Il sistema
scolastico italiano è classista, regionalista e discriminatorio.
Classista perché impedisce ai più poveri di scegliere per i propri
figli la scuola pubblica non statale, regionalista perché evidenzia
risultati molto diversi a seconda delle zone del Paese, e
discriminatorio per i docenti che a parità di titoli non possono
scegliere dove insegnare, tra scuole pubbliche statali e paritarie, e
se chiamati dallo Stato sono di fatto costretti ad accettare per
comprensibili motivi di maggiore retribuzione. Di conseguenza l’Italia
è al 47mo posto nella classifica mondiale della libertà di scelta
educativa, ed è un’eccezione negativa in Europa, dove meritocrazia,
libera concorrenza tra privati e stato, valutazione dei docenti e
autonomia sono caratteristiche dell’offerta scolastica di quasi tutti i
paesi.
Eppure sono decenni che in Italia si discute di parità, ma ben
poco si è mosso: resistono vecchie contrapposizioni, rendite di
posizione, interessi politici e sindacali. La contrapposizione
ideologica non è più forte come un tempo ma ancora latita la volontà
politica di risolvere un problema che non ha colore politico, poiché è
trasversale rispetto al vero bene del Paese.
La Buona Scuola, decollata positivamente e con molte aspettative, si è,
di fatto, pericolosamente avvitata su se stessa, diventando una
sanatoria per i precari e producendo cattedre vuote o in sovrannumero a
seconda dei casi. Stiamo assistendo alla chiamata degli ultimi 50 mila
aspiranti nelle liste d’attesa, con conseguenze non indifferenti su
tutto il sistema scolastico: cattedre svuotate delle scuole pubbliche
paritarie, i soliti certificati medici per svariate malattie
proporzionalmente acutizzate dalla lontananza da casa, vari distacchi
concessi a chi trova le vie giuste. E comunque nelle sale professori
delle scuole si parla soprattutto di soldi.
Lo studente, che dovrebbe essere al centro del sistema, di fatto viene
trascurato, i suoi veri bisogni disattesi, i suoi diritti infranti, i
suoi sogni annullati.
Si pianificano settimane corte per ridurre il lavoro del personale ATA
e non si pensa ai ragazzi che restano per strada l’intero pomeriggio.
Forse nel 2018, quando questo delirio sarà concluso, con il
decreto sul nuovo reclutamento dei docenti avremo dei concorsi degni di
essere chiamati tali, pianificati per le discipline di cui si ha
bisogno nella scuola: matematica, lingue, latino e greco.
La scuola non può continuare ad essere un ammortizzatore sociale cioè
un luogo dove parcheggiare docenti, senza valutare le loro capacità e
competenze, perché in questo sistema non esistono né valutazione né
meritocrazia, ma solo la garanzia del posto fisso». Nella scuola
statale, con la copertura e protezione sindacale, un professore
competente e uno incapace vengono pagati allo stesso modo, provocando,
di fatto, un grave e irreparabile danno che ricade sulla cultura,
sulla società, sull’economia. L’inefficienza del sistema scolastico
italiano sono sotto gli occhi dell’Europa e la necessità di radicali
innovazione non possono restare soltanto “proclami elettorali” come
avvenuto finora.
Per tutte le scuole che svolgono un servizio pubblico (statali e
paritarie), occorrono un’effettiva autonomia e una libera concorrenza,
sotto lo sguardo dello Stato, garante e non gestore, libero di
controllare e valutare.
Per dare alle famiglie la possibilità economica di iscrivere i propri
figli nella scuola pubblica che reputano migliore, è necessario
rivedere con determinazione le linee di finanziamento, coscienti che un
cambio di paradigma sulla linea del costo standard di sostenibilità
risulta “senza oneri per lo Stato” .
Suor Anna Monia Alfieri, presidente FIDAE Lombardia, si è resa
protagonista di una battaglia culturale e sociale, sostenendo l’idea
del “costo standard di sostenibilità ” scientificamente documentato e
provato come migliorativo del sistema scolastico e di grande beneficio
per le casse dello Stato, procurando il risparmio di due miliari di
euro.
E’ stato, inoltre, realizzato un documentatissimo video esplicativo che
convince anche le pietre, ma non ha ancora smosso le teste dei
politici, indaffarati negli “squilibri” elettorali e poco attenti ai
miliardi che si spendono e che si possono risparmiare.
Il video illustra ampiamente questo aspetto, spiega il costo standard
di sostenibilità, che si presenta con assoluta serietà e autorevolezza
alla prova della volontà politica trasversale.
Le associazioni della Scuola hanno dimostrato notevole compattezza e
determinazione nel sostenere il tema “Autonomia e libertà” di scelta
educativa della Famiglia che domanda un pluralismo educativo senza
oneri per lo Stato, cioè senza spreco di risorse, ma con investimenti a
favore della qualità dell’insegnamento e della formazione dei docenti.
Sembra che la Ministra Valeria Fedeli sia ben intenzionata ad aprire un
tavolo tecnico per esaminare la questione e dare una risposta al tanto
atteso e auspicato rispetto dei diritti dei genitori, dei docenti e
degli studenti. Una famiglia ha tutto il diritto di pretendere i
migliori docenti. Così com’è giusto pretendere che il proprio figlio
disabile sia seguito da validi professori di sostegno. Invece oggi in
una scuola ci sono insegnanti in eccesso, ma nessuno di questi può
seguire il ragazzo con handicap perché privo dell’abilitazione
specifica.
L’attivazione del costo standard di sostenibilità prevede che i docenti
siano pagati in ugual misura sia nel sistema paritario sia in quello
pubblico, e siano sottoposti a valutazione e al criterio di
meritocrazia.
Solo così si potrebbe garantire una scuola efficiente, docenti
preparati e una sana concorrenza, garantendo l’indipendenza delle
statali e la libertà educativa delle paritarie.
Il costo standard, garantisce suor Anna, non costituirebbe un onere per
lo Stato, bensì «un uso più efficiente delle risorse (le tasse dei
cittadini) con un grosso risparmio».
E’ questa la soluzione risolutiva, capace di bloccare e arginare il
collasso del sistema scolastico italiano.
Giuseppe Adernò