Le testimonianze dei familiari ci convincono sempre di più che “certamente le ore più gioiose e serene degli ultimi mesi della sua vita turbinosa sono state quelle dedicate alla pittura.” In appendice, Alfred Binet, il doppio e il personaggio pirandelliano, è un saggio che prende in esame le incidenze del lavoro più importante dello psicologo francese: Les altérations de la personnalité (1892) sull’opera pirandelliana. Con fine acume, Carlo Di Lieto disvela le interazioni testuali tra Binet e Pirandello, soprattutto nella scrittura drammaturgia, per coglierne le interconnessioni psicoanalitiche sull’io diviso e sullo scenario del doppio. Il grande pittore partenopeo Franco Girosi, mi riferì in una delle nostre solite interminabili conversazioni, molto desiderate e volute da me “per afferrare la storia”, che frequentò a Roma, e molto, Fausto Pirandello (da ricordare di questo pittore una retrospettiva che ho visto nell’inverno scorso al “Museo Correale” di Sorrento). Mi parlò di ciò negli anni Ottanta; mi sottolineò le capacità di Fausto e del padre Luigi Pirandello anche come pittore, e nulla vieta di pensare che i tre abbiamo anche dipinto insieme, in studio o all’aperto. Sarebbe bello ed importante comprendere se nell’Archivio Girosi, che spero ci sia, è possibile trovare prove della comunanza artistica tra Fausto Pirandello e Franco Girosi.
Ed ora "L'identità perduta. Pirandello e la psicoanalisi", un contributo fondamentale ed innovativi alla conoscenza della sua opera e ci fanno conoscere un Pirandello diverso, dandoci un ritratto a distanza ravvicinata di un autore la cui arte si origina prima di tutto dal travaglio di un'"io diviso".
Non sono mancate, nel corso degli ultimi decenni, le interpretazioni in chiave psicoanalitica dell'opera di Pirandello (basti ricordare, in questo senso, i contributi di Alonge e Macchia). Gli studi di Carlo Di Lieto, ora raccolti nel volume "L'identità perduta. Pirandello e la psicoanalisi", pubblicato da Genesi Editrice in occasione del 70° anniversario della scomparsa del grande scrittore, illuminano di nuova luce questa problematica ed apportano contributi fondamentali, sia per la vastità delle conoscenze specifiche dell'autore, sia per la capacità che Di Lieto ha di far emergere un Pirandello intimo, privato, relativamente poco conosciuto ma non meno interessante di quello a noi più noto. Di Lieto, ricorrendo agli strumenti della psicoanalisi, analizza la genesi e lo sviluppo dell'arte pirandelliana come fatti che riguardano prima di tutto l'uomo Pirandello e la sua coscienza dimidiata, infelice, anzi - come ci suggerisce egli stesso - "captiva", cioè prigioniera della sua stessa fenomenologia e non più pienamente protagonista di essa. Una coscienza che a volte sembra disperdersi e quasi annullarsi nella realtà e poi ne riemerge con le sue intense luci, con la sua particolare nota di compassione umana, con i suoi dolenti paradossi. "L'identità perduta" ha anche il fascino dei ritratti ravvicinati e riesce a comunicare al lettore una diversa percezione dell'opera dell'autore siciliano: all'immagine di un Pirandello geniale costruttore di trame e scrittore d'indole filosofica - come egli stesso volle definirsi - si affianca ora quella di un Pirandello strettamente condizionato dall'inconscio, per il quale la creazione artistica è espressione di una sofferenza interiore antica, primitiva, che lo investe in modo molto diretto, ma di cui poi egli stesso si fa interprete. Tutto ciò non sminuisce affatto la grandezza dello scrittore; anzi il raffronto, che implicitamente si propone nelle pagine di Di Lieto, tra gli schemi e le formule della psicologia moderna e l'eccezionale vitalità della scrittura pirandelliana, che nulla perde anche quando Pirandello indugia in notazioni psicologiche oppure esprime il suo segreto male di vivere, è uno dei fattori che ancora una volta fa balzare fuori da queste pagine un gigante.
Il tema che affiora con maggiore incisività da questa raccolta di saggi è quello della perdita d'identità, problema che da Luigi Pirandello è analizzato in opere famose come "Il fu Mattia Pascal" e "Sei personaggi in cerca d'autore", ma che è anche vissuto con profondo coinvolgimento emotivo e poi riemerge intensamente proprio quando egli infonde vita ai suoi personaggi, quasi come se essi - prendendo forma - la sottraessero a lui. Questo riversarsi dell'identità di uno scrittore nei suoi personaggi, con i conseguenti contraccolpi (fra i quali l'insorgere di un angoscioso sentimento di svuotamento e talvolta quasi di sgretolamento dell'io), è fenomeno che spesso caratterizza la creazione artistica, ma che in Pirandello raggiungeva un'intensità straordinaria. Come osservava Anton Giulio Bragaglia, che Di Lieto cita, egli "visse la vita dei suoi personaggi in luogo della propria". Pertanto, nel complesso processo genetico dell'arte pirandelliana, uno dei fenomeni più interessanti, descritto da Pirandello stesso in una lettera alla prediletta Marta Abba, è quello della "fuga" dei personaggi dall'autore, dell'acquisizione da parte loro di una vita fantasmatica ed indipendente, che sfugge al suo controllo, proprio come accade in un processo psicotico.
D'altronde l'"io diviso" di Pirandello non ha solo i connotati conflittuali e contradditor” che la psicologia contemporanea attribuisce alla nevrosi ma una sua particolare fisionomia che sembra prendere forma di fronte al problema dell'essere e del nulla, dell'inautenticità e dell'inafferrabilità dell'esistenza, come ben mette in rilievo Di Lieto in uno dei saggi più belli ("Il sentimento del nulla ne 'L'uomo dal fiore in bocca'"). Ma "L'identità perduta" offre tante possibilità di esplorazione dell'opera pirandelliana: particolarmente interessante è l'analisi delle dinamiche di "Non si sa come" - con prospettive che fanno pensare a fatti di cronaca come il delitto di Cogne - e quella dell'"io diviso" di Vitangelo Moscarda, protagonista di "Uno, nessuno e centomila". Sempre molto serrato è poi il confronto con le tendenze più significative della psicologia contemporanea (fra gli autori citati da Di Lieto ritroviamo Freud, Groddeck, Klein, Lacan, Laing, Lawrence, Jaspers, Jung, Matte Blanco, Mauron, Musatti, Rank, Reich e tanti altri), che si sviluppa attraverso una serie quasi inesauribile di citazioni e di riferimenti. Talvolta però è proprio la sovrapposizione dei vari modelli interpretativi, insieme al costante ricorso al linguaggio tecnico della psicoanalisi, a rendere un po' ardua la lettura dell'opera.
La passione per la pittura accomunava tutti i membri della famiglia Pirandello: i fratelli Innocenzo e Lina e poi i figli Fausto, divenuto famoso, e Stefano. Però in Luigi questa passione diventa espressione e conforto di una "disarmonia interiore", di una vita tormentata e travagliata da molteplici vicissitudini - tra le quali la lunga, incurabile malattia psichica della moglie - e soprattutto diviene l'altro polo della sua ricerca artistica, un'esperienza riparatrice e quasi salvifica rispetto all'angoscia del vivere.