Didattica musicale e metodi didattici
Cos'è l'Animazione Musicale?
L'animazione Musicale è un fenomeno culturale il cui scopo da raggiungere è un nuovo modo di proporre le attività musicali. Essa, infatti, non si pone ai fruitori sottoforma di lezione frontale o di insegnamento schematico e nozionistico, ma in un rapporto educativo ed allo stesso tempo ludico, in grado di coinvolgere gli individui, sia in gruppo, sia singolarmente, stimolando la loro espressività spontanea ed operando una graduale stimolazione dei processi cognitivi. L'attività animativa, proprio per il suo potere di riuscire a convogliare il potenziale creativo e la forza di socializzazione, diviene uno dei mezzi per superare le differenze e l'eterogeneità dei gruppi, avendo tra i suoi molteplici scopi anche quello di non escludere le persone svantaggiate, ad esempio portatori di handicap.
Chi è l'Animatore?
L'animatore è quella persona che ha l'abilità di cogliere interessi e capacità dei singoli componenti di un gruppo e di coinvolgerli verso un "progetto ludico e attivo nel fare"; esso non è quindi solo una figura capace di trasmettere cultura, ma anche capace di crearla e di elaborarla con gli altri. L'insegnante animatore è la figura che si pone fra le necessità (anche non espresse), di individui o di gruppi, ai quali offre strumenti di partecipazione. Egli deve, innanzitutto, riuscire ad instaurare un rapporto positivo tra un soggetto ed un'attività a quest'ultimo sconosciuta. L'animatore deve, inoltre, sviluppare un pensiero che gli consenta di costruire situazioni favorevoli a tutti i componenti dell'insieme. Le qualità che un animatore deve avere sono: l'essere allegro ed allo stesso tempo, operativo; deve essere imprevedibile, entusiasmato, spensierato e capace di far godere il senso della vita a tutti.
Quali sono le finalità dell'animazione musicale?
1. Insegnare la musica.
Il significato è quello di insegnare a leggere, a scrivere ed a eseguire la musica. La tecnica è il risultato della pratica; quest'ultima sviluppa delle regole fisse e ferree determinando così il "metodo". Nell'insegnamento della musica, attraverso l'animazione, il metodo (insegnamento rigido) decade, adattandosi alle esigenze di ogni singolo individuo e raggiungendo l'obiettivo prefisso senza chiedere al fruitore di adattarsi alle regole, spesso selettive e non da tutti applicabili al primo momento. Il presupposto per poter uscire da tale metodologia è la creatività che si attiva attraverso l'operatività, l'improvvisazione e la libera espressione. Il percorso da seguire è sempre quello che parte dalla pratica ed arriva a far capire e ad insegnare la tecnica; tali attività devono essere mirate al fine di creare nell'individuo delle situazioni di interesse che lo porteranno alla ricerca del sistema.
2. Educare alla musica.
Educare alla musica significa far capire il linguaggio, i ritmi, il tempo, la melodia, l'armonia, facendo apprezzare tutti gli elementi della musica per quello che sono, senza creare un senso critico, nelle persone che ascoltano, educando allo stesso tempo, attraverso semplici azioni espressive, l'orecchio, la voce, il senso ritmico e dando agli individui i mezzi per un giusto coordinamento delle azioni con gli strumenti. L'educazione dell'orecchio ha lo scopo di abituarlo a riconoscere, non solo le note musicali, ma tutto ciò che può essere classificato suono, andando ad approfondire le varie sezioni: timbrica, melodica, armonica e ritmica. L'educazione della voce vuole scoprire tutte le capacità dell'apparato stesso, imparando a dominarlo per poi riuscire ad utilizzarlo, producendo tutti i suoni possibili. Far conoscere il ritmo significa acquisire la capacità di gestire le scansioni spazio-temporali distribuite nel tempo, sia attraverso l'apparato motorio che non; ed attraverso tutti questi elementi elaborare eventi sonori anche con l'aiuto di strumentini, anch'essi analizzati e magari ricostruiti dal punto di vista storico e poi materiale. Altro punto molto importante è l'ascolto; con questo non si intende solo l'ascoltare la musica, a livello uditivo e superficiale ma, riuscire ad acquisire dei criteri e delle abitudini che permettono di capire, parlare, inventare testi, gesti, grafici, azioni ed anche musica; in parole povere, le musiche esistenti devono diventare stimoli e modelli per la creatività.
