricerca artistico-musicale, a differenza di un'altra cantautrice considerata la massima esponente del "folk confessionale": Joni Mitchell. Musicista canadese dalle liriche intense e sincere, oltreché poetessa e pittrice, Joni ricorderà come proprio il superamento della poliomelite, che la colpì a nove anni, le fece sviluppare una profonda sensibilità artistica, incoraggiata da un insegnante di scuola che soleva ripeterle: "Se puoi dipingere con un pennello, puoi farlo anche con le parole". Pur avendo disertato all'ultimo momento il concerto di Woodstock (1969), l'artista incise la celeberrima canzone omonima che venne poi inserita nella colonna sonora del film-documentario. All'incredibile e piovoso week-end musicale partecipò anche una giovanissima Melanie Safka, cantando con la sua voce roca e preziosa "Beautiful People", belle persone, quasi un canto del cigno di quella generazione che vide in Woodstock il suo ultimo grande sboccio.
Pink Punk
New York anni Settanta, la luna in bilico fra "tre corde rock che emergono con il potere della parola". Patti Smith, che definisce così la propria musica, sta suonando; lei, scrittrice, pittrice, giornalista, permea di poesia e letteratura ruvide note punk. A stendere un velo di mistero e oscurità su questo stile arrabbiato ci pensa Siouxsie Sioux, una versione ossianica di Patti, che esordisce accanto al batterista dei Sex Pistols in un concerto punk londinese del 1976: la musica di Siouxsie and the Banshees, dai testi arcani, melodie ipnotiche e atmosfere tenebrose, segnerà la storia del nascente stile dark. Ma nonostante il contributo femminile al suo sviluppo, il punk continuava a essere un genere prevalentemente maschile, con messaggi al limite della misoginia. A rivendicarlo in modo esplicito e belligerante è il movimento delle riot grrrls. Olympia, stato di Washington, anni Novanta, un gruppo di ragazze dall'attitudine anarchica e combattiva decidono di far propria la massima punk "fa ciò che vuoi", e si mettono a comporre e a suonare musica tutta al femminile: scritta da donne, suonata da e per le donne, prodotta da etichette indipendenti, per un'abolizione totale di gerarchie stabilite su valori maschilisti. Il movimento delle riot grrrls, da cui provengono gruppi come le Bikini Kill (rese famose sull'onda della popolarità dei Nirvana) non rivendica solo la musica come campo d'espressione artistica, ma anche il suo aspetto meramente produttivo. Attraverso le fanzine - riviste autoprodotte, dalla forma grafica grezza, col proposito di spezzare e disprezzare i monopoli dell'informazione - le giovani punk si incoraggiano a formare gruppi ed etichette indipendenti, con spiegazioni brevi ed approssimative che lasciano largo spazio all'iniziativa personale. Proprio attraverso queste fanzine il movimento delle riot grrrls si diffonde in tutti gli Stati Uniti e, in seguito all'interessamento dei media, in tutto il mondo, segnando però la fine del movimento stesso, contrario per definizione al circuito commerciale. Il messaggio che queste giovani donne hanno gridato a squarciagola in modo aggressivo e maleducato, come una fanciulla "non dovrebbe fare", consiste nell'incoraggiare tutte le donne del mondo a impossessarsi della musica (dal rock al jazz, all'avanguardia), a cimentarsi con ogni strumento (dal basso alla batteria), oltreché ad autoprodursi.
Sperimenta-zione
Già prima della comparsa delle riot grrrls, la luna aveva gustato le grevi note di un basso suonato per mano di donna. New York anni Ottanta, i Sonic Youth - la cui bassista e cantante Kim Gordon incoraggerà la formazione e l'esordio del gruppo Hole (tra i cui componenti Courtney Love, futura moglie di Kurt Cobain) - rivoluzionano il concetto di musica, introducendo nei propri brani rumori sporchi, non necessariamente provenienti da strumenti musicali: nasce il rock noise sperimentale. Tra suoni astratti e rumori evocativi si muove la ricerca di un'altra artista, Laurie Anderson, che negli anni Settanta suonava il violino su un pezzo di ghiaccio finché questo non si scioglieva, e definiva il linguaggio "un virus proveniente dallo spazio profondo". Oggi, accanto al teatro, alla scultura, alla pittura e alla poesia, l'artista utilizza le nuove tecnologie - dalla proiezione di immagini alla musica elettronica - riscoprendo, contemporaneamente, gli strumenti tradizionali.
E se domani…
L'epoca contemporanea ha visto moltiplicarsi il numero di donne che impreziosiscono e rivoluzionano la scena musicale. A partire da Beth Gibbons, cantante dei Portishead, che con l'album di debutto "Dummy" (1994) diede un apporto decisivo all'allora nascente trip hop, stile musicale dal battito lento, corde jazz e contaminazioni psichedeliche, in seguito arricchito da suoni di fate e folletti islandesi nell'opera dell'artista Bjork. E poi PJ Harvey, Ani Di Franco, Tori Amos, artiste schiette e sincere che hanno conquistato il grande pubblico con la loro innovativa forza creatrice, mentre il canto di Skin degli ex Skunk Anansie si caratterizza per tonalità iper aggressive e piene d'energia. Anche la scena nostrana è segnata da inconfondibili voci di donna: se gli anni Settanta si scioglievano sulle languide note di Patty Pravo, oggi le sillabe incatenate delle canzoni di Carmen Consoli, peraltro composte da lei, hanno rinfrescato lo stile nazionale, ispirando moltissime giovani cantautrici.
E se domani Susanna ci provasse davvero a formare la sua banda punk al femminile? La bambina aranciata, ormai donna, ha scoperto che suo padre aveva ragione: a cantare lei non è portata. Adesso suona la batteria, tiene sempre il ritmo col piede seduta sul pullman, e mentre scruta l'amica luna che, vibrante nel cielo, le sorride morbida e rappacificata, si ricorda di una canzone lontana, aspra e combattiva, che soleva accompagnarla nei lunghi pomeriggi passati accanto al suo vecchio giradischi: "Try, try, try just a little bit harder"…