Da La Sicilia
Assia La Rosa
Muro contro muro. Da un lato c'è la popolazione studentesca che imbraccia i megafoni e affigge manifesti che gridano allo «Sciopero sanzionato, diritto calpestato»; dall'altro c'è il preside che ha sì le sue ottime ragioni per irritarsi, ma, «assumendo un rigido atteggiamento di chiusura nei nostri confronti - esclamano in coro gli studenti - arriva a un nulla di fatto, in termini di dialogo e risoluzione dei problemi». Succede al liceo scientifico Galileo Galilei, dove il filo di comunicazione tra le classi e gli uffici del dirigente scolastico Leone Calambrogio, ieri si è spezzato per l'ennesima volta. Il movente è quello che paradossalmente unisce tutti nell'interesse di una migliore convivenza, ovvero quello inerente i problemi legati alle strutture scolastiche, che da tempo restano appese ai finanziamenti e ai fondi disponibili.
Partendo dalla cronaca, ieri mattina davanti all'istituto, decine di ragazzi hanno protestato a suon di cori e tamburi. I rappresentanti d'istituto riassumono così la vicenda che ha sollevato il polverone.
«Tutto è cominciato - dicono - da un incontro che abbiamo chiesto all'ing. Maurizio Trainiti, dirigente del Servizio Edilizia scolastica della Provincia regionale di Catania, per avere chiarimenti circa le carenze strutturali che caratterizzano la nostra scuola - spiegano Francesco Chittari, Giuseppe Gentile, Pietro Coltellaro e Giuseppe Biondi - le risposte non ci sono sembrate soddisfacenti, per questo, abbiamo deciso di manifestare davanti all'ente provinciale, con un sit-in autorizzato, nei giorni di venerdì e sabato (della scorsa settimana, ndr)". I liceali, quando parlano di carenze strutturali, si riferiscono all'assenza della scala antincendio al II piano del plesso vecchio, alla messa in regola dell'impianto elettrico e idrico, all'adeguamento dell'arredamento scolastico - "ogni mattina siamo costretti a fare il gioco delle sedie" - e al miglioramento della succursale di via Grassi Finocchiaro. «Per l'occasione ci ha subito ricevuto l'assessore Margherita Ferro - continuano i rappresentanti - dopo esser stati rincuorati, almeno su alcune richieste avanzate, come quella della creazione di una seconda uscita che consenta di snellire il traffico e che richiede il coordinamento tra Comune e Provincia, abbiamo deciso di revocare la seconda giornata di sciopero. Ma non riuscendo ad avvisare tutti, solo 300 studenti (su 1.800) alla fine sono entrati in classe. La sorpresa è arrivata però lunedì, quando non ci hanno fatto rientrare a scuola su disposizioni del preside, che ha deciso di punirci sospendendo tutti gli scioperanti (un giorno per gli studenti e due per i rappresentanti d'istituto, nella sede centrale senza obbligo di presenza, in succursale invece, con obbligo di presenza)". E'stato a questo punto che i giovani hanno chiesto tre incontri chiarificatori, e dopo non averli ottenuti hanno inviato un documento ufficiale - da protocollare - dove veniva riassunta per intero la vicenda. Quasi 1.500 alunni sospesi, nonostante l'articolo 4 del regolamento d'istituto reciti così: "Per assenze collettive, o i cosiddetti "scioperi", gli alunni verranno riammessi solo se accompagnati dai genitori". Così, siamo andati direttamente a chiedere spiegazioni al preside: «Le motivazioni fornite ai ragazzi dall'assessore Ferro - spiega Calambrogio - erano state già illustrate dal sottoscritto, che è continuamente in contatto con la Provincia per cercar di risolvere le problematiche di questa scuola. Non solo. Precedentemente avevo anche organizzato un incontro tra i rappresentanti e il vicesindaco per metterli a corrente di tutte le informazioni inerenti i provvedimenti in atto. Motivo per cui non c'era bisogno di organizzare uno sciopero di due giorni e assentarsi in massa. La cosa ancor più grave inoltre, riguarda la vicenda di lunedì: alcuni di loro hanno dato fuoco ai giornali in cortile, incendiando un bidone e graffiando le macchine parcheggiate. Non posso ammettere questi atti di vandalismo, non posso cedere ai ricatti, soprattutto a fatto compiuto. Il mio ruolo è e dev'essere educativo: la sospensione è la punizione meritata. Non possiamo e non vogliamo soggiacere, è per questo che non accetto neanche discussioni».