É quest'ultima modalità di pensionamento quella che in questi giorni sta creando maggiore tensione tra il personale femminile in servizio nelle scuole che lamenta, tra l'altro, una discriminazione con il trattamento riservato agli uomini, oltre ad una non uniformità di comportamento da parte dei dirigenti scolastici e degli uffici scolastici territoriali nell'individuazione del personale che deve cessare dal servizio fin dal 1° settembre 2012.
La discriminazione, in particolare, consisterebbe nel fatto che a parità di condizioni (maturazione del 65° anno di età nel 2012 e meno di 35 anni di anzianità contributiva), agli uomini sarebbe concesso di cessare dal servizio il 1° settembre 2013, al compimento cioè del 66° anno di età, come dispone l'articolo 24 del decreto legge 201/2011, mentre alle donne la cessazione dal servizio verrebbe imposta d'ufficio il 1° settembre 2012.
Alcuni dirigenti scolastici, applicando rigidamente quanto dispone la circolare del Dipartimento della funzione pubblica («l'amministrazione, nell'anno 2012 o negli anni successivi, dovrà
collocare a riposo al compimento dei 65 anni salvo trattenimento in servizio quei dipendenti che nell'anno 2011 erano già in possesso della massima anzianità contributiva o della quota o comunque dei requisiti previsti per la pensione»), stanno infatti comunicando alle docenti e al personale femminile amministrativo, tecnico ed ausiliario che al 31 dicembre 2011 potevano fare valere solo i requisiti previsti per la pensione (61 anni di età e almeno 20 anni di anzianità contributiva) e che compiranno il 65° anno di età entro il 31 agosto 2012, che saranno collocate a riposo coatto dal 1° settembre 2012.
Altri dirigenti, applicando alla lettera quanto dispone il punto 6 della circolare Inps/Inpdap, autorizzano invece il personale maschile che matura il 65° anno di età nel 2012 a permanere in servizio fino al 66° anno di età.
Ancora una volta, quindi, due pesi e due misure aggravate nella fattispecie per ragioni di sesso. Ma è tutto l'impianto della risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro introdotto inizialmente dal comma 11 dell'articolo 72 della legge 133/2008 e ribadito dall'articolo 24 del decreto legge 201/2011 che lascia perplessi. L'applicazione o meno della risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro troppo spesso viene infatti lasciata alla discrezionalità dell'amministrazione le cui decisioni di risoluzione del rapporto di lavoro sono, sempre più spesso, annullate in sede giurisdizionale.