I test Invalsi
hanno evidenziato ancora una volta il reale divario di preparazione
esistente tra studenti ed insegnanti del Sud, rispetto a quelli del
Nord Italia, in contrasto con l’apparenza dei voti assegnati nelle
pagelle.
Per analizzare alcune delle possibili cause psicosocioculturali del
fenomeno, potete leggere il breve saggio su “Orientamento scolastico-professionale”.
La scelta dei corsi di studio scolastici od universitari si rivela,
spesso, “la scelta della vita”, poiché finisce con il condizionare
positivamente, se essa si rivela giusta, o negativamente, se sbagliata,
il successo o l’insuccesso negli studi stessi e nella futura attività
lavorativa. Essa è importante, particolarmente, in Italia dove, ormai
da alcuni anni, circa il 60-70% delle prime scelte degli studi
universitari si rivelano sbagliate. Tali percentuali sono maggiori per
i corsi più impegnativi e sono costituite da coloro che finiscono
“fuori corso” o che cambiano corso di studi o che, addirittura, li
interrompono definitivamente.
Fare un buon orientamento scolastico-professionale è importante, anche
perché si possono evitare almeno inutili perdite di anni di studio, per
gli studenti, e di denaro, per le loro famiglie. Un buon orientamento è
importante, inoltre, in considerazione del fatto che ormai il Welfare
State è in via di ridimensionamento in quasi tutta Europa e progettare
di lavorare, per esempio, nella Pubblica Amministrazione è a rischio di
restare inoccupati: è meglio pensare ad attività libero-professionali
Per di più, sono stati introdotti criteri privatistici anche nella
gestione della P. A. e coloro che riusciranno a lavorare in essa
faranno bene a predisporsi ad essere produttivi e competitivi, quasi
come nelle attività libero-professionali, se vorranno evitare
successivi rischi di mobilitazioni o di licenziamenti.
Purtroppo, in Italia, specialmente nel Meridione, non è ancora
sufficientemente diffusa tra la gente tale consapevolezza ed, il più
delle volte, i giovani o le loro famiglie si lasciano guidare nelle
scelte dei corsi di studio o di lavoro solo dai pur importanti voti
scolastici (Questi, sempre nel Sud, fanno meno testo, poiché, spesso,
sono elargiti “generosamente”: in “mala fede”, da parte di certi
insegnanti ai figli di loro conoscenti e di persone socialmente
influenti, per secondi fini personali, od anche solo per far pagare
meno tasse universitarie o per non fare loro brutte figure coi
dirigenti scolastici presentando medie troppo basse nelle loro classi o
per riavere un incarico o per mantenere il numero di iscritti negli
istituti dove lavorano e conservare così i loro posti di lavoro,
infischiandosene di promuovere degli impreparati che poi faranno danni
a se stessi o agli altri; in “buona fede”, da parte di altri insegnanti
che si sono formati in scuole ed università del Sud, non hanno
consapevolezza del divario di preparazione professionale che esiste coi
colleghi e con gli studenti del Nord e ritengono “giusti” i voti che
assegnano ai loro studenti!) o dalle ambizioni personali o, peggio, da
quelle dei genitori o da ciò che piacerebbe fare o dalle scelte fatte
da amici o conoscenti.
In realtà sono tanti i fattori che possono contribuire a determinare il
successo o l’insuccesso negli studi e nel lavoro. Ne ricorderò qui solo
quattro: tre riguardanti la personalità ed uno il mercato del lavoro.
