Con la necessaria e doverosa sintesi che questa nota impone, tentiamo di evidenziare che già lo scorso anno scolastico vi è stata una prima e corposa incidenza delle disposizioni all’ancora non novellato art.19, comma 5, del D.L. n.98/2011, nella parte in cui lo stesso prevedeva che gli istituti sotto i 500/300 alunni (vecchio limite), non potessero avere un Dirigente Scolastico a pieno titolo, con conseguenze deleterie per numerose scuole del 1° e 2° ciclo, che sono andate a reggenza, affidate magari allo stesso dirigente scolastico che fino a quell’anno era stato titolare nelle medesime.
Un’applicazione soft, che ha visto coinvolte solo quelle scuole sottodimensionate con i dirigenti scolastici in scadenza di contratto, ma comunque deflagrante, per gli effetti a tutti noi noti che ha determinato e sui quali è perfino inutile soffermarsi.
Figurarsi oggi che la novellata disposizione normativa ha previsto disposizioni più stringenti ed immediatamente operative:
1.l’istituzione di istituti comprensivi con almeno 1.000/500 alunni (Art.19, comma 4, del D.L. n.98 del 6 luglio 2011, convertito nella LEGGE n.111 del 15 luglio 2011);
2.l’elevamento da 500/300 a 600/400 alunni del limite minimo per l’autonomia delle istituzioni scolastiche, con relativa attribuzione di un Dirigente Scolastico e un DSGA titolari (Art.19, comma 5 e 5Bis del D.L. n.98 del 6 luglio 2011, convertito nella LEGGE n.111 del 15 luglio 2011, novellato dall’art.4, comma 69, della Legge n. 183 del 12 novembre 2011-Legge di stabilità 2012);
Disposizioni a cui se ne aggiungono a latere altre tre, che certamente non contribuiscono a rasserenare il suddetto quadro :
1.l’eliminazione degli esoneri e semiesoneri dei docenti collaboratori vicari in istituti scolastici con plessi di qualunque ordine di scuola, sezioni staccate o sedi coordinate (6°comma);
2.il congelamento delle dotazioni organiche docenti ed ATA anche per il 2012/2013 (7°comma);
3.l’istituto della reggenza per il D.S. ed il D.S.G.A. per quelle scuole sottodimensionate (600/400), anche nell’ipotesi in cui non venissero toccate dal dimensionamento in atto (commi 5 e 5 bis);
Un combinato disposto che potrebbe avere effetti deflagranti per l’intero sistema scolastico siciliano e che non può non indurre ad una sana e consapevole prudenza.
La stessa peraltro espressa dal MIUR, sia pur in maniera celata, che con nota 8220 del 07.10.2011 ha riconosciuto ‘la competenza delle regioni in materia di dimensionamento delle rete scolastica,come ribadito anche dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 200/2009’.
Senza parlare poi delle delibere afferenti i singoli piani provinciali, anche se si hanno indiscrezioni dell’applicazione di una logica di forzate mediazioni e veti politici incrociati che hanno determinato situazioni a dir poco paradossali, per le quali da un lato ci sono istituti che per poche manciate di alunni rischiano di perdere l’autonomia; dall’altro continuano ad insistere sul territorio istituti fortemente sovradimensionati, che non sono stati nemmeno lontanamente sfiorati dai decisori politici.
Si ipotizzano pare mega istituti comprensivi di 1400/1700 alunni, concepiti non sull’ordine di motivazioni didattico-pedagogiche (dov’è finito il mito della continuità pedagogica, tanto decantato e svilito nei fatti da istituti acefali e fortemente colpiti proprio nella loro struttura organizzativa, che dovrebbe essere invece il volano di qualsiasi offerta formativa?), ma concepiti invece sulla base di motivazioni meramente di razionalizzazione della spesa, e purtroppo anche di decisioni politiche pre -elettorali.
La nostra associazione è consapevole della gravità del momento storico ed economico che sta attraversando il Paese.
Ma è pure fermamente convinta di doversi porre un argine a questa deriva dei tagli di spesa “orizzontali”, che impoveriscono sempre più il sistema scolastico, in particolare nelle zone periferiche e fortemente deprivate delle aree metropolitane , in quelle scuole che da anni costituiscono dei veri e propri presìdi di legalità.
La nostra proposta di merito si può sintetizzare nei seguenti punti:
1.Avviare subito il piano di dimensionamento, in modo da raggiungere a regime l'obiettivo di stabilizzazione della rete scolastica isolana entro l'anno scolastico 2014 – 2015 (come proposto dalla Conferenza delle regioni).
Nello specifico, utilizzare i parametri numerici 1000/500 alunni per istituto comprensivo come media regionale di riferimento, ovvero come risultato ottenuto dal numero complessivo degli alunni diviso il numero delle autonomie.
Concetto ripreso in due note MIUR del 13 luglio 2011 e del 7.10.2011, che hanno fornito indicazioni operative sul dimensionamento agli Uffici Scolastici Regionali, proponendo uno studio con cui individuare il numero ideale degli istituti comprensivi sul territorio.
