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In un magazzino di Santiago del Cile si danno appuntamento Lucho Arancibia, Lolo Garmendia e Cacho Salinas. Convocati dall'anarhico Pedro Nolasco, detto l'Ombra, i tre amici, ex-militanti e sostenitori di Salvator Allende, hanno in comune tante imprese ma anche uno sguardo amareggiato sulla vita. Come li descrive l'autore: Più grassi, più vecchi, pelati e con la barba grigia proiettavano ancora l'ombra di quel che erano stati. Ed è proprio a proposito dei suoi personaggi che Sepùlveda svela il suo modo di lavorare a una nuova storia: «riesco a scrivere un romanzo solo quando sono pienamente sicuro dei miei personaggi: li amo. Questo affetto mi permette di renderli esseri indipendenti. Sono loro poi a scrivere il romanzo, l'autore è una specie di cronista che li segue. Per questo romanzo in particolare mettere la parola fine è stata più dura del solito. Mentre tu scrivi esisti solo in quel mondo, in quell'atmosfera, con quei personaggi e arrivando alla conclusione del libro sei costretto ad affrontare un'altra perdita.
Non sono un alcolista, ma quando metto la parola fine mi scolo una bottiglia di whisky, poi il giorno dopo mi sveglio e dico: 'Vabbé è andata anche questa'».
Con questa confessione Sepùlveda ci ricorda dello spirito favolosamente positivo che i popoli sudamericani riescono ad esprimere spesso anche di fronte a situazioni decisamente tragiche o drammatiche. «Una particolarità dell'uomo cileno che non hai mai smesso di stupirmi è proprio quella di ridere di noi stessi. E in questo siamo radicalmente diversi per esempio dai nostri vicini Argentini. Loro se vengono abbandonati dalla loro donna entrano in depressione, vanno dallo psicanalista, scrivono un tango lacrimoso. Il cileno invece organizza un festino, non perché ci sia realmente qualcosa da festeggiare, ma perché in qualche modo bisogna raccontare quello che è successo, trasformarlo in qualcosa di allegorico, trovare delle spiegazioni. In qualche modo bisogna ridere anche di questo. C'è qualcosa di salvifico in questo atteggiamento, l'ho visto in diverse occasioni. Senza indugiare in particolari macabri, negli anni del carcere, ci torturavano e una delle pratiche più ricorrenti era strappare le unghie dei piedi, una cosa dolorosissima, che lascia i piedi gonfi, infetti eppure non c'era una volta che qualcuno non facesse una battuta: "Sono appena tornato dal podologo. È un cane, ma non gli ho certo lasciato la mancia"».
Tra passato e presente, memoria e vissuto contemporaneo Sepùlveda riesce ad essere al contempo immerso profondamente in un tempo d'azione, passione e sofferenza politica di cui è stato protagonista, ma anche ad avere uno sguardo sereno, benevolo che non gli impedisce una visione lucida e ottimista sulle nuove generazioni. «I giovani, quella della mia generazione, hanno ricevuto il testimone dalla generazione precedente e l'hanno delusa. Ma per i giovani di oggi la situazione è ancora più dura, loro devono partire da zero. Noi dovevamo solo continuare il lavoro di un'altra generazione. Sembra che ci sia tra di loro grande disinteresse per la vita sociale e la comunità, in realtà i giovani di oggi sono alla ricerca di spiegazioni e nuove forme di rappresentazione. Provo molto più imbarazzo io al pensiero di dover spiegare un giorno che una parte talmente vasta è riuscita ad eleggere Berlusconi. Sarà estremamente difficile.
Provo profondo rispetto per i giovani di oggi perché si trovano soli e a mani nude. Noi avevamo ricevuto una consegna chiara, la generazione prima ci aveva messo in mano una bandiera, noi a loro consegniamo una sconfitta: abbiamo provato a cambiare il mondo e non ci siamo riusciti. È stata la società a cambiare noi e si vede dai partiti politici di oggi che da sinistra sono andati al centro entrando in una nebulosa.
Se facciamo un passo indietro nel tempo, noi cileni abbiamo, avevamo, abbiamo avuto una cultura politica segnata in grande misura e formata dagli anarchici cileni ed europei consolidatasi agli inizi del '900 nel nord del paese intorno alle miniere. In quei luoghi è nata una classe operaia forte e combattiva, con il maggior vigore mai esistito in America. C'erano i tolstojani, i vegetariani furibondi, quelli che difendevano il nudismo e il sesso libero. Tutte queste tendenze messe insieme hanno poi portato alla formazione di una mentalità sociale e politica molto aperta e senza dogmatismi. Questo è l'unico patrimonio che lasciamo, che rivendico e intendo difendere perché il maggior valore del paese».