3. Educare con la musica.
Educare con la musica significa usare la musica come mezzo per la socializzazione, per superare particolari situazioni di egocentrismo o di emotività, da parte di componenti di un gruppo o di una classe di bambini. Mezzo per apprendere, perché con lo sviluppo di giochi ed esercizi si ha la possibilità di insegnare e far conoscere usi e costumi di vari popoli, mezzi espressivi collettivi diversi (ecc.), inoltre, strumento per aumentare la creatività degli individui.
4. Far terapia con la musica.
Far terapia con la musica significa stabilire un contatto, tra l'educatore e soggetti, con una condizione psicologica non normale, attivando e sbloccando in loro, con la musicoterapia e l'animazione musicale, tutte quelle vie di comunicazione che servono proprio come filo conduttore con il mondo che sta attorno, riuscendo con interventi specifici, ad agire su qualche punto non sviluppato della persona, cercando di migliorare così il suo tenore di vita.
Le radici della nuova didattica musicale
Questa, che può essere considerata la nuova educazione musicale di base ha radici nel secolo XIX. Uno dei primi personaggi che si ricorda, per aver innovato il modo di insegnare musica è:
Emile Jaques-Dalcroze, viennese e di famiglia svizzera.
Gli studi molto duri e antididattici del conservatorio di Vienna, dove lui si era iscritto, lo portarono a maturare l'idea del suo nuovo metodo di insegnamento conosciuto come: "La ritmica" di Dalcroze. L'opera di Jaques Dalcroze mira innanzitutto alla formazione dell'orecchio, attraverso la valorizzazione della motoria dei bambini, decidendo, di conseguenza, di non insegnare la musica per astrazione.
Tre punti fondamentali della "ritmica" Dalcroze sono: RITMICA - SOLFEGGIO CANTATO - IMPROVVISAZIONE PIANISTICA.
Il metodo Dalcroze sviluppa anzitutto il concetto di avvio alla musica attraverso il ritmo, sperimentandolo direttamente e lavorando con il movimento. Dal movimento il bambino passa ad esercizi di ascolto e di affinamento dell'orecchio fino ad imparare e a conoscere le note, sapendole leggere e scrivere.
Altri personaggi europei che hanno studiato nuove forme di insegnamento della musica, sono:
Laura Bassi, ammiratrice delle teorie di Emile Jaques-Dalcroze si dedica intensamente a sviluppare tra i bambini la sensibilità musicale ed elabora quindi il suo metodo nominato: "La Ritmica Integrale".
Nel suo metodo, Bassi associa, inizialmente, dei pupazzetti rappresentanti: il papà, la bambina, il cagnolino, il nonno e la gru, ai primi cinque valori delle note, abbinandoli successivamente a cinque suoni: ta, te, ti, bum e gru.
Praticando i vari esercizi di questo metodo i bambini prendono conoscenza dei differenti ritmi, giungendo alla conoscenza delle note col punto e alle figure composte.
Justine Bayard Ward: il suo metodo soprannominato "metodo Ward" nasce in America attorno al 1914-15 ed ha lo scopo di insegnare la musica ai bambini dall'età di sei anni. Nel suo procedimento, Ward induce ad associare i suoni ai segni corrispondenti impiegando una notazione numerica non semplice.
Regola fondamentale del sistema, chiamato anche del do-mobile è quella di prescindere dall'altezza assoluta dei suoni per interessarsi esclusivamente ai rapporti costituiti dagli intervalli di grado congiunto, che sono di tono o semitono; a tal punto è sufficiente studiare una sola scala in quanto tutte le altre partirebbero dalla stessa nota che è il do.
