La
vicenda della professoressa alla quale non è stato rinnovato in
contratto presso l’Istituto S. Cuore di Trento è stata oggetto di
dibattito di strumentalizzazioni da più parti con ogni sorta di
forzatura e strumentalizzazione. Le contrapposte dichiarazioni delle
protagoniste: la preside dell’Istituto Sacro Cuore di Trento e la
professoressa, entrambe vittime di una strumentalizzazione mediatica e
faziosa - rivelano una situazione complessa.
Sulla questione abbiamo intervistato suor Anna Monia Alfieri, gestore
di scuole paritarie a Milano, esperta conoscitrice del mondo
scolastico e sostenitrice della corresponsabilità con i laici anche e
soprattutto nell'azione educativa.
Suor Anna Monia,
come si possono coniugare e far dialogare i diritti della scuola
cattolica e degli operatori laici ?
Il rispetto reciproco può essere il criterio di fondo per
superare contrapposizioni e divisioni inconcludenti. Anzitutto, la
scuola cattolica è nata e sviluppa il suo servizio sul fondamento di
precisi valori educativi, dichiarati pubblicamente, a conoscenza degli
operatori che scelgono di insegnarvi e dei genitori che operano una
scelta in una pluralità di offerta formativa. Il dipendente è
certamente titolare di diritti personali inviolabili che naturalmente
non possono non tener conto dei diritti degli utenti e dei
principi educativi dell’istituzione in cui egli opera e che non possono
essere affermati in contrapposizione alla ragion d’essere della stessa
scuola.
In seconda battuta, la scuola cattolica non è la scuola dei preti e
delle suore. Una scuole non è “cattolica” per il fatto che vi
operano docenti religiosi. La scuola cattolica è anzitutto una scuola
che fa parte del sistema pubblico nazionale di istruzione e che rende
ai cittadini un servizio pubblico con una identità chiara e dichiarata
e pertanto liberamente accolta dai propri collaboratori
docenti e dalle famiglie degli studenti che la scelgono.
Mi pare questo il più elementare dei principi democratici. La mia
esperienza è quella di una scuola dove c'è una azione corresponsabile
fra i docenti laici e religiosi e che la famiglia sceglie in una
pluralità di offerta formativa. C’è chi sceglie la scuola pubblica
paritaria ebraica, chi sceglie quella pubblica paritaria cattolica, chi
quella pubblica statale laica.
E’ la famiglia che ha la responsabilità educativa e pertanto deve
vedersi garantito, dallo Stato di diritto e dalle agenzie educative
tutte, il libero esercizio del diritto di scelta. Sono certa che
una scuola pubblica paritaria cattolica possa essere gestita da
collaboratori laici senza alcun rischio di tradire le ragioni di
fondazione. D'altronde non le nascondo l'imbarazzo che avverto quando
si contrappone il laicato alla vita religiosa. La vita religiosa è una
modalità di vivere il proprio stato laicale e - aggiungo - per me è la
mia storia d'amore. Dunque si levi alto il nostro pensiero sopra
visioni non corrette, che associano ancora la vita religiosa a letture
monotematiche. Mi definisco anzitutto una laica consapevole della
propria scelta cristiana adulta ed è qui che si può inserire una
vita matrimoniale, una vita religiosa, una vita clericale, una vita
adulta, insomma.
In questa vicenda
- che i massmedia hanno ingigantito e deformato – qual è, secondo Lei,
l’atteggiamento da assumere?
Preciso: i mass media hanno la capacità di stravolgere la realtà,
quando sono espressione di menti che intendono fare questo.
L’atteggiamento corretto è quello di interlocutori rispettosi l’uno
dell’altro, senza la pretesa che la propria libertà vada a ledere la
libertà dell’altro.
Quale l'atteggiamento da assumere in questa vicenda? Quello di
individui adulti e responsabili, consapevoli dei propri diritti e
doveri nei confronti di terzi. Bizzarro: rimproveriamo i nostri figli,
giovani , studenti che passano le ore al computer su FB, eppure un
certo nostro modo sterile di comunicare non appare così differente.
Allora, come spesso dico ai miei collaboratori, la nostra parola,
questa parola, cosa vorrebbe costruire e quale contributo può dare? E
mi creda, per costruire non occorre sempre distruggere e non è detto
che dalle macerie si possa costruire qualcosa. Quello “spaccare tutto”
che poi non riesce a costruire niente, a chi serve?
L’atteggiamento che mi aspetto è quello di una comunicazione
costruttiva, capace di criticare la realtà ma nel desiderio di
conoscerla a fondo ancor prima di giudicarla.
Mi aspetto la ricerca del confronto, della chiarezza. Oppure pensiamo
che aver strumentalizzato la vicenda per schierarci ai bordi del ring
faccia del bene ai nostri giovani, alle famiglie, alla scuola, ai
docenti, alla societas? Spesso svuotiamo la realtà, restituendo
all'altro non il bello che merita, ma il peggio che siamo noi. Insomma,
se per affermare un diritto ho bisogno di demolirne un altro, beh, non
è forse un segno di fragilità? Parliamone.
Il Ministro
Giannini ha dichiarato che intende prima ascoltare le parti per poi
prendere una decisione in merito . Come considera tale atteggiamento di
prudenza?
