Nella scuola ci
sono moltissimi insegnanti che fanno della professione docente la
seconda, se non la terza, professione: architetti, avvocati, ingegneri,
commercialisti, sportivi, medici, ragionieri ecc. ecc. considerano il
lavoro scolastico un riempitivo della professione dominante. Senza
entrare nei particolari, che tutti possiamo immaginare, mi chiedo:
- quanto può interessare ad un professionista l’ora d’insegnamento se
in quella ora ha mille altre cose da fare, da pensare, o da risolvere?;
- quale impegno può assumere, quel professionista, nei confronti della
funzione docente se quella funzione è di intralcio al lavoro
professionale? (Alcuni casi clamorosi finiti sui giornali li ricordiamo
tutti).
Al contempo
- Quelle ore di mancata attività didattica (in ogni modo retribuite
come tali) quanto peso hanno nella preparazione degli studenti?;
- quale rapporto educativo, didattico e formativo costruttivo si può
instaurare tra questi insegnanti che stanno in classe (quando ci
stanno) solo fisicamente mentre con la mente stanno altrove?;
- quale esempio positivo possono essere se è vero, come è vero, che si
educa, anzitutto, con il comportamento?
In questo momento di grande crisi di lavoro perché ci devono essere
persone con più incarichi e persone senza speranza di futuro?
Razionalizzare vuol anche dire fare in modo che ognuno faccia ciò che
deve; ed allora agli insegnanti si faccia fare solo quel lavoro
predisponendo una normativa che riconoscendo e valorizzando la
“professionalità docente” escluda la possibilità della doppia (o forse
tripla) professione a chi è, e si dichiara professionista in altri
campi.
Non mi pare giusto che in un momento di così grande sofferenza per il
lavoro ci siano persone che hanno tanto e persone che non hanno nulla,
in modo particolare se a gestire questo tipo di lavoro è lo Stato che,
stando al primo articolo dalla Costituzione dichiara: “L’Italia è una Repubblica democratica
fondata sul lavoro”.
Allora perché non razionalizzare invece che tagliare?
Se è vero che a tutti sta a cuore le sorti della scuola pubblica, io
penso che così facendo si libereranno moltissime cattedre che potranno
essere assegnate ai “professionisti” della didattica con un sicuro
miglioramento nella preparazione degli studenti oltre che a dare
speranza di futuro a tante persone, sicuramente giovani ed in attesa di
un lavoro che li faccia sentire parte della società attiva ed operosa.
Questa si che sarebbe vera razionalizzazione perché: “Nessuno può
servire due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro oppure si
affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro” (Matteo 6,24).
Elio Fragassi
Webalice.it/eliofragassi