Anche l'assessore alla Pubblica istruzione Roberto Lagalla ha dichiarato che "la presenza del presepe nelle scuole serve a valorizzare un simbolo della nostra tradizione che, in un momento sociale così complesso e difficile, può contribuire a rafforzare l'identità culturale della nostra terra".
Dalla terra di Sicilia giunge una lezione di vera civiltà e di rispetto della storia e della religiosità che si alimenta anche di tradizione e di folclore.
La modernità consumistica ha trasformato il senso della festa che ha il suo focus e nella centralità dell'umile grotta di Betlemme, ha fatto perdere il vero senso del Natale che è "dono- pace- armonia", ed ha reso i corollari minori: i regali, la cena, il pranzo, il gioco più importanti della vera festa religiosa ancor prima che civile.
Rileggendo una poesia di Trilussa si recupera il senso del presepe che diventa occasione e stimolo di riflessione.
"Ma che li fate a fa' sti presepi? Si
poi v'odiate,
si de st'amore non capite gnente...
La gente fa er presepe e nun me sente;
cerca sempre de fallo più sfarzoso,
però cià er core freddo e indifferente
e nun capisce che senza l'amore
è cianfrusaja che nun cià valore.
si de st'amore non capite gnente...
La gente fa er presepe e nun me sente;
cerca sempre de fallo più sfarzoso,
però cià er core freddo e indifferente
e nun capisce che senza l'amore
è cianfrusaja che nun cià valore.
Fare il presepe a scuola o nei luoghi pubblici trasmette il senso vero della festa e dà centralità al "festeggiato" nel ricordo della sua nascita. "Se togliamo Gesù, cosa resta del Natale" ha detto Papa Francesco benedicendo i bambinelli dei ragazzi in Piazza San Pietro.
Il rispetto della laicità non deve soffocare la manifestazione esterna di una tradizione e di una prassi carica di valori simbolici, ancorati alla radice della storia millenaria del Paese. Al leader della comunità islamica di Pordenone Iman Mohamed Hosny, che suggerisce " a scuola, meglio l'albero che è per tutti" o a quei dirigenti scolastici che in diversi parti d'Italia alzano la bandiera della "falsa laicità" si potrà rispondere che il Natale è una festa cristiana" "Come ha affermato uno dei principi della laicità, Benedetto Croce, in un suo grande saggio dal titolo emblematico "Non possiamo non definirci cristiani", "i valori del cristianesimo hanno fecondato la cultura, la letteratura, la musica e l'arte del nostro mondo e ancora oggi tali valori costituiscono un prezioso patrimonio da conservare e trasmettere alle future generazioni così da consentire ai bambini di vivere il Natale nella sua autenticità".
Cancellare il presepe, con tutte le iniziative, canti, recite, manifestazioni di solidarietà, significherebbe cancellare la nostra identità. Ben venga una scuola interculturale, ma colpire gli emblemi del Natale non garantisce il rispetto di alcunché, non produce una scuola e una società accoglienti e inclusive. I simboli della nostra Fede e della nostra Tradizione come quello del Presepe, non discriminano nessuno. È inconcepibile eliminare dalla scuola i riferimenti di una delle più importanti festività cristiane: così non si rispetta il credo religioso della maggioranza delle persone che comunque hanno il loro riferimento nella fede cristiana.
Costruire insieme il presepe, in accordo con i genitori degli alunni, può costituire inoltre un'occasione preziosa per sviluppare rapporti significativi e profondi di conoscenza e di cooperazione tra la scuola e la famiglia.
Il presepe è elemento fondante della nostra tradizione storica ed artistica, oltre che immagine legata alla religione cattolica.
Esso si presta a una serie di letture a più livelli; una fra queste è il constatare come la processione di adulti di diversa provenienza, dalla diversa storia, dalla diversa estrazione sociale, dalla diversa ideologia e cultura che si muove e si dirige verso un bimbo che nasce, è un moto corale che all'unisono costituisce un inno universale alla vita e all'infanzia. E questo un vero e incisivo messaggio che la scuola multietnica e inclusiva possa dare.
Giuseppe Adernò