Zoltan Kodaly: compositore e ricercatore di musiche popolari, soprattutto ungheresi. Egli elabora la sua tecnica, durante le ricerche di musica popolare.
Secondo Kodaly ogni musicista deve conoscere bene la musica della propria lingua materna e attraverso la musica tradizionale inizia i suoi insegnamenti, di musica e di canto, ai bambini delle scuole materne.
Egli, inoltre, afferma che il canto è il modo diretto per vivere e comprendere la musica. Un adattamento italiano, in quanto in Italia si utilizza la scala tonale e non pentatonica, del metodo Kodaly è stato proposto da Roberto Goitre.
Carl Orff: compositore tedesco, si avvicina ai problemi dell'educazione musicale all'incirca nel 1924 quando fonda una scuola di musica ispirata al metodo Dalcroze, e nel corso di questa esperienza concepì lo Schulwerk (insieme di brani e di esercizi attraverso i quali i bambini sviluppano il senso ritmico, imparano ad esprimersi musicalmente ed improvvisano con ritmi e suoni).
Il suo metodo è improntato sull'unione di gesto, musica e parola e su esercitazioni di musica elementare prodotta con uno strumentario meglio conosciuto oggi col nome di "strumentario Orff", comprendente strumenti a percussione a suono indeterminato: Legnetti sonori, cembali, piatti, triangoli, nacchere, sonagli, timpanetto e tamburi di varie dimensioni.
Strumenti a percussione a suono determinato: metallofoni, xilofoni, glockenspiel.
Strumenti melodici: flauti diritti (soprattutto soprani e contralti).
Strumenti gravi di sostegno: violoncelli, viole da gamba, contrabbassi, liuti e chitarre.
Edgar Willems: nato in Belgio e studente di medicina opta, durante gli studi, per l'attività educativa studiando psicologia e più precisamente le reazioni psicofisiche dei bambini. Willems si impegna a ricercare un nuovo metodo per abolire, come richiesto anche dalle autorità scolastiche del tempo, la povertà delle lezioni di musica, insegnata nelle scuole, solo in maniera teorica.
Nel suo sistema si è valso, inizialmente, dell'istinto ritmo-motorio del bambino, invitandolo ad esperienze d'ascolto per afferrare i ritmi da tradurre in movimento; successivamente ha oltrepassato l'attività ritmica, per cercare dei sussidi che materialmente potevano allenare l'orecchio.
E' dalla sensibilizzazione dell'orecchio, che secondo Edgar Willems, si sviluppano altre tre capacità:
SENSORIALITA' -> ritmo -> udire
AFFETTIVITA' -> melodia -> ascoltare
RAZIONALITA' -> armonia -> intendere
Attraverso l'approfondimento di questi elementi egli crea il percorso da dover affrontare per insegnare una corretta un'educazione musicale. Edgar Willems si occupa, nei suoi studi, anche di psicopedagogia ottenendo notevoli risultati riuscendo, anche grazie alla consapevolezza acquisita attraverso la musica e la medicina.
Il Metodo Suzuki
Suonare come parlare
Sono le tre semplici parole all’origine di un metodo che ha cambiato il corso dell’educazione musicale del secolo appena trascorso. Sono la base del Metodo Suzuki ideato dal violinista giapponese Shiniki Suzuki morto nel corso del 1998. Grande didatta, Suzuki dimostrò che si poteva insegnare musica ad un bambino così come gli si insegna a parlare. Un bambino impara a parlare ascoltando e ripetendo le parole dette dai genitori; Suzuki si domandò perché lo stesso bambino non potrebbe imparare a suonare ascoltando e ripetendo continuamente un frammento musicale, un ritmo, una melodia che gli stessi genitori, addestrati dall’insegnante, gli propongono quotidianamente. La risposta fu un metodo che coinvolge bambini e genitori, che apre le porte di casa alla musica, alle note prima che alla lettura delle stesse perché, come disse il M° Suzuki "quali uccelli hanno imparato a cantare leggendo?"
