Che la
scuola insegna la cultura del riciclo, in tempo di crisi ed in
controtendenza al consumismo e agli sprechi è certamente una cosa buona
e utile.
Adesso stiamo sperimentando a scuola non
soltanto la teoria del riciclo, ma anche la pratica di tale operatività
ed ecco che dopo 37 anni i docenti che per motivi di salute
sono stati utilizzati in altri compiti presso le scuole nelle
biblioteche, o come supporto didattico, vengono collocati
fuori dal ruolo dei docenti e quindi “riciclati” nelle segreterie
come “assistenti amministrativi”.
L’art. 19 del decreto di manovra prevede, infatti, che“Il personale
docente dichiarato permanentemente inidoneo alla propria funzione per
motivi di salute, ma idoneo ad altri compiti, su istanza di parte,
assume la qualifica di assistente amministrativo o tecnico.”
Lo Stato risparmia così circa 200 milioni annui, ma la scuola non
è ha certamente alcun vantaggio, specie in considerazione del fatto che
il personale che ha ottenuto il distacco per gravi motivi
di salute o di relazione psicologica con gli alunni, o per problemi
psicologici, ora dovrebbe svolgere compiti e funzioni di
responsabilità nelle segreterie. La loro presenza fa numero, ma non
certamente qualità per il bene della scuola e quindi sarà un “riciclo”
poco produttivo e non certamente un investimento per l’azienda scuola.
Un’altra forma di riciclo professionale avverrà con la fusione delle
cattedre e, ancor meglio che al supermercato, si applica
la regola del “prendi tre e paghi uno”. Mentre tale
regola nel commercio apporta vantaggi al cliente, applicata alla scuola
arreca danno all’utente
Ciò avviene per esempio all’istituto Aeronautico, dove le tre
discipline specialistiche: navigazione, CTA - controllo traffico
aereo e meteorologia che finora hanno avuto tre docenti e
ciascuno con la propria specificità, il prossimo anno saranno
insegnate da un solo docente , il quale dovrà acquisire sulla pelle dei
ragazzi le due discipline che finora non ha mai insegnato
Il medesimo “rimpasto” professionale avviene negli istituti
tecnici, dove la fusione di elettronica, elettrotecnica e sistemi
confluiscono in una sola disciplina. che le assorbe e non si sa con
quale efficacia e specificità.
Tali fusioni a freddo non apportano alcun beneficio specie se imposte
dall’alto e non opportunamente preparate da una specifica formazioni
professionale. Non basta, infatti uniformare il libro di testo per
risolvere il problema, occorre che i docenti siano opportunamente
preparati ad a insegnare le nuove discipline, sintesi di tre
specializzazioni.
Chi provvede alla formazione di questi nuovi docenti “uno e
trino”?. La scuola può permettersi il lusso dell’improvvisazione,
affidando a persone non specializzate nei diversi settori, compiti di
“insegnamento”, che non può essere considerato come “semplice
infarinatura”?
Ben poco produrranno le proteste dei sindacati, che sinora
si sono battuti per mantenere lo statu quo,
garantendo cattedre e posti di lavoro, senza apportare quei necessari
miglioramenti innovativi nel sistema scolastico. Ora siamo al capolinea
ed occorre ripartire.
Una legittima e pressante richiesta di corsi di formazione, prima
di attuare tali radicali innovazioni, è quanto mai
prioritaria, a scapito di forti vuoti culturali e formativi, che
ricadono su intere generazioni di studenti.
Giuseppe Adernò
giuseppeaderno@gmail.com