Il
diritto di sciopero, già sancito dall’art.40 della Costituzione, venne
approfondito e regolato dalla legge 146/90. In questa legge, infatti,
vennero chiariti quali siano da considerare i servizi pubblici
essenziali nel cui ambito può esercitarsi lo sciopero nella
salvaguardia di interessi e diritti soggettivi costituzionalmente
tutelati.
L’elenco dei servizi essenziali è contenuto nell’art.1 della suddetta
legge fra cui troviamo fra gli altri ( salute, sicurezza, libera
circolazione…) anche quello relativo all’istruzione. Nelle prime
stesure del testo legislativo si parlava più che altro di “beni” al cui
termine venne sostituito nel testo definitivo quello di “diritti della
persona”, con esclusione di quei diritti che non sono prettamente
attinenti alla tutela soggettiva, come, per esempio, quello sancito
dall’art.41 della Costituzione ( iniziativa privata economica).
Tecla Squillaci
Il diritto di sciopero, già sancito dall’art.40 della
Costituzione, venne approfondito e regolato dalla legge 146/90. In
questa legge, infatti, vennero chiariti quali siano da considerare i
servizi pubblici essenziali nel cui ambito può esercitarsi lo sciopero
nella salvaguardia di interessi e diritti soggettivi costituzionalmente
tutelati.
L’elenco dei servizi essenziali è contenuto nell’art.1 della suddetta
legge fra cui troviamo fra gli altri ( salute, sicurezza, libera
circolazione…) anche quello relativo all’istruzione. Nelle prime
stesure del testo legislativo si parlava più che altro di “beni” al cui
termine venne sostituito nel testo definitivo quello di “diritti della
persona”, con esclusione di quei diritti che non sono prettamente
attinenti alla tutela soggettiva, come, per esempio, quello sancito
dall’art.41 della Costituzione ( iniziativa privata economica).
Per quanto riguarda la definizione legittima dei servizi minimi
essenziali relativi all’istruzione, inoltre, la legge 146/90 rimandò ai
termini dei contratti di lavoro.
Nel 91 le OOSS firmavano un accordo, in sostituzione del rinnovo del
contratto, che poneva di fatto un assoluto divieto di sciopero durante
gli scrutini.
A onor del vero, furono gli insegnanti della Gilda di Milano a
contravvenire a questo divieto, scioperando durante gli scrutini e
vennero precettati per questo. Il ricorso si concluse con la
sentenza di Cassazione che diede ragione alla Gilda. Venne accertato un
vizio di forma della precettazione poiché non era stato esperito un
tentativo di conciliazione prima dello sciopero.
In seguito a questo risultato giudiziario venne codificato nel
successivo CCNL che, fermo restando l’istruzione come servizio
essenziale,gli scrutini in caso di sciopero e se non propedeutici agli
esami di Stato, sono differibili. Per inciso, ogni azione da parte del
dirigente scolastico di “aggirare” lo sciopero mediante sostituzione
del docente che sciopera ( anche se uno soltanto, in quanto non vi è
collegio perfetto e non si può procedere allo scrutinio)oppure
procedere allo scrutinio sulla scorta dei registri personali ed
altro è sanzionabile ai sensi dell’art.28 legge 300/70.
A parte tutto questo, vorrei fare alcune riflessioni sull’incisività
che l’azione di sciopero, o altre, possano avere allo stato attuale. Mi
sembra chiaro che ne derivi un gran senso d’impotenza. A ciò va
aggiunta la frammentazione delle azioni di protesta nonché una certa
disaffezione verso il sindacato di cui esso stesso è, in parte,
responsabile.
In alcuni sindacati si è scivolato sempre più verso un’accondiscendente
autoconnotazione del proprio ruolo; un ruolo limitato più ad
un’immagine di “sindacato Faemino” , cioè che si interpella solo nelle
piccole necessità quotidiane per il computo di punteggi vari che sforna
al ritmo di una macchinetta del caffè, piuttosto che ad una
rivalutazione della sua portata sociale determinante.
Spesso si pongono all’interno di direttivi locali dei “mestieranti” del
sindacato, abili nel compilare forse domande di trasferimento, ma con
scarsa preparazione giuridica e meno che mai sindacale nel senso
genuino ed ortodosso del termine. Magari lo si fa lasciando ai margini
chi ha idee, perché dovrebbero essere le idee anzitutto a dirigere più
che le mere abilità tecniche. E si incorre così in quel grave errore di
valutazione sulle persone , sulle loro capacità, senza nemmeno metterle
alla prova ( se non forse per ripulire i cassetti) che alla lunga si
ritorce come un boomerang contro lo stesso sindacato.
Anche il qualunquismo politico è dannoso per lo stesso. L’affermazione
stolida per cui non importa che direzione politica abbia il paese
l’importante è che si tutelino gli interessi di una determinata
categoria è sconcertante nella sua leggerezza e superficialità.
Il sindacato deve avere una connotazione politica. Infatti, se non si
conoscono le dinamiche dei rapporti sociali , che stanno alla base
anche di quelli del lavoro, sulla scorta di che cosa si possono
rivendicare i propri diritti? Instillate nella gente il virus del
qualunquismo politico e avrete spianato la via per scompaginare tutte
le conquiste sociali presenti e passate.
I precari della scuola, così come gli operai che rischiano il posto di
lavoro e le cui problematiche non si possono parimente ignorare, non
hanno nessuna possibilità di farcela, ripeto:NON HANNO NESSUNA
PROBABILITA’ DI FARCELA, se i loro sforzi non vengono convogliati
subito da una direzione politica forte ed univoca che li formi
soprattutto ad avere un’identità di classe prima ancora che di
categoria. Ciò che oggi manca, ed infatti i risultati si vedono.
Mi sento oggi di rivolgere questo mio appello a quelle forze sociali,
prima che sindacali, che dovrebbero sentirne il peso della
responsabilità .Mi rivolgo a quei sindacati con cui oggi è ancora
possibile interloquire, in primo luogo alla CGIL, ( e allargo anche
questo mio messaggio ai COBAS ma loro non ne hanno bisogno…) ai
dirigenti provinciali, regionali e nazionali della CGIl che, sono certa
,capiranno perfettamente il senso delle mie parole, se non hanno
dimenticato del tutto le loro origini e la loro storia.
Tecla Squillaci
stairwayto_heaven@libero.it