Così, al di fuori dei 34 giorni prestabiliti gli insegnanti sono in servizio, ma non possono essere utilizzati».
Dunque, le loro sono motivazioni non plausibili?
«Sono motivazioni soggettivamente giustificabili. Ma contrattualmente non hanno particolare fondamento. Si continua a parlare di tagli, in questo caso c'è la proposta, nei limiti contrattuali, di aumentare l'attività degli insegnanti. Qualcuno pensa che se gli insegnanti già in servizio lavorano di più finiscono per portar via lavoro ad altri. Questo corrisponderebbe a un risparmio di 280 milioni».
Una parte di precari perderebbe il posto di lavoro.
«Un'intensificazione lavorativa dei docenti in ruolo può ridurre la possibilità di assunzione di altri. Questo avviene in tutte le aziende quando si chiedono gli straordinari ai dipendenti».
Ma il lavoro extra non è già compreso nelle riunioni, nella preparazione didattica, nella correzione compiti e in altre attività che non vengono conteggiate?
«L'obbligo di servizio di 18 ore va moltiplicato per 34 settimane, più 40 ore peri consigli di classe e altre 40 peri collegi docenti. In più l'insegnante ha l'obbligo di gestire i colloqui con le famiglie, altre 30 ore annuali, infine c'è la preparazione didattica e la correzione dei compiti. Poi ci sono gli scrutini. Arriviamo a circa 700/800 ore all'anno».
È vero che gli insegnanti italiani sono tra i peggio retribuiti in Europa?
«Sicuramente. Con il contratto de11995 si è detto che non c'erano soldi e si è pensato di ridurre il carico lavorativo. Così, per esempio, il giorno libero è divenuto obbligatorio».
Qui cresce il carico, ma non lo stipendio.
«È così. Tenga presente che molti insegnanti al Nord fanno più ore perché si rendono disponibili».
Ma dietro compenso o gratis?
«Dietro compenso».
Non crede che quella degli insegnanti sia una delle professioni con maggior responsabilità umana, ma anche tra le più mortificate?
«È una professione molto delicata e dovrebbe avere un prestigio sociale molto maggiore. Invece c'è stata una involuzione che ha portato a far prevalere valutazioni di tipo quantitativo piuttosto che di tipo qualitativo».
MCav