Tale studio consiste nell’applicare il parametro dimensionale di 1.000 alunni non al singolo istituto, ma alla media della popolazione scolastica provinciale.
Questo consentirebbe di affrontare il problema in un’ottica diversa, lasciando spazio ad una gradualità che consenta di calibrare le scelte partendo da quelle che paiono già mature e naturali, e nel contempo affrontando le soluzioni più complesse, con un lavoro di approfondimento, con una ipotesi complessiva già prefigurata, per evitare di montare e smontare tutta l’offerta formativa di un territorio nel giro di pochi anni;
1.Prevedere delle deroghe ove le operazioni di aggregazione dovessero portate a delle forzature meramente quantitative.
Nello specifico, dove l’operazione di aggregazione, per motivi legati alle condizioni geografiche, socioeconomiche e alla “storia” del territorio, nonché alla situazione dell’edilizia scolastica, non dovesse corrispondere alle finalità auspicate (vocazione “sperimentale” di ricerca delle migliori condizioni per rafforzare i livelli di apprendimento dei ragazzi, personalizzarne i percorsi educativi, arricchire di opportunità l’offerta formativa, utilizzare in modo integrato le risorse educative del territorio), ma risultare piuttosto una forzatura “quantitativa” rispetto alle scelte ed ai comportamenti delle famiglie e degli alunni, mantenere le direzioni didattiche e le scuole medie, oggi autonome, pur nel rispetto dei parametri numerici previsti dal dettato normativo vigente.
Questo consentirebbe di trasformare una minaccia in una vera opportunità modificando in positivo la stessa identità e immagine della scuola di base italiana per proiettarla verso una prospettiva di respiro sicuramente più europeo;
1.Procedere ‘finalmente’, cosa ad oggi inattuata, allo sdoppiamento o ad una diversa articolazione di istituti fortemente sovradimensionati, qualora ediliziamente ubicati in sedi e plessi distinti e spesso distanti, quindi, anch’essi “fuori legge”, che sfiorano e superano addirittura i 2.000 alunni.
E’ di tutta evidenza che tale sdoppiamento andrebbe a vantaggio di istituzioni scolastiche limitrofe, magari sottodimensionate o nate da pochi anni, che nel loro processo di consolidamento sul territorio ben potrebbero avvantaggiarsi di tale cessione di classi o di specifici indirizzi;
1.Prevedere una moratoria ragionevole per quelle scuole di pochissimo sottodimensionate rispetto ai nuovi parametri fissati dalla legge di stabilità (600/400), al fine di procedere gradualmente ad una ponderata operazione di razionalizzazione sul territorio.
Il rispetto dei limiti numerici previsti per gli istituti scolastici sottodimensionati (ora di 600/400 alunni) deve essere basato non solo su parametri meramente numerici, ma supportato anche da analisi legate a particolari fattori, quali per es.: il trend di crescita delle iscrizioni, o la presenza di contesti fortemente deprivati e socialmente a rischio.
Tanto più per quelle scuole di poco al di sotto di tale limite (on the border).
O quanto meno prevedere una deroga, come peraltro figurante nelle stesse linee guida della Regione
1.Evitare una distribuzione a pioggia automatica di nuovi indirizzi-articolazioni nella scuola secondaria superiore, se non motivati da precise istanze territoriali.
Autorizzare l’attivazione di nuovi indirizzi di studio solo se:
1. 1.sono coerenti con il settore di appartenenza dell’istituto richiedente (per es. nell’istruzione professionale : servizi o industria e artigianato) e non frutto di mere desiderata dei singoli istituti;
2.contribuiscono a creare delle filiere formative omogenee e funzionali allo sviluppo delle politiche economiche regionali
3.i medesimi indirizzi non sono già presenti in città limitrofe, che ben potrebbero coprire tale offerta formativa sul territorio circostante e non vedersela depauperata da nuovi presìdi.
La responsabile posizione è quella di chi da anni va reclamando una razionalizzazione della rete scolastica da attuare secondo criteri funzionali ad una riqualificazione dell’offerta formativa sul territorio e non certamente secondo criteri meramente ragioneristici o di risparmi di spesa, che è pur giusto considerare in periodi di forti restrizioni economiche quale l’attuale.
Ma questo non sulla pelle degli operatori del settore specie delle scuole del meridione d’Italia (perdita di posti di D.S. e di DSGA; le regioni più colpite saranno la Campania con 478 istituti, la Puglia con 314 istituti, e la Calabria con 242), né, in ultima istanza, dei ragazzi che sono i fruitori finali del servizio di istruzione e, in quanto tali, il futuro del nostro Paese.
Sappiamo anche spesso l’ operato dei decisori politici è compresso tra vincoli di natura giuridico-normativa e dinamiche di natura politica.
All’interno di entrambe queste dinamiche chiediamo di trovare modi e spazi per evitare quella che in molti hanno definito una irreversibile “macelleria sociale”, che potrebbe ledere definitivamente la già precaria situazione della scuola italiana alle prese con forti problemi di identità a livello nazionale ed europeo.
Salvatore Indelicato