Le scuole
paritarie svolgono "un servizio pubblico", come recita l'art.
1 comma 3 della legge n. 62/2000 sulla parità scolastica e sono
soggette "alla valutazione dei processi e degli esiti da parte del
sistema nazionale di valutazione". Fanno parte attiva del sistema
nazionale d'istruzione che è " costituito dalle scuole statali e dalle
scuole paritarie private e degli enti locali". Dopo queste promesse
dichiarative di "impegni" verso il "servizio pubblico" si registra che
i docenti delle scuole paritarie sono stati esclusi da bonus da 500
euro, come se non fosse loro riconosciuto il diritto-dovere di
aggiornarsi.
Quest'asimmetria di trattamento non è equa e non è neanche
nell'interesse dello Stato, che ha "come obiettivo prioritario
l'espansione dell'offerta formativa" (art. 1 comma 1 della legge n.
62/2000), cioè di tutta l'offerta, indipendentemente da chi la eroghi,
scrive Tuttoscuola, dando voce alle associazioni AGIDAE, ANINSEI, FIDAE
e FISM, organismi che assistono e tutelano i diritti delle scuole
paritarie.
Ancora una volta si apre il fossato tra docenti di serie A e serie B.
Secondo uno studio condotto dalla Cisl-scuola sulle scuole paritarie,
il personale in servizio nelle scuole paritarie ammonterebbe
complessivamente a circa 160 mila addetti.
Dei circa 130 docenti in servizio nelle scuole paritarie la maggior
parte è assunta a tempo determinato mentre quelli a tempo indeterminato
potrebbero essere non più di 40-50 mila.
Costoro avrebbero pieno diritto al Bonus e la spesa complessiva non
dovrebbe superare i 15 milioni di euro.
E' legittima la richiesta di riconoscimento di tale diritto che
assicurerebbe un trattamento alla pari tra docenti delle scuole
statali e docenti delle paritarie, e non saranno certamente queste
spese la causa dell'impoverimento del Paese.
Basta un po' di buon senso e di sana giustizia.
La tanto auspicata e proclamata "Buona scuola" non applicando i
principi dell'equità non potrà essere qualificata "buona" e neppure
l'idea di "scuola della Nazione" ha avuto un esito positivo.
Sono andate in fumo le belle parole: rilancio dell'immagine e del
prestigio sociale della scuola e dei suoi insegnanti ("loro salveranno
l'Italia" aveva affermato Renzi concludendo il meeting di Firenze): la
scuola e gli insegnanti, aveva detto, sono al servizio non di questa o
quella maggioranza di governo, ma della Nazione. Come ha scritto
Ernesto Galli della Loggia la scuola è rimasta "ignorata" e ancora una
volta la parola "scuola" è stata scritta senza la "c" ed è rimasta una
semplice "suola" da calpestare e tenere schiacciata per terra.
La proclamata autonomia, senza regole e senza risorse, diventa versione
internazionale dell'italico 'arrangiatevi', eco lontana dell'antica
espressione "Armiamoci e partite", visto che per 15 anni alle
istituzioni scolastiche sono state riservate ben poche risorse e
possibilità concrete di azione.
Le carenze aumentano e i disservizi s'ingigantiscono. Di contro, si
assiste alla nascita di nuovi partiti, nuove correnti ed "espressioni
politiche", e ricomincia la giostra.
Giuseppe Adernò
g.aderno@alice.it