Ma chi è Nazhim Kalim Dakota Abshu.
Nato a Tunisi nel 1900 da una famiglia di commercianti che praticava il mestiere di tessitori di tappeti, e poi mercanti di stoffe e di tappeti. Della sua vita si sa molto poco. Vissuto per i primi venti anni a Tunisi. Si è formato, come già sottolineato, alla scuola dei sufi, ma è stato un autodidatta ed è stato un grande lettore di testi cristiani occidentali e indiani. Portava con sé spesso sia i Vangeli Apocrifi che le Lettere di San Paolo. Ha studiato con attenzione la storia degli indiani d’America approfondendo il rapporto tra Occidente ed Oriente. Grazie ad una lettura della cultura del popolo indiano dei Dakota
Ha scritto poesie e testi in prosa. Molta della sua produzione è andata smarrita. All’età di trent’anni va in Francia, poi in Italia e nuovamente a Tunisi. Lascia definitivamente la Tunisia intorno agli anni Quaranta e si stabilisce prima a Istanbul e successivamente a Nizza, dopo aver viaggiato e conosciuto i luoghi del Mediterraneo: “Solamente per amore ho vissuto la chiamata/e non mi sono accorto dei luoghi che mi hanno ospitato”.
Ha approfondito gli studi sulla cultura sciamana, ma la sua vera passione è rimasta sempre la poesia ed è stato sempre convinto che il vero poeta deve essere anche uno sciamano e che la poesia è una grazia e non è mai costruzione.
Pierfranco Bruni insieme al Batkiscima di Tetovo, in Macedonia.
Le sue poesie rispecchiano questa visione della vita che ha un marcato senso della spiritualità e di un misticismo che rimanda sia alla fede cristiana sia il pensiero gibraniano vero e proprio con precisi inserti alla cultura del misticismo islamico. Non ha mai accettato la religione o le religioni in visioni assolutizzanti e tanto meno è stato colpito dalla cultura cattolica. Ma non si è neppure posto davanti alla questione con delle certezze precostituite.
Ha sempre seguito l’illuminazione dettata dal mistero della creazione. Il suo perno centrale è stata la figura di Cristo e della Croce cercando di interpretare la fede con il mistero degli sciamani e con la dimensione mistica dei dervisci. Forse una contraddizione che lo ha posto però sempre in ascolto e mai nel definire verità. Ha lasciato alcuni testi in prosa inediti e libri di poesie. Ha scritto anche in lingua italiana.
È morto a Nizza, improvvisamente, la notte di Natale del 1955. Un mistico che ha abbracciato la fede e il pensiero in una tensione spirituale che lo ha posto al di fuori di qualsiasi teologia, perché il poeta non ha teologie ma soltanto si lascia nutrire di schegge di mistero e di una sottile alchimia che si testimonia tra la parole e la sua presenza nella vita.