Cos'è l'Animazione Musicale?
L'animazione Musicale è un fenomeno culturale il cui scopo da raggiungere è un nuovo modo di proporre le attività musicali. Essa, infatti, non si pone ai fruitori sottoforma di lezione frontale o di insegnamento schematico e nozionistico, ma in un rapporto educativo ed allo stesso tempo ludico, in grado di coinvolgere gli individui, sia in gruppo, sia singolarmente, stimolando la loro espressività spontanea ed operando una graduale stimolazione dei processi cognitivi. L'attività animativa, proprio per il suo potere di riuscire a convogliare il potenziale creativo e la forza di socializzazione, diviene uno dei mezzi per superare le differenze e l'eterogeneità dei gruppi, avendo tra i suoi molteplici scopi anche quello di non escludere le persone svantaggiate, ad esempio portatori di handicap.
Chi è l'Animatore?
L'animatore è quella persona che ha l'abilità di cogliere interessi e capacità dei singoli componenti di un gruppo e di coinvolgerli verso un "progetto ludico e attivo nel fare"; esso non è quindi solo una figura capace di trasmettere cultura, ma anche capace di crearla e di elaborarla con gli altri. L'insegnante animatore è la figura che si pone fra le necessità (anche non espresse), di individui o di gruppi, ai quali offre strumenti di partecipazione. Egli deve, innanzitutto, riuscire ad instaurare un rapporto positivo tra un soggetto ed un'attività a quest'ultimo sconosciuta. L'animatore deve, inoltre, sviluppare un pensiero che gli consenta di costruire situazioni favorevoli a tutti i componenti dell'insieme. Le qualità che un animatore deve avere sono: l'essere allegro ed allo stesso tempo, operativo; deve essere imprevedibile, entusiasmato, spensierato e capace di far godere il senso della vita a tutti.
Quali sono le finalità dell'animazione musicale?
1. Insegnare la musica.
Il significato è quello di insegnare a leggere, a scrivere ed a eseguire la musica. La tecnica è il risultato della pratica; quest'ultima sviluppa delle regole fisse e ferree determinando così il "metodo". Nell'insegnamento della musica, attraverso l'animazione, il metodo (insegnamento rigido) decade, adattandosi alle esigenze di ogni singolo individuo e raggiungendo l'obiettivo prefisso senza chiedere al fruitore di adattarsi alle regole, spesso selettive e non da tutti applicabili al primo momento. Il presupposto per poter uscire da tale metodologia è la creatività che si attiva attraverso l'operatività, l'improvvisazione e la libera espressione. Il percorso da seguire è sempre quello che parte dalla pratica ed arriva a far capire e ad insegnare la tecnica; tali attività devono essere mirate al fine di creare nell'individuo delle situazioni di interesse che lo porteranno alla ricerca del sistema.
2. Educare alla musica.
Educare alla musica significa far capire il linguaggio, i ritmi, il tempo, la melodia, l'armonia, facendo apprezzare tutti gli elementi della musica per quello che sono, senza creare un senso critico, nelle persone che ascoltano, educando allo stesso tempo, attraverso semplici azioni espressive, l'orecchio, la voce, il senso ritmico e dando agli individui i mezzi per un giusto coordinamento delle azioni con gli strumenti. L'educazione dell'orecchio ha lo scopo di abituarlo a riconoscere, non solo le note musicali, ma tutto ciò che può essere classificato suono, andando ad approfondire le varie sezioni: timbrica, melodica, armonica e ritmica. L'educazione della voce vuole scoprire tutte le capacità dell'apparato stesso, imparando a dominarlo per poi riuscire ad utilizzarlo, producendo tutti i suoni possibili. Far conoscere il ritmo significa acquisire la capacità di gestire le scansioni spazio-temporali distribuite nel tempo, sia attraverso l'apparato motorio che non; ed attraverso tutti questi elementi elaborare eventi sonori anche con l'aiuto di strumentini, anch'essi analizzati e magari ricostruiti dal punto di vista storico e poi materiale. Altro punto molto importante è l'ascolto; con questo non si intende solo l'ascoltare la musica, a livello uditivo e superficiale ma, riuscire ad acquisire dei criteri e delle abitudini che permettono di capire, parlare, inventare testi, gesti, grafici, azioni ed anche musica; in parole povere, le musiche esistenti devono diventare stimoli e modelli per la creatività.
