Bisogna tuttavia ammettere che l’argomento «don Milani e le donne» non appaga soltanto la voglia di scoop dei soliti giornalisti, ovvero una curiosità pruriginosa intorno alla sessualità di colui che è ormai un vero mito moderno, oltreché un prete; si tratta invece d’un tema che molti particolari – dal fortissimo rapporto con la madre, testimoniato in lettere quasi quotidiane, al legame altrettanto forte con gli alunni («Ho amato più voi che Dio», dirà il sacerdote in punto di morte) – indicano come meritevole di analisi seria, approfondita, equilibrata.
Un buon apporto lo fornisce ora Rolando Perri – nella vita preside di un istituto tecnico, ma studioso milaniano di lunga navigazione – con Presenze femminili nella vita di don Lorenzo Milani. Tra misoginia e femminismo ante litteram (Società Editrice Fiorentina, pp. 132, euro 14). Il merito del libretto è anzitutto quello di mettere in luce l’esistenza di una folla femminile intorno al Priore, ridimensionandone alquanto una interpretazione individualistica e/o maschilista. In effetti, don Milani non si capisce senza il contorno di donne magari silenziose e poco appariscenti, ma comunque quotidiane e «importanti».
Una su tutte – ma è anche finora la più nota – «la Eda»: ovvero Eda Pelagatti, colei che conobbe don Lorenzo giovane prete alla sua prima destinazione e poi decise di seguirlo fino alla morte, per 13 anni di lavoro duro e preziosissimo a Barbiana. Giustamente Perri la chiama «sorella in terra e non perpetua», perché lo stesso sacerdote – pur tanto diverso per origine e cultura – ne riconobbe sia con l’affetto, sia con i fatti il ruolo insostituibile: «Verso l’Eda ho solo debiti e nessun credito», scrisse nel testamento impegnando moralmente i suoi ragazzi a un vitalizio nei confronti della anziana donna. Tralasciando il rapporto con la madre Alice, già più volte indagato (il volume peraltro segnala pure i contrasti e non solo il forte legame tra i due), merita segnalare altre figure parentali femminili meno note al pubblico: la zia materna Silvia Just, ad esempio, ricca e colta, che tenne il luogo della sorella agnostica nell’appoggiare le scelte religiose del nipote; il quale peraltro le si rivolge con una confidenza addirittura meno «razionale» di quella usata con la madre. Oppure la balia Carola Galastri, che non fu un riferimento soltanto temporaneo, e la «nonna» Giulia Lastrucci (in realtà era la mamma della Eda e visse in canonica fino alla morte, avvenuta nel 1961).
Delle collaboratrici più colte del Priore, invece, il primo riferimento obbligato è ad Adele Corradi: docente delle medie che collaborò alla scuola di Milani tanto da farsi trasferire in una sede più vicina a Barbiana; sul letto di morte don Milani (era appena stata stampata la sua Lettera) la definì «una professoressa diversa da tutte le altre che ci ha fatto tanto del bene». Meno noti gli influssi su don Lorenzo di Fioretta Mazzei, "segretaria" di Giorgio La Pira ma di suo eminente personalità del cattolicesimo fiorentino, che già nel 1961 invitò il sacerdote a parlare a un convegno nazionale dei direttori didattici, permettendo alla sua particolare pedagogia di farsi conoscere. Collaboratrici materiali preziose ma più estemporanee furono le milanesi Francesca Pellizzi Ichino e Elena Brambilla Pirelli; entrambe di famiglie alto-borghesi e cattoliche impegnate (la seconda negli anni tra Cinquanta e Sessanta fu riferimento imprescindibile per don Zeno di Nomadelfia e padre Turoldo), le due sostennero alcune iniziative del prete toscano attraverso un «mecenatismo sui generis e tutto al femminile».
In base a tali relazioni, ma anche considerando alcuni scritti del Priore in difesa della dignità della donna (dai giudizi in Esperienze pastorali alla condanna del ballo come strumento di asservimento culturale), Rolando Perri si spinge a teorizzare addirittura un «femminismo ante litteram» di don Milani: «La vita del sacerdote, dell’educatore e dell’uomo Milani si trova al centro di un mosaico, le cui tessere sono tutte o in prevalenza al genere femminile. Appare singolare che un religioso abbia fatto della collaborazione, della vicinanza, della comunanza e dell’affinità elettiva con non poche donne, la condizione essenziale per progettare e realizzare un disegno di vita tutto basato sull’alterità e non inclinato all’egoismo».
Forse una conclusione del genere è un po’ precipitata, ma certo l’argomento merita ulteriori approfondimenti. Ovviamente anche sul lato affettivo, coinvolgendo cioè lo studio del rapporto tra don Milani e la sua giovanile fidanzata, la milanese Carla Sborgi: una relazione intorno alla quale le «rivelazioni» hanno una certa ricorrenza e che ciò nonostante è tutt’altro che facile da analizzare. Una dozzina d’anni or sono Michele Ranchetti, storico della Chiesa e psicoanalista nonché amico giovanile sia di Milani che della Sborgi (defunta nel 1993), dava testimonianza in un libro della ferita che la donna diceva di aver conservato profonda dell’«abbandono» subìto da Lorenzo al momento di entrare in seminario.
Fu per la consapevolezza di quel procurato dolore e – forse – per lenirne le conseguenze che don Milani, pochi mesi prima della morte, volle riallacciare i rapporti con la donna, fino al punto da invitarla al suo capezzale e presentarla ai suoi ragazzi? Chissà. Di fatto, uno dei presenti ai funerali del sacerdote notò Carla Sborgi «proprio dietro» il carro funebre. Esattamente come s’addice a una delle misteriose, nascoste ma fondamentali «donne di don Milani».
Postato il Giovedì, 27 agosto 2009 ore 18:23:40 CEST di Maria Allo |
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