Abbiamo già diverse
volte parlato dell’autonomia scolastica; abbiamo anche evidenziato come
quest’ultima non indichi una completa e disinvolta “libertà” di agire o
di gestire la scuola; anzi, il concetto di autonomia e di decentramento
è stato introdotto nella scuola quasi esclusivamente per ottimizzare
l’efficienza e l’efficacia del servizio offerto. Pensiamo che ciò sia
possibile solo attraverso una visione della scuola come “azienda”: i
risultati devono essere commisurati allo sforzo dell’impresa e non c’è
spazio per l’immobilismo. Contro i soliti “profeti di sciagura” di
qualche sindacato, vorremmo precisare che l’aspetto
aziendalistico della scuola si riferisce al raggiungimento di
risultati sempre di buon livello il che non inficia minimamente né
intende mettere in discussione che l’oggetto della scuola rimane sempre
l’istruzione e l’educazione formativa. Lo spirito del “management” sta
nei mezzi usati, che devono essere imprenditoriali e competitivi, nella
qualità e non nel genere di servizio offerto che anzi
potrebbe avere un avanzamento notevole con una migliore e più
incisiva gestione della scuola.
Anche l’INVALSI sembra essere indirizzato verso questo fine.
Nato, non a caso, contemporaneamente con la nascita
dell’autonomia (d.lgs 258/99) è stato creato dalle “ceneri” dell’ex
CEDE ( centro europeo educazione) proprio a questo scopo. La sua
valutazione ha una valenza interna ed una esterna. Interna perché è
rivolta all’autovalutazione dell’istituto in modo da individuare e
migliorare i punti deboli dell’offerta formativa nella sintesi e nel
dettaglio. Ha anche una valenza esterna perché le campionature
effettuate non hanno soltanto uno scopo di monitoraggio dei livelli
d’istruzione a livello nazionale e territoriale ma partecipano a
progetti internazionali come l’ OCSE PISA (che non si riferisce alla
famosa città dalla torre pendente…ma è sigla di Programme for
International student assessment) e riguarda soprattutto l’accertamento
del reading literacy, ovvero delle competenze di lettura oltre che
dell’alfabetizzazione in senso ampio anche delle competenze di
matematica e scienze .
La direttiva 74/08, inoltre, stabilisce come il sistema di valutazione
del servizio offerto sia inteso a consolidare la cultura della
valutazione del servizio offerto per realizzare livelli di alta
efficienza e di assestamento verso standard sempre migliori a livello
sia europeo che internazionale.
Gli esiti devono essere letti da ogni scuola alla luce delle situazioni
oggettive ( diversi contesti socio culturali ed ambientali) ma non per
questo “arrendersi” a questi ultimi per uniformarsi a livelli sempre
minimi.
E giacchè esiste una definizione del sistema di valutazione dei
dirigenti scolastici ( art.1 comma 613 legge 296/06) dei loro risultati
conseguiti, esiste parimenti la prospettiva dell’avvio di un sistema
paritetico all’INVALSI per la valutazione dell’intero personale della
scuola ( dai docenti agli ausiliari) a fini anche retribuitivi . Cosa
che del resto avviene già in USA , in UK e in Giappone.
Per cui, è meglio inserirsi subito in un’ottica di
“internazionalizzazione” del proprio lavoro; la figura del docente come
esperto e competente in una sola cosa è ormai obsoleta. E’
necessario aprirsi verso nuove forme di competenze, saper usare
strategie nuove, è importante che il sapere sia commisurato alla
tecnica comunicativa.Solo per fare un esempio,potremmo dire che a
volte la buona e scorrevole conoscenza di una seconda lingua (
oltre alla propria) è necessaria per un docente a prescindere da
ciò che insegni; a volte proprio attraverso questo mezzo può avvenire
il primo approccio comunicativo con alunni stranieri sempre più
numerosi nelle nostre aule.
Tecla Squillaci
stairwayto_heaven@libero.it