Nell’ambito delle
responsabilità disciplinate dal d.lgs 165/01 nonché dalla legge 15/09
si evidenziano cinque tipologie di comportamenti
sanzionabili per la specifica rilevanza giuridica che rivestono.
Tali responsabilità, senza distinzione alcuna rispetto al ruolo che chi
le commette rivesta ( cioè non importa se sia un docente, personale ATA
, dirigente amministrativo o dirigente scolastico…) concernono la sfera
dei reati civili, penali, amministrativo contabili, contrattuali e
dirigenziale ,questi ultimi in modo specifico per i dirigenti.
Il d.lgs 165 e la precedente
privatizzazione del pubblico impiego hanno introdotto soprattutto
notevoli novità riguardo il piano delle responsabilità contrattuali del
dirigente; in quanto individuato come datore di lavoro, in caso
di violazioni contrattuali, nonché di norme imperative, di leggi,
dell’ordine pubblico e in generale se incorre in tutte quei vizi
negoziali, inerenti alle norme pattizie e contrattuali esso
risponde nei termini di lesioni di diritti soggettivi più che degli
interessi legittimi (D’ANTONA, Contratto collettivo, sindacati e
processo del lavoro dopo la seconda privatizzazione del pubblico
impiego (osservazioni sui d.lg. n. 396 del 1997, n. 80 del 1998 e n.
387 del 1998).Ricordiamo per inciso , e in modo molto
semplificato, che un diritto soggettivo è quella pretesa di
godere, anche nei confronti di terzi, di un bene, di un diritto laddove
per interesse legittimo s’intende la pretesa di usare il potere
discrezionale delle P.A di competenza, ad esempio, per ottenere una
licenza o un condono.
In virtù del carattere privatistico del contratto delle P.A, quindi, la
sua violazione non è più soggetta al procedimento amministrativo
bensì al carattere sanzionatorio tra datore di lavoro e
dipendente conseguente all’infrazione della specificità
sinallagmatica del contratto di lavoro. Pur rimanendo intatto il
criterio della proporzionalità della sanzione riguardo al fatto
contestato come nell’art.2106 c.c.., richiamato dall’art.55,
comma 2 del D.lgs. n. 165 del 2001.
Va da sé che anche la responsabilità dirigenziale nell’attribuire
sanzioni se è vero che è obbligatoria e non può essere omessa (
cosa che invece può succedere nel rapporto privato di lavoro) quando si
tratta di violazioni evidenti e di rilevanza civile e
penale deve essere calibrata ope legis su situazioni di fatto
lesive delle norme pattizie, d’ordine pubblico, delle leggi. Perché, in
caso contrario, o di fronte a presunti illeciti non meglio specificati
dalla legge, reificati, oggettivi e dimostrabili, il dirigente, come
datore di lavoro, risponde in termini risarcitori nonché penali.
La responsabilità civile, invece, ha carattere soprattutto
extracontrattuale, di colpa aquiliana quando si produce un danno a
terzi per negligenza ( ad esempio , la culpa in vigilando). La
responsabilità civile, infatti, a meno che non ci sia un dolo, ha
soprattutto un carattere risarcitorio e può non coincidere con la
responsabilità penale , così come le responsabilità amministrative.
Queste ultime, ad esempio, riguardo omissione di precisi atti e doveri
amministrativi ,ad esempio del DSGA, si configurano quali illeciti
contabili , ad esempio danno patrimoniale per mancata ricostruzione di
carriera oppure danno per mancata erogazione di una spettanza dovuta,
ma possono avere anche risvolti penali; uno dei tanti esempi in tal
senso, che si potrebbe fare è quello del caso di corruzione ai sensi
dell’art.319 cod. pen. per avvantaggiare economicamente qualcuno nel
caso di una collaborazione esterna all’amministrazione. Oppure la
responsabilità penale che investe non in caso di collusione ma di
reiterata inerzia in illeciti contabili ed atti amministrativi
dovuti. In tutti questi casi il reato civile ( danno a terzi ai
sensi dell’art. 2043 c.c.) amministrativo( danno all’erario) e
quello penale (art.319) si sovrappongono.
La costante giurisprudenza si è pronunciata più volte riguardo alla
conseguente devoluzione al giudice ordinario del lavoro le controversie
che riguardano i provvedimenti sanzionatori, che investono la specifica
dimensione dei diritti soggettivi tra dipendente e datore di lavoro,
inerenti al contratto di lavoro, fermo restando che le
controversie che invece scaturiscono da presunte violazioni di
interessi legittimi, nonché da atti amministrativi, extracontrattuali,
rimangono di competenza del tribunale amministrativo.
Tecla Squillaci
stairwayto_heaven@libero.it