3. Educare con la musica.
Educare con la musica significa usare la musica come mezzo per la socializzazione, per superare particolari situazioni di egocentrismo o di emotività, da parte di componenti di un gruppo o di una classe di bambini. Mezzo per apprendere, perché con lo sviluppo di giochi ed esercizi si ha la possibilità di insegnare e far conoscere usi e costumi di vari popoli, mezzi espressivi collettivi diversi (ecc.), inoltre, strumento per aumentare la creatività degli individui.
4. Far terapia con la musica.
Far terapia con la musica significa stabilire un contatto, tra l'educatore e soggetti, con una condizione psicologica non normale, attivando e sbloccando in loro, con la musicoterapia e l'animazione musicale, tutte quelle vie di comunicazione che servono proprio come filo conduttore con il mondo che sta attorno, riuscendo con interventi specifici, ad agire su qualche punto non sviluppato della persona, cercando di migliorare così il suo tenore di vita.
Le radici della nuova didattica musicale
Questa, che può essere considerata la nuova educazione musicale di base ha radici nel secolo XIX. Uno dei primi personaggi che si ricorda, per aver innovato il modo di insegnare musica è:
Emile Jaques-Dalcroze, viennese e di famiglia svizzera.
Gli studi molto duri e antididattici del conservatorio di Vienna, dove lui si era iscritto, lo portarono a maturare l'idea del suo nuovo metodo di insegnamento conosciuto come: "La ritmica" di Dalcroze. L'opera di Jaques Dalcroze mira innanzitutto alla formazione dell'orecchio, attraverso la valorizzazione della motoria dei bambini, decidendo, di conseguenza, di non insegnare la musica per astrazione.
Tre punti fondamentali della "ritmica" Dalcroze sono: RITMICA - SOLFEGGIO CANTATO - IMPROVVISAZIONE PIANISTICA.
Il metodo Dalcroze sviluppa anzitutto il concetto di avvio alla musica attraverso il ritmo, sperimentandolo direttamente e lavorando con il movimento. Dal movimento il bambino passa ad esercizi di ascolto e di affinamento dell'orecchio fino ad imparare e a conoscere le note, sapendole leggere e scrivere.
Altri personaggi europei che hanno studiato nuove forme di insegnamento della musica, sono:
Laura Bassi, ammiratrice delle teorie di Emile Jaques-Dalcroze si dedica intensamente a sviluppare tra i bambini la sensibilità musicale ed elabora quindi il suo metodo nominato: "La Ritmica Integrale".
Nel suo metodo, Bassi associa, inizialmente, dei pupazzetti rappresentanti: il papà, la bambina, il cagnolino, il nonno e la gru, ai primi cinque valori delle note, abbinandoli successivamente a cinque suoni: ta, te, ti, bum e gru.
Praticando i vari esercizi di questo metodo i bambini prendono conoscenza dei differenti ritmi, giungendo alla conoscenza delle note col punto e alle figure composte.
Justine Bayard Ward: il suo metodo soprannominato "metodo Ward" nasce in America attorno al 1914-15 ed ha lo scopo di insegnare la musica ai bambini dall'età di sei anni. Nel suo procedimento, Ward induce ad associare i suoni ai segni corrispondenti impiegando una notazione numerica non semplice.
Regola fondamentale del sistema, chiamato anche del do-mobile è quella di prescindere dall'altezza assoluta dei suoni per interessarsi esclusivamente ai rapporti costituiti dagli intervalli di grado congiunto, che sono di tono o semitono; a tal punto è sufficiente studiare una sola scala in quanto tutte le altre partirebbero dalla stessa nota che è il do.