Lo considero un atteggiamento di buon senso che mi riporta alla dignità
di una nazione capace di critica costruttiva. Come non apprezzare la
linea di un Ministero che desidera approfondire prima, sentire le parti
coinvolte per poi capire come agire. E agire perché e per chi ? Ce lo
siamo chiesti ? Ci collochiamo fra quelli del mostro da cercare e
trovare a tutti i costi e da sbattere in prima pagina, forse per
sentirci tutti un po' più assolti? Siamo forse fra quelli che debbono
trovare a tutti i costi la vittima sacrificale da tutelare
apparentemente al fine di sentirci più buoni?
Mi consenta: in questi giorni, tranne rare eccezioni, mi è parso che si
siano strumentalizzate e la scuola e la docente per battaglie
ideologiche di qualsiasi colore che non aiutano nessuno, per alimentare
lo scontro mediatico, per contrapporre diritti, nella fantascienza
di chi crede che basta demolire per costruire qualcos'altro. Ecco che
l'unica dichiarazione di poche righe del Ministro, sulla necessità
anzitutto di verificare e capire, e per capire occorre ascoltare tutti,
prima di agire, mi pare di buon senso. Questa strategia forse scuote
la frenesia di schieramenti; le divisioni, infatti,
uccidono il pensiero e non aiutano nessuno.
Nel comunicato
stampa ufficiale della Fidae si riafferma “ la necessità di
superare vecchie e nuove contrapposizioni ideologiche che portano solo
lacerazioni, per ricercare invece, insieme, nel rispetto gli uni degli
altri, il bene di tutti”. Come poter far dialogare i diritti di
ciascuno nella logica del bene educativo della scuola?
Lo considero un comunicato chiaro e capace di riportare l'attenzione al
cuore della quaestio. Apprezzo che ci si astenga, come è auspicabile,
dall’”esprimere una propria valutazione di merito” e riafferma nel
contempo un “principio generale che è quello dell’assoluto rispetto
della persona, dei suoi diritti come lavoratore, del dialogo, della
collaborazione, della solidarietà tra lavoratore e datore di lavoro,
del perseguimento del fine primario di una scuola che è il bene
dell’alunno e di tutti coloro che in essa, a vario titolo, operano."
Nel far dialogare i diritti di ciascuno occorre stabilire la corretta
relazione tra di essi. Il bene educativo prima che alla scuola
paritaria o allo Stato, appartiene all’allievo per il tramite della
Famiglia. Il diritto del minore è il criterio di composizione di tutti
gli altri diritti, pur legittimi ed importanti. C’è bisogno che nel
confronto tra la scuola e la dipendente sia preso in dovuta
considerazione il diritto dell’allievo e della famiglia che sceglie
quella scuola alla luce di un esplicito Patto educativo, che non può
essere stravolto o disatteso per una scelta di parte.
La libera scelta
educativa dei genitori, sancita dalla Costituzione, potrà essere
ostacolata da altri principi altrettanto degni di rispetto?
Non credo che un diritto possa rappresentare la negazione di un altro
diritto.
Se si vuole rispettare l’ordine logico e giuridico è indubbio che la
priorità educativa spetti al ragazzo e alla sua famiglia; ogni altro
diritto non può che trovare una coerente composizione.
Nel corso degli anni di studi universitari, di diritto appunto, si
insegnava che una comunità civile domanda diritti e doveri in una
perfetta e armonica sinergia. Ad esempio, il mio diritto di vivere
incontra il tuo dovere a non ledere la mia vita. Il mio diritto di
genitore a scegliere l'educazione per i miei figli che più si confà ai
miei principi incontra il dovere ad essere garantito. In uno Stato di
diritto, i diritti non sono contrapposti; piuttosto, si apre il
capitolo della capacità dello Stato nel garantire i diritti dei
cittadini. Se lo Stato italiano avesse saputo garantire la
libertà di scelta educativa e la libertà di insegnamento, come sanciti
dalla Carta Costituzionale sin dal 1948, dalla Dichiarazione
universale dei diritti dell'uomo, dalla due risoluzioni UE 1984 e 2012,
come avviene in tutti i paesi civili in Europa, forse oggi anche noi
avremmo imparato a non negare i diritti, a non strumentalizzarli ecc.
Da qui il ruolo fondamentale delle istituzioni che possono e
devono ristabilire ordine e armonia, contribuendo a
superare inutili contrapposizioni. Per questo plaudo alle
risposte ministeriali di buon senso.
Questi episodi,
artificiosamente strumentalizzati, potranno nuocere all’identità della
scuola pubblica cattolica?
Non credo che mai nulla possa nuocere a una identità, qualunque essa
sia, purché questa identità sia chiara e al servizio di un bene
pubblico che ci supera.
Gli eventi raccontati di questi giorni non so che risvolti avranno
per se stessi, ma sinceramente desidero che l' "evento reale" che ha
interessato la scuola e la docente ritrovi la propria dignità di evento
da chiarire tra le parti e nelle sedi che lo potrebbero ospitare, nel
pieno rispetto reciproco, per il bene di tutte le componenti coinvolte
direttamente e indirettamente... Forse un’azione simile di buon senso e
di chiarimento deluderà gli assetati di gossip, ma non ho mai
favorito e apprezzato gli scontri: sono ancora convinta che la custodia
delle parti e la tutela dei diritti mal si prestino alle
contrapposizioni, bensì abbiano estremo bisogno del dialogo costruttivo.
Giuseppe Adernò
g.aderno@alice.it