I poeti possiedono una particolare malinconia, quasi un disagio interiore che li spinge a dialogare con il loro Io e a far emergere sensazioni ed emozioni che inevitabilmente riportano i lettori a quei concetti di umanità, di comunioni di destini, di fugacità del tempo, di bellezza e dolore della vita, che cancellano la patina opaca del miraggio quotidiano di un esistenza preconfezionata per ritornare ad essere se stessi.
E’ una breve parentesi di consapevolezza, quasi di auto confessione, che porta a uno stato di serena malinconia per la gioia di accorgersi di esistere e per il timore dell’inevitabile fine.Non c’è nessun romanzo che possa donare con poche parole e in così breve tempo un’esperienza del genere; bastano pochi minuti e si entra in un'altra dimensione:
Finita è la notte e la luna / si scioglie lenta nel sereno, tramonta nei canali. /….(da Ora che sale il giorno, di Salvatore Quasimodo)
Meriggiare pallido e assorto / presso un rovente muro d’orto, / ascoltare tra i pruni e gli sterpi / schiocchi di merli, fruscii di serpi. /…(Da Meriggiare – Ossi di seppia, di Eugenio Montale)
Amici ci aspetta una barca e dondola / nella luce ove il cielo s’inarca / e tocca il mare, volano creature pazze ad amare / il viso d’Iddio caldo di speranza…/ (Da Alla vita, di Mario Luzi)
Come questa pietra / del S. Michele / così fredda / così dura / così prosciugata / così refrattaria / così totalmente / disanimata / Come questa pietra / è il mio pianto / che non si vede / La morte / si sconta / vivendo (da Sono una creatura, di Giuseppe Ungaretti)
Sono pochi versi, anzi parti di poesie di quattro grandi autori, sono doni che si offrono di per se stessi. In cambio non chiedono nulla, se non la speranza che in noi lettori per poco, per un minuto, per un istante, si accenda il sorriso dell’anima.
Questa è la magia della poesia, unica, incommensurabile, di un valore tale da non avere prezzo.
Ma eccovi l'articolo
Nella triste Lisbona il giovane Changuito ha aperto una libreria dove vende solo versi: un negozio interamente dedicato alla poesia internazionale
Centro storico di Lisbona
Portami nel luogo più triste di Lisbona, ho chiesto a una studentessa della capitale portoghese quando si è offerta di farmi girare la città.
Ogni città ha la sua dose di tristezza. La tristezza di Bombay è negli occhi dei suoi bambini, e te ne accorgi subito già percorrendo il tragitto dall'aeroporto all'hotel e incontri gli occhi di quei bambini che corrono e vengono a chiederti l'elemosina contro i vetri del taxi. Una grande tristezza è scesa anche sulla città di New York quell'11 settembre 2001, una tristezza dai cui postumi la Grande Mela sta ancora cercando di guarire.
La tristezza di Lisbona è la tristezza dell'impero perduto. Questa è la città da cui diversi navigatori salparono alla conquista del mondo. Oggi è una città che conta mezzo milione di abitanti, considerata di secondo ordine in un continente che non domina più il mondo. È questa la tristezza che descrive il grande poeta portoghese Fernando Pessoa: "Aggiustiamo il passato / come si aggiusta un vestito / Nell'inquietudine che la quiete deve portare nelle nostre vite / Quando tutto ciò che facciamo è pensare a ciò / che eravamo, e fuori / c'è solo la notte".
È risaputo che la poesia è la forma espressiva che meglio comunica la tristezza. Quindi non c'è da meravigliarsi che la città più triste d'Europa che io abbia mai visto abbia anche compiuto lo sforzo più donchisciottesco in cui io mi sia imbattuto negli ultimi anni.
A Lisbona ho incontrato un giovane di nome Changuito, che lo scorso novembre ha aperto una libreria che si chiama Poesia Incompleta interamente dedicata alla poesia. La libreria consta di due stanze e un giardino; nelle due stanze ci sono scaffali pieni di libri di poesia e, dietro i libri, scatoloni pieni di volumi di poesia non catalogati.
Il negozio non vende nessun altro tipo di libri
: niente fiction, non fiction, niente cd, niente giochi, caffè, vino, musica dal vivo, nulla, nessun happening. È un negozio che si frequenta solo se si ama la poesia, ci si siede all'interno o nel giardino e si leggono libri che Changuito e la sua fidanzata comprano durante i loro viaggi in giro per il mondo.
Per me una libreria, che si trovi a Bombay, Roma o New York, passa l'esame in base alla sua sezione di poesia. È da quel reparto che si può capire se il proprietario è lì per passione o per avidità di ricchezza. La maggior parte delle grandi catene di librerie americane relegano la poesia nel retro o nel seminterrato del negozio, come se fosse un segreto colpevole. La poesia non porta soldi a nessuno; è un dono. Da questo punto di vista, la libreria di Changuito è un vero tesoro, un concentrato di doni. Mi ha fatto piacere vedere, ad esempio, sul sito Internet del negozio (http://www.poesiaincompleta@blogspot.com), il miglior libro di poesia indiana in lingua inglese degli ultimi anni: 'Jeuri' di Arun Kolatkar. È la sola libreria interamente dedicata alla poesia che io abbia mai visto.
Ma chi legge poesia di questi tempi? Tutti noi. Ogni volta che ascoltiamo musica pop, ascoltiamo il testo, un'elegante condensazione di esperienza dentro il linguaggio. Dio ci parla esclusivamente in versi. Quando ci rechiamo in chiesa o in una moschea o in un tempio, le scritture che ascoltiamo o gli inni che cantiamo sono tutti scritti in metri. La poesia ci plasma più di quanto immaginiamo e siamo pronti a riconoscere.
La studentessa cui ho dato l'incarico di portarmi nel luogo più triste di Lisbona mi ha accompagnato, com'era prevedibile, in un piccolo ristorante dove suonano il fado, quella musica esclusivamente triste che parla di perdita. Ma la libreria Poesia Incompleta è un luogo ancora più triste - e non intendo una tristezza nel senso tragico del termine. Il negozio è pieno di saudade, la tristezza nostalgica - quella che lo scrittore turco Orhan Pamuk chiama 'huzun', o malinconia, "uno stato d'animo che in definitiva afferma e nega la vita contemporaneamente". Quando ci penso ora, l'impresa impossibile di Changuito nel centro di quella dolorosa città, mi rende inesplicabilmente felice.