Zoltan Kodaly: compositore e ricercatore di musiche popolari, soprattutto ungheresi. Egli elabora la sua tecnica, durante le ricerche di musica popolare.
Secondo Kodaly ogni musicista deve conoscere bene la musica della propria lingua materna e attraverso la musica tradizionale inizia i suoi insegnamenti, di musica e di canto, ai bambini delle scuole materne.
Egli, inoltre, afferma che il canto è il modo diretto per vivere e comprendere la musica. Un adattamento italiano, in quanto in Italia si utilizza la scala tonale e non pentatonica, del metodo Kodaly è stato proposto da Roberto Goitre.
Carl Orff: compositore tedesco, si avvicina ai problemi dell'educazione musicale all'incirca nel 1924 quando fonda una scuola di musica ispirata al metodo Dalcroze, e nel corso di questa esperienza concepì lo Schulwerk (insieme di brani e di esercizi attraverso i quali i bambini sviluppano il senso ritmico, imparano ad esprimersi musicalmente ed improvvisano con ritmi e suoni).
Il suo metodo è improntato sull'unione di gesto, musica e parola e su esercitazioni di musica elementare prodotta con uno strumentario meglio conosciuto oggi col nome di "strumentario Orff", comprendente strumenti a percussione a suono indeterminato: Legnetti sonori, cembali, piatti, triangoli, nacchere, sonagli, timpanetto e tamburi di varie dimensioni.
Strumenti a percussione a suono determinato: metallofoni, xilofoni, glockenspiel.
Strumenti melodici: flauti diritti (soprattutto soprani e contralti).
Strumenti gravi di sostegno: violoncelli, viole da gamba, contrabbassi, liuti e chitarre.
Edgar Willems: nato in Belgio e studente di medicina opta, durante gli studi, per l'attività educativa studiando psicologia e più precisamente le reazioni psicofisiche dei bambini. Willems si impegna a ricercare un nuovo metodo per abolire, come richiesto anche dalle autorità scolastiche del tempo, la povertà delle lezioni di musica, insegnata nelle scuole, solo in maniera teorica.
Nel suo sistema si è valso, inizialmente, dell'istinto ritmo-motorio del bambino, invitandolo ad esperienze d'ascolto per afferrare i ritmi da tradurre in movimento; successivamente ha oltrepassato l'attività ritmica, per cercare dei sussidi che materialmente potevano allenare l'orecchio.
E' dalla sensibilizzazione dell'orecchio, che secondo Edgar Willems, si sviluppano altre tre capacità:
SENSORIALITA' -> ritmo -> udire
AFFETTIVITA' -> melodia -> ascoltare
RAZIONALITA' -> armonia -> intendere
Attraverso l'approfondimento di questi elementi egli crea il percorso da dover affrontare per insegnare una corretta un'educazione musicale. Edgar Willems si occupa, nei suoi studi, anche di psicopedagogia ottenendo notevoli risultati riuscendo, anche grazie alla consapevolezza acquisita attraverso la musica e la medicina.
Il Metodo Suzuki
Suonare come parlare
Sono le tre semplici parole all’origine di un metodo che ha cambiato il corso dell’educazione musicale del secolo appena trascorso. Sono la base del Metodo Suzuki ideato dal violinista giapponese Shiniki Suzuki morto nel corso del 1998. Grande didatta, Suzuki dimostrò che si poteva insegnare musica ad un bambino così come gli si insegna a parlare. Un bambino impara a parlare ascoltando e ripetendo le parole dette dai genitori; Suzuki si domandò perché lo stesso bambino non potrebbe imparare a suonare ascoltando e ripetendo continuamente un frammento musicale, un ritmo, una melodia che gli stessi genitori, addestrati dall’insegnante, gli propongono quotidianamente. La risposta fu un metodo che coinvolge bambini e genitori, che apre le porte di casa alla musica, alle note prima che alla lettura delle stesse perché, come disse il M° Suzuki "quali uccelli hanno imparato a cantare leggendo?"