Tra i primi vi sono le motivazioni che si possono esprimere attraverso
interessi ed ambizioni (fare o studiare ciò che più importa o piace
porta ad un maggiore impegno ed, in caso di riuscita, dà maggiori
gratificazioni che possono motivare ancora di più nello studio o nel
lavoro. Da qui l’utilità dell’uso, per esempio, di questionari di
interesse. Ma non basta. E’ ancor più importante conoscere le proprie
attitudini; cioè, le predisposizioni naturali, funzionali alla
sopravvivenza dell’individuo e del gruppo di cui egli fa parte, a
svolgere con efficacia ed efficienza determinate attività da punti di
vista quantitativi o qualitativi, riproduttivi o creativi, esecutivi o
direttivi, etc. Troppo spesso, esse sono confuse con le motivazioni e
sono, invece, da scoprire attraverso la riuscita spontanea in
determinate attività, che ci si trova a svolgere casualmente, od
attraverso dei test attitudinali. Di solito, esse non sono conosciute
dai diretti interessati, perché non tutte sono “messe alla prova” nel
corso della vita o “testate” nel corso degli anni di suola media
inferiore e superiore e gli studenti non sempre possono fare un
adeguato bilancio delle loro competenze anche quando gli insegnati
dedicano del tempo a tale importantissima attività. Conoscere le
proprie attitudini naturali e le competenze nelle quali si è carenti e
sono da rinforzare è importante, per i singoli individui, onde fare
scelte di studi o di lavoro adeguate alle proprie capacità, poiché, per
ovvii motivi, le attitudini favoriscono il successo in determinati
studi o attività di lavoro. E’ importante per l’intera società, poiché
così ogni membro dà ad essa il meglio di sé e la comunità nel suo
insieme ne usufruisce. La varietà delle attitudini individuali é
importante per la stessa specie umana, poiché consente una maggiore
possibilità che singoli individui si adeguino al mutare delle
condizioni di vita, sopravvivono, conservano nel proprio bagaglio
genetico (genotipo) delle caratteristiche diverse dai loro fenotipi, le
trasmettono ai figli, consentono geneticamente la possibilità che pure
questi ultimi si adeguino ad eventuali ulteriori mutamenti ambientali
e, così, rinnovano le possibilità che la specie sopravviva.
Ma non è sufficiente conoscere nemmeno le proprie motivazioni ed
attitudini. E’ necessario che si conosca l’intera propria personalità,
onde valutare l’opportunità di seguire l’uno o l’altro dei corsi di
studio e/o di svolgere l’una o l’altra attività di lavoro. Si pensi,
per esempio, a chi ha un forte bisogno di movimento e di vita all’aria
aperta. A parità delle altre condizioni (motivazioni ed attitudini),
esso sarà causa di più grandi difficoltà a trascorrere sui libri le
tantissime ore che sono necessarie, per esempio, a seguire gli studi di
medicina. Oppure, si pensi a chi ha una personalità schizoide (tendente
a vivere in modi autonomi e solitari ed a comunicare poco con gli
altri). Tale individuo avrà maggiori difficoltà, per esempio, a
svolgere la professione di insegnante, per le sue maggiori difficoltà a
relazionarsi con gli allievi ed ad operare in “équipe” con i colleghi.
Per quanto riguarda il mercato del lavoro, è bene rivolgersi ad esperti
che sappiano fare proiezioni almeno triennali dei possibili futuri
sbocchi occupazionali. Infatti, poniamo caso che uno studente abbia
interessi sociali ed umani (motivazioni); che sia caratterizzato da
buoni processi cognitivi, da aderenza alla realtà e da capacità
d’empatia (attitudini) e che sia predisposto naturalmente all’ascolto
ed all’aiuto del prossimo (personalità). Egli potrebbe riuscire bene
negli studi e nel lavoro educativo, psicologico, d’insegnamento e
sociale in genere. Ma quanto vale la pena orientarlo a tali studi ed
attività lavorative oggi che, come già detto, il Welfare State viene
ridimensionato un po’ ovunque in Europa ed i suddetti campi di attività
sono i primi a subirne le conseguenze in termini di riduzione delle
possibilità di impiego di personale?
Possono essere tante le conseguenze negative sul piano economico,
sociale e psicologico derivanti dall’inoccupazione o dalla
sottoccupazione lavorativa o dall’insuccesso in un corso di studi; per
esempio, sentimenti di frustrazione personale e/o devianze
comportamentali, per i diretti interessati; investimenti economici
inutili, per le famiglie, e mancata utilizzazione di risorse
individuali, per l’intera società.
L’augurio è che al più presto si diffonda tra studenti, genitori ed
insegnanti la consapevolezza della utilità di un buon orientamento
scolastico-professionale che tenga conto dei tanti fattori che possono
intervenire nel successo o nell’insuccesso scolastico o lavorativo.
Cammarata Salvatore
cammarata.salvatore